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Hamlyn Tuccella: i Maestri del colore

Di: Franz Andreani | 01/02/2012
Se Mark Hamlyn e Orazio Tuccella, trascrittore l’uno e direttore d’orchestra l’altro, avevano intenzione di dare una veste cromatica nuova a “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, sono riusciti perfettamente nel loro intento. Mi riferisco al concerto al quale ho assistito domenica 29 a L’Aquila dove, al Ridotto del Teatro Comunale, in occasione della manifestazione intitolata “Ad Alberto” in ricordo della figura di mecenate di Alberto Giannangeli, è stata eseguita dai musicisti dell’Officina Musicale la trascrizione per orchestra da camera dell’intero lavoro del gruppo inglese, di cui ho parlato nel blog di venerdì 27.
Fa piacere riprendere il discorso dopo un’esperienza così entusiasmante, in effetti ne sono uscito affascinato ed esaltato. L’operazione è estremamente ambiziosa, e non nascondo che a me era venuto più di un dubbio sulla sua riuscita. Non mi piacciono, se non in rarissimi casi, le versioni di pezzi di musica scritta a cui il rock ci ha abituati, ancor meno mi piacciono le varie London Symphony di turno che aggiungono archi e fiati a pezzi rock. In questa occasione ci siamo trovati dinanzi ad una trascrizione vera e propria, estremamente fedele, che ha l’obiettivo di far scoprire tinte cromatiche nuove in un pezzo famosissimo, che tutti noi abbiamo a mente con esattezza – tranne il tipo smanioso davanti a me che ad un certo punto si è scandalizzato perché era convinto , erroneamente, che mancasse un pezzo.
Ma la trascrizione di Hamlyn da sola sarebbe rimasta orfana se non ci fosse stata anche l’interpretazione, il lavoro impresso all’orchestra dal maestro Tuccella che sapientemente ha dosato la potenza del corno, della trombe, del trombone e della tuba con i legni, gli strumenti ad arco e le percussioni. Pregevolissimi sono stati gli assolo del primo violino Daniele Orlando del violoncello Andrea Agostinelli e della viola di Aurelio Venanzi, pregevole il sax tenore e soprano di Marco Dania, splendidi proprio gli ottoni incaricati sovente di interpretare la voce umana, ma tutta l’orchestra ha funzionato con precisione.
Il materiale musicale dei Pink Floyd è piuttosto semplice per un musicista abituato a Haydn o Beethoven, ma ascoltare un brano così noto eseguito con tanta ricchezza è stata una vera esperienza musicale. Mi sono accostato all’ascolto alla ricerca del suono perduto, del timbro, dell’armonia che in certi casi esplode inaspettata; pensate alla fine di “Us and Them” quando voce, coro e strumenti disegnano quel bel ricamo armonicamente ricco, eseguito da un’orchestra così congeniata: straordinario.
Nel podcast di venerdì avevo fatto una battuta chiedendomi come sarebbe stata la resa di un pezzo in cui l’elettronica è davvero preminente come “Brain Damage” un piccolo intermezzo prima della chiusura affidata a “Eclipse”. La sorpresa ha superato ogni mia aspettativa, tutta l’orchestra, impegnata in quella specie di “fuga” della tastiera realizzata con un delay nell’album, e qui resa magnificamente da tutte le sezioni, per giungere al magnifico ed emozionante finale di Eclipse.
Se proprio devo fare un’osservazione, ho notato una preminenza della tastiera, suonata da Hamlyn, che in molti casi ha rifatto pari pari il tessuto ritmico originariamente concepito da Rick Wright; a parte il piano per “The Great Gig In The Sky” e “Us And Them”, probabilmente certe parti potevano essere affidate ad altri strumenti, capitava spesso che il vibrafono entrasse solo come seconda voce della tastiera mentre, a mio giudizio, altri strumenti sarebbero potuti intervenire con maggior efficacia. Questo si notava forse anche perché la tastiera in certi casi, se pur scarna, essenziale e molto coerente con l’originale, era un po’ alta.
Un plauso finale va anche al gruppo di apertura i “Meticcio Europeo” con le loro canzoni intrise di filosofia e di tanti riferimenti a certa musica d’autore italiana, ma anche all’ottimo service e all’organizzazione tutta, che ha fatto in modo che L’Aquila tornasse a vivere per una sera, risollevandosi da quell’aspetto spettrale che ne segna fortemente il centro storico. Mi dicono che il Vin Brulé offerto dai gestori del “Rifugio della Rocca” a Rocca Calascio, sostenitori storici dell’Officina, sia stato di gran pregio e calore.
Nella foto i due Maestri si scherniscono dal poderoso applauso.

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