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Paolo Fresu: l'anima popolare del jazz

Di: Franz Andreani | 13/08/2012
La migliore definizione del concerto l’ha data lo stesso Paolo Fresu durante l’esibizione del 7 agosto dinanzi al lago di Vico a Caprarola in provincia di Viterbo: non un concerto jazz o di musica classica o di musica barocca o popolare, ma semplicemente l’unione di tutto questo.
Il grande trombettista ha stupito il pubblico numeroso che probabilmente non sapeva cosa aspettarsi da un ensemble di tromba e quartetto d’archi. Anche il titolo della serata “Scores” poteva far pensare ad una partitura per musica da film: io credo che l’elemento portante sia stata proprio l’anima popolare della musica, trasposta nel jazz, nella musica colta e nella musica pop. Un concerto mai banale, mai con un momento al di sotto della più cristallina musicalità, neppure mai una caduta di sentimento in oltre un’ora di esibizione, tutto eseguito con la leggerezza di chi conosce non solo il proprio strumento, ma la musica intesa come essenza, una arte senza barriere e quasi senza tempo.
Il concerto era la serata conclusiva di un festival che si è inaugurato quest’anno il “Caprarola Music Festival”, manifestazione di musica teatro e danza che si è svolta nell’arco di poco più di una settimana, con 4 appuntamenti. La cornice è stata offerta – come capita dalle nostre parti – dai palazzi e dagli scorci naturali attorno a Caprarola, piccolo e antico centro abitato nel cuore della Tuscia Viterbese.
È bello che si possa parlare di un nuovo festival in un periodo nel quale sulla bocca di tutti, spesso a sproposito specie se si a parlare sono coloro che in qualche modo governano il destino degli altri, la parola crisi è la più gettonata. Ci vuole coraggio a metter su un’iniziativa così varia, senza ricorrere alle scorciatoie di un arte di maniera e da cassetta. Mi diceva uno degli organizzatori che Caprarola vanta una forte tradizione musicale – come spesso accade in Italia – che passa attraverso la banda. Le bande da noi, composte perlopiù da musicisti dilettanti, hanno da sempre rappresentato il modo con il quale la musica “colta” è scesa in strada. Il melodramma in Italia non si sarebbe radicato così tanto se non fossero esistite le bande. Eppure è un patrimonio che resta un po’ ai margini, poco seguito ed incoraggiato, in mano ad un manipolo di volontari coraggiosi. Si coglie comunque che dietro al festival e dietro all’associazione che lo promuove “Scala Regia”, unita alla tradizione musicale di Caprarola, vi sia anche un gruppo di concertisti provenienti dal mondo della musica scritta, con una mente aperta al nuovo: non a quel nuovo che deve apparire moderno a tutti i costi per acquistare valore, ma quel nuovo fatto di ricerca nella tradizione.
Fresu accompagnato da Anton Benovsky e Sonia Peana al violino, Nico Cirigugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello, con un po’ di effetti applicati alle sue trombe, ha eseguito tutta una serie di brani originariamente composti per il film su Ilaria Alpi “il Più Crudele Dei Giorni” diretto da Ferdinando Vicentini Orgnani, da cui il titolo “Scores”, assieme ad altre composizioni provenienti dal repertorio jazz, da quello cameristico, con l’apertura del quartetto op 19 di Mozart, a quello della musica contemporanea, con una splendida composizione per quartetto d’archi di Karl Jenkins, fino ad arrivare alla trascrizione di un Miserere che si esegue durante la Settimana Santa in Sardegna. Suoni delicati ma pieni di passione, armonie dolci e talvolta rudi, la grande padronanza dello strumento sempre presente, come presente era il lago alle spalle dei musicisti. Una serata piena di magia che non posso far altro che augurarmi si ripeta ancora.
Se vogliamo cogliere qualche cosa da un concerto del genere, da una simile esperienza direi meglio, è proprio che la musica non morirà mai, rinasce sempre diversa ma coerente con se stessa dalla sapiente fusione che sanno operare musicisti raffinati come Paolo Fresu e i componenti dell’Alborada String Quartet, la musica non ha bisogno di inventare teorie o filosofie, resta la capacità del musicista di cogliere ciò che c’è attorno a lui e di trasformarlo in arte: un concerto come quello della scorsa serata semplicemente ci ha fatto ascoltare l’Arte.

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