Cerca tra i 5457 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

La BV non sa che a Roma c’è il mare

Di: Franz Andreani | 16/03/2012
Non si parla più del 2012 come anno nel quale questo mondo finirà per due motivi: chi doveva arricchirsi sulla profezia ora si spende i cospicui proventi derivate dalla vendita dei libri e dei miti, e poi questo anno è così tetro ed austero che mettersi a blaterare sulla fine sembra anacronistico.
In realtà le prospettive sono grigie anche per noi italiani, pur essendo sotto gli occhi di tutti che il governo fa l’interesse dei potenti, ci piace ci sia qualcuno che decida al nostro posto, che alzi la voce dell’autorevolezza. Veniamo da un periodo di bassa autostima e questa sembra essere una buona medicina. Nessuno si scandalizza del fatto che il risanamento al quale si è messo mano, sia solamente quello finanziario e non quello economico, si rimettono in sesto gli interessi delle banche così da fare in modo che la loro longa mano continui a governare gli stati.
Ma la finanza non ci riguarda più di tanto soprattutto perché le banche continuano a ricevere denaro pubblico a basso interesse, e lo utilizzano per speculazioni, senza rimetterlo in circolazione, senza rifornire l’economia dunque, rivitalizzando solo la finanza stessa, quel mondo astratto e parallelo che decide dei nostri destini quasi fosse un fenomeno naturale e inaspettato come un territorio. Fateci caso: quando la finanza si arrabbia si parla di crollo dei mercati, esattamente gli stessi effetti del terremoto. Se cercate l’esempio classico, da manuale, leggete, se riuscite a capirlo, quale è stato il meccanismo che ha sottointeso allo swap (sostituzione) dei titoli greci, una serie di astrette regole finanziarie che cozzavano con l’economia reale.
La politica tecnica del nostro paese assiste impotente a fenomeni economici importanti come l’aumento del prezzo dei derivati del petrolio che trascina con se una serie a catena di aumenti indiscriminati e di speculazioni commerciali. Al massimo, tra qualche mese, la chiameranno inflazione percepita, noi siamo gli scemi che paghiamo tutto di più e abbiamo quindi la percezione dell’aumento dei prezzi. Ma fino ad ora non è stato fatto nessun intervento, tutto tace.
Ci soccorre l’altro paese quello fatto di buona volontà. Se il treno su cui sto viaggiando per andare alla radio è in ritardo, che problema c’è, un omino di buona volontà ha confezionato il messaggio “si avvisano i signori clienti che questo treno viaggia con un ritardo di 30 minuti, ci scusiamo per il disagio”. La buona volontà ha stabilito che subiamo un disagio, un lieve imbarazzo, come quando facciamo una battuta fuori posto o ci vergogniamo per l’alto tasso di corruzione radicato nel DNA della nazione, insomma come se avessimo fatto un po’ d’aria in ascensore. Basta dirlo, la buona volontà lo chiama disagio, se ne scusa, e tutto torna al suo posto.
In questa generale carenza di idee, l’unica cosa da fare è iperinformare il cittadino, dirgli talmente tante cose da dargli la sensazione che qualcosa si muova. Ieri in metropolitana a Roma c’erano ben due voci preregistrate che raccontavano in continuazione lo stato del treno, arrivo qui, stiamo arrivando, l’uscita è a sinistra, il treno sta arrivando, per giunta in inglese con un accento sinceramente un po’ sguaiato: per fortuna almeno le stazioni combaciavano. A volte ci si informa che è vietato fare foto, fumare, abbandonare i bagagli, “aprire le porte esterne dei treni quando questi non siano completamente fermi nella fermata prevista”, e addirittura che non si scende dove non c’è il marciapiede. come se non sapessimo che le porte vengono comandate dal capotreno o dal macchinista. Ieri sempre a Roma, annunciavano uno sciopero che non c’era più, ma parlavano di scarpe, mangiare e dell’attività della presidente della regione Lazio Polverini, che evidentemente ha una convenzione e paga per raccontare a tutto il vario mondo della metropolitana, che c’è un bando per gli allevatori che producono troppo latte. Confusione, sovraesposizione all’informazione, come il continuo martellamento delle canzonette lacrimose inframezzate da notizie sul tempo meteorologico; domani il tempo sarà sereno i venti deboli e il mare calmo, e chi se lo ricorda più, o a chi importa sapere se si tratta di una informazione ponderata o di un semplice riempitivo. Tanto parlare per nascondere il non far nulla, ed ho scelto cose di cui posso parlare, ma quante cose inutili vengono esposte solo per far vedere che si sta facendo qualcosa, quanto parlare sull’art. 18 quando chi lavora e chi il lavoro non lo ha sa benissimo che non è quello il nodo del rapporto tra lavoratori e padroni, quanti amici mi raccontano che se il loro datore di lavoro avesse la vista un po’ più lunga e minore ansia di dover comunicare risultati solo enunciati, il lavoro sarebbe più soddisfacente e produttivo per tutti.
Il paese è fermo, tutto ciò che si muove si deve veramente alla buona volontà delle persone, che si prendono sulle spalle le proprie responsabilità e vanno avanti contro tutti.

Ieri avevo questo in testa, vuoi perchè gli annunci e le radio di metropolitane e ferrovie mi tormentano con le loro inutile insistenza, vuoi perché avevo un po’ di tempo da spendere tra un appuntamento e l’altro. Ero a Roma Sud, la giornata era tiepida e un po’ ventosa, ma piacevole ed io dovevo riempire tre ore di attesa. Ho deciso così di fare una passeggiata. Ho preso l’autobus, teoricamente in sciopero, la metro ed il treno – che in un modo un po’ pomposo non si chiama linea N o 23 ma freccia del mare, e sfrecciando, diciamo così, sono arrivato al mare.
Ostia è un quartiere di Roma, un municipio come si chiama ora, si allunga sul mare ma ormai è quasi unito alla città, che dista una trentina di chilometri, da una serie di agglomerati che via via, con gli anni si sono popolati ed espansi. Dalla stazione di Lido Centro o Ostia Centro, appaiono entrambi i nomi sui cartelli segnalatori, ho preso verso sinistra, attraversato un po’ di portici, qualche strada grande ed infine una zona pedonale ben tenuta e garbatamente elegante. Qualche locale, qualche negozio chiuso per l’ora di pranzo, e un po’ di gente. Camminando ancora un po’, mi si è aperta dinanzi agli occhi la grande rotonda ed il bel pontile sul mare. Il mare. Con poco sforzo ho visto una delle bellezze della natura, dietro una cittadina neppure troppo invadente, case basse e lontane, non addossate sulla spiaggia. La spiaggia è abbastanza lunga e piena di stabilimenti balneari, molti dei quali forniti di piscina perché l’acqua del mare è inquinata dagli scarichi della metropoli. D’estate il bagno è meglio non farlo.
Il mare è una ricchezza, farebbe la gioia dei milioni di turisti che visitano la città, farebbe la ricchezza di una nazione che potrebbe guadagnare su un giorno in più di permanenza di ogni turista, se solo si rendesse conto della ricchezza che è. Ci sarebbe bisogno di strutture maggiormente adeguate, investimenti rivolti al pubblico interesse, ma è lì, a 30 chilometri da Roma, servito da una ferrovia che ha una capacità limitata mandata avanti con tanta buona volontà, quella vera questa volta, ha una cittadina con tanta gente che ci lavora e tanta di più che potrebbe lavorarci, ma il mare non è una ricchezza finanziaria, fa economia reale, benessere da redistribuire e questo fa male al padrone.


Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST