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Il mio 25 aprile

Di: Franz Andreani | 27/04/2012
Il mio 25 aprile l’ho passato al paese che mi ospita da una dozzina d’anni, Oriolo Romano in provincia di Viterbo, un comune storicamente e fortemente di sinistra. Certo, da un paio d’anni un parroco molto dinamico, è riuscito a riconquistare alla chiesa e alle attività parrocchiali molta della popolazione, in gran parte immigrata da Roma ove lavora, riuscendo a far dimenticare il prete pedofilo di qualche anno fa.
La cerimonia, seguita da un folto gruppo composto da cittadini e autorità anche di altri due paesi gemellati, si è svolta in due momenti. Davanti al monumento che ricorda i caduti è stata deposta una corona di fiori al suono del “silenzio”. Lì il parroco ha tenuto una breve prolusione ufficiale ricordando la gloria di Dio, le vittime della guerra, evocando paradiso e benedizioni. Nessun accenno alla Resistenza, una parola che deve essere sfuggita o che – chissà perché – è stata abilmente ignorata, malgrado l’alto tributo dato anche dai partigiano “bianchi”.
Ci siamo tutti (meno il prete) trasferiti nella biblioteca dove è stata allestita una mostra fotografica che ripercorre la storia d’Italia nel ventennio fascista che ci ha trascinati in guerra. Lì ha parlato Sergio Flamigni – partigiano impegnato attivamente nell’area del Forlivese e dell’Appennino Tosco-Romagnolo, ex senatore della Repubblica, impegnato da anni nella ricerca della verità sulle BR, le stragi ed i rapporti tra politica e P2.
Dopo aver illustrato brevemente la mostra, è iniziato il racconto sentito di quegli anni in bilico tra fatti storici ed esperienze personali, e la parola Resistenza ha preso il suo significato ed il suo valore. Cercavo di prendere appunti per condividerli magari su Facebook, ma senza riuscirci. La celebrazione ha perso il suo aspetto formale ed ufficiale ed è diventata una chiacchiera intima tra il partigiano ed i presenti che lo ascoltavano in un capannello in piedi attorno a lui. La voce era ferma, chiara, di chi parla con quella dolce veemenza che racconta una storia vista con i propri occhi. Abbiamo sentito quanto il valore di questa data sia ancora importante, quanto sia importante che la memoria venga conservata e rinvigorita, perché è solo conoscendo le cose che sono successo dalla viva voce di chi le ha vissute, che si può imparare a non commettere gli stessi errori.
Tutti un po’ in questo periodo ci stiamo chiedendo che fine faremo, quale sarà la soluzione, chi sarà l’uomo forte, stiamo andando verso la guerra civile, perché c’è il vuoto culturale che ci attanaglia, vuoto che si sente anche nelle parole vuote di chi ci governa e anche nell’ostinazione di non voler neppure ricordare, come ha fatto il sacerdote sul sacrario dei caduti.
Arriva anche il messaggio, l’eredità per il futuro: l’idea di costituire nel piccolo comune del viterbese una sezione dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, formata da giovani del circondario, che si impegni a portare avanti il ricordo con azioni concrete, che faccia in modo che il qualunquismo non soffochi per sempre una pagina di storia del nostro paese della quale ancora dobbiamo fare tesoro, perché sembra quasi che con gli anni abbiamo voluto rimuovere il ricordo doloroso, nascondendolo sotto la sabbia del si-salvi-chi-può che in questo preciso momento storico sta dando i suoi amarissimi frutti.

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