Sabato 2 marzo a Bitonto, 50.000 abitanti a nord di Bari, si
è svolta la presentazione del libro Bande Libere - dalle radio libere alle
radio private - scritto da Vincenzo Abatantuono, Pasquale Padolecchia e Emanuele
Saponieri, pubblicato dall'editore SECOP.
Il libro con le sue 110 pagine e qualche fotografia,
racconta La storia e lo sviluppo delle radio libere avvenuto in questo piccolo
centro della Puglia tra la metà degli anni 70 e la metà degli anni 90, ma lo fa
in modo paradigmatico, sfiorando anche la storia della radiofonia privata in
Italia, una vicenda a suo modo unica. All'inizio degli anni 70 infatti In
Italia, c'era un grande fermento di idee, la politica aveva radicalizzato lo
scontro, le stragi della destra squadrista colpivano sui treni e nelle banche,
d’altra parte le brigate rosse dissotterravano i fucili usati dai padri,
sentendo tradito lo spirito della lotta partigiana. Si stavano diffondendo le droghe pesanti a
buon mercato come l'eroina e la cocaina. A fare da contrappunto c'era anche una
grandissima voglia di esprimere gli ideali e di portarli avanti, e la radio
sembrava essere il mezzo adeguato; era un mezzo moderno che permetteva di
raggiungere una gran quantità di persone istantaneamente ad un costo abbordabile.
Le primissime esperienze potremmo definirle radio pirata, le emittenti venivano
aperte e subito chiuse dall'autorità giudiziaria, fino a che la Corte Costituzionale
con la storica sentenza del 15 luglio 1976 abrogava una legge del 14 aprile
1975 che di fatto impediva l'esercizio della radiofonia a privati, concedendone
l'ambito locale. Dal 1976 quindi la radio in Italia si diffuse a macchia d'olio
tanto che, in un comune se vogliamo abbastanza piccolo di 50.000 abitanti, si
potevano contare fino a 7 radio private. Dal libro si coglie come per la storia
di Bitonto, la radio abbia rappresentato un modo per uscire dal circolo delle
dipendenze da alcol e droga e della solitudine, la gente si ritrovava attorno
ad un microfono, ad un'idea, ad un modo di pensare e di concepire il mondo ed
il futuro, e lo esprimeva con le parole e con la musica. Una cosa che mi ha
molto colpito è stato che chiunque avessi incontrato in quel giorno e mezzo nel
quale sono rimasto a Bitonto, aveva fatto radio in quel periodo anche se per
pochi mesi, perfino, ad esempio, la persona che ci ospitava nel bed and
breakfast.
Questo è l'essenza della radio che è stata raccontata in
questa presentazione dal titolo efficace “Quando facevamo la Radio“ al teatro Traetta
di Bitonto: tra l'altro va detto che è uno splendido piccolo teatro
ristrutturato pochi anni fa che si trova in un centro storico, anch’esso recentemente riqualificato, tipico di quella
zona della Puglia fatto di case in pietra, di vicoli stretti con il bianco che
predomina.
Il libro raccoglie le testimonianze di tanti protagonisti
della radio di allora e di oggi ed è stato presentato sotto forma di
trasmissione radiofonica con ben tre DJ alla console, un conduttore, nella
persona di Giuliano Leone e degli ospiti. C’erano i tre autori innanzitutto,
più una serie di contributi sia in video che in presenza; tutti hanno fatto
rivivere l'atmosfera di quei tempi in modo non nostalgico, ma direi propositivo.
Sono uscito dalla serata con l'idea che si fosse voluto dare un messaggio: c’è
bisogno di lasciare spazio anche alla radio in ambito locale. Si è parlato
molto di come sia oggi la radio e di
come potrebbe essere, ma lo si è fatto con quella leggerezza e quella
incoscienza tipica di quegli anni. Vorrei qui ricordare soprattutto
l'intervento di Piero Ricci presidente dell'ordine dei giornalisti della Puglia
e Basilicata nonché redattore di Repubblica, che ha sottolineato l'importanza
della radio e di quanto il suo spirito effettivamente si stia perdendo, ponendo
anche una domanda che però un po’ si è persa ed è rimasta non risposta: cosa
rappresenta oggi la radio per le giovani generazioni?
Da questa serata traggo una riflessione molto intima. Io ho
partecipato a questa proliferazione delle radio private alla fine degli anni 70,
avevo già un mio trasmettitore e facendo radio in modo spontaneistico e
casareccio, sentivo l'esigenza di esprimere le mie idee, ero quindi molto
addentro alle dinamiche delle radio private romane, ed ero convinto che fosse
un fenomeno tipicamente legato alle grandi città. Non avrei mai immaginato
l'importanza della radio nei centri molto piccoli e la sua capacità di
aggregazione, la forza nello spostare le idee, nel dare coraggio alle persone,
nel renderle partecipi anche in comuni così piccoli. Insomma, una volta di più mi
sono reso conto, e questo libro e la serata ne sono testimonianza, di quanto le
radio private e la radio in generale siano importanti, e di quanto sia urgente
ripensare la radio per rivalutarla come mezzo non alternativo, ma sicuramente
complementare, e nella sua azione protagonista, per la diffusione delle idee e
della musica e per l'aggregazione delle persone.
Infine, vorrei concludere citando un brano dall'introduzione
scritta da Franca Mazzei, nota conduttrice radiofonica, che molto meglio di me
riesci ad esprimere la mia idea di Radio “[..] E lì capisci che quando parli
ad un microfono, e ci sei intera, non parli mai da sola. Che quando ti dai,
arrivi. Che la radio è questo, senza trucco né parrucco a fare da filtro e a
generare preoccupazioni sul come appari, perché alla radio conta solo come sei,
meglio ancora se è abbastanza imperfetto da avvicinarti a chi ascolta, perché
la vera umanità non è perfetta mai. Poco importa se parli con perizia di film,
di cantanti, di oroscopi o di quello che vorresti mangiare se non fossi a
dieta, [..] per me il complimento più grande e quando mi dicono grazie per
l'energia positiva che mi trasmetti, grazie per strapparmi un sorriso.”
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