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STAY HUNGRY, STAY FOOLISH

Di: Franz Andreani | 07/10/2011
Un pezzo scritto a 6 mani da Fulvio, Marcello e Franz.


California, inverno del 1955. Steve nasce, mezzo siriano, mezzo americano. Mamma e papà non hanno una lira e lo danno in adozione. Steve viene preso da una famiglia mezza armena, mezza americana.
Steve la mattina va al liceo, e la sera va ai corsi della Hewlett-Packard. Poi ci va a lavorare l’estate insieme all’amico Woz. Steve e Woz si inventano una scatoletta che con un magico beep convince i telefoni a chiamare gratis.
Dopo il liceo Steve va all’Università. O almeno ci prova. Dopo sei mesi molla. Molla i corsi ufficiali, ma si va a vedere quelli di calligrafia, dove impara i caratteri con le grazie e quelli senza, e gli ornamenti, e le spaziature, e...
Steve non ha tanti soldi. Steve dorme per terra a casa di amici. Steve raccoglie bottiglie di coca-cola e ci fa 5 cents di deposito ciascuna. Steve va a mangiare gratis dagli Hare Krisna.
Steve torna in California. Steve va al club dell’amico Woz, il Club del Computer Fattoacasa. Steve ama anche la ricerca spirituale. Steve vuole mettere insieme i soldi per il viaggio in India, e allora va a lavorare all’Atari.
1973, Steve va in India, all’ashram di Neem Karoli Baba. Steve diventa buddhista, vegetariano, si rade la testa e veste indiano. Steve torna in California, Steve fa l’esperienza lisergica. Steve dirà che questa è una delle due o tre cose più importanti fatte in vita sua. Steve dirà che chi non ha condiviso questa controcultura non lo comprenderà davvero mai.
Steve continua a cercare, e abbraccia il buddhismo Zen.
Steve ama la musica. Bob Dylan, i Beatles. Steve ha una storia d’amore con Joan Baez, quasi si sposano, ma la cosa non va avanti.
Autunno del 1974, Steve torna a lavorare all’Atari. Bushnell gli promette 100 dollari per ogni chip che riesce ad eliminare da un certo videogioco. Steve non ha idea di come fare. Steve chiede a Woz: gli offre metà del premio ma non gli dice quanti soldi Bushnell gli ha promesso. Woz ne elimina 50, Steve gli dà 350 dollari e si tiene il resto.
Steve convince Woz a costruire un computer completamente assemblato. Woz comincia a pensarci su. Intanto Steve ne ha già venduto 50 pezzi al proprietario di un negozio. Per costruirli Woz vende il suo calcolatore HP e Steve il suo pulmino Volkswagen da hippie. Steve e Woz fanno 1300 dollari e si mettono al lavoro prima nella camera da letto di Steve poi nel garage dei suoi genitori adottivi.
Nasce l’Apple I. Il resto è storia.
Quando Steve viene cacciato da Apple, si mette a fare altri computer. Steve compra da George Lucas un pezzo di azienda che produce hardware grafico per effetti speciali. Non si fa una lira. Steve ci ripensa, e invece di vendere l’hardware lo usa per fare cartoni animati che vende alla Disney.
Nasce la Pixar. Il resto è storia.

Se volete capire meglio Steve andate su YouTube e ascoltate il suo discorso di apertura dell’anno accademico 2005 per l’Università di Stanford. Steve parla della sua malattia e della morte, sulla quale la visione di Steve è molto simile a quella che Carlos Castaneda mette in bocca allo stregone Yaqui Don Juan Matus. Se non sapete chi siano Castaneda e Don Juan vi siete persi un pezzo importante di quella controcultura americana di cui parlavo prima. Andate, cercate, leggete, imparate.
Dice Steve:
“Remembering that I’ll be dead soon is the most important tool I’ve ever encountered to help me make the big choices in life. Because almost everything - all external expectations, all pride, all fear of embarrassment or failure - these things just fall away in the face of death, leaving only what is truly important. Remembering that you are going to die is the best way I know to avoid the trap of thinking you have something to lose. You are already naked. There is no reason not to follow your heart.
...
Your time is limited, so don't waste it living someone else's life. Don't be trapped by dogma - which is living with the results of other people's thinking. Don't let the noise of others' opinions drown out your own inner voice. And most important, have the courage to follow your heart and intuition.
Stay hungry. Stay foolish”

Sono un utilizzatore di Apple da tanti anni, nei tempi bui e nei tempi, questi, luminosi. Mi risulta difficile scrivere qualcosa di nuovo su Steve che non possiate già trovare ovunque ieri, oggi e nei giorni a venire. Ogni giornale, rivista, blog, di carta o di dati, ha Steve in prima pagina, manco fosse morto un re o un papa. Da tanto tempo si leggono su di lui cose vere, oppure stereotipi, o inesattezze, frutto di scarso approfondimento. A volte tutto insieme.
Dire che ha cambiato il mondo è fin troppo facile. Personalmente ho sempre ammirato tre cose fra tante.
Uno, l'incredibile focalizzazione su ciò che è essenziale e conseguentemente la capacità di scartare ciò che (almeno nelle prime versioni) non serve. Le critiche più comuni che i cosiddetti esperti rivolgono ai prodotti Apple è: mancano di questo o quest'altro, non staranno sul mercato. Mercato che puntualmente smentisce.
Due, il senso estetico, spesso accoppiato con un'essenzialità Zen, dei prodotti. Ma attenzione, Steve ha sempre detto che il design non è vuota esteriorità, è engineering, cioè funzionalità. E che Apple si situa all'incrocio tra tecnologia e arti liberali. Andate a vedere il progetto per il nuovo campus a Cupertino, Un'astronave circolare in un mare di verde. Ahimè, non la vedrà mai.
Tre, il coraggio di andare per la propria strada, anche contro l'opinione di tutti. A tredici anni telefonava al capo di HP per farsi vendere chips a miglior prezzo. Ruba l'idea dell'interfaccia grafica alla Xerox che non sapeva che farsene. Costruisce il computer personale quando IBM diceva: che ci fa la gente comune con un computer? Assolda un ragazzino inglese che è appena uscito dalla scuola di design e insieme fanno computer colorati, computer a palla, a cubo, solo schermo e poi tutti gli oggetti iconici che ormai conosciamo bene. Rottama il floppy disk, l'interfaccia SCSI, oggi anche il drive ottico. Lancia l'iPod quando tutti dicevano, perché mai la gente vorrebbe migliaia di canzoni in tasca? Fa un telefono con un solo tasto, quello di accensione, e tutti a dire non funzionerà. Infatti, poco dopo giù tutti gli altri a metter touch screen dappertutto. L'uovo di Colombo? Lancia l'iPad quando tutti dicono: ma a che serve? E vai, tutti a copiare tablets.
Che altro dire? Una bella parte del mondo che conosciamo è uscita dalla sua mente. Ovvio, ma vero.
So long, Stevie, and thanks for all the fish.
*Fulvio Savagnone

Si è parlato, riguardo Steve Jobs, di genialità e visionarietà: se questo significa crearsi la propria personale immagine di futuro della società (in questo caso del ruolo dell'informatica nella vita delle persone) e agire, riuscendoci, per fare il modo che quell'immagine si realizzi compiutamente, Jobs è stato senz'altro un visionario, e un genio; se un genio 'del bene' o 'del male', credo resti ampiamente da vedere. Senz'altro, le invenzioni di persone come Jobs hanno mutato le abitudini di vita di tante persone; mutato...
Condizionato? Tanti dicono che certe invenzioni hanno cambiato la propria vita in meglio, ma è realmente così? Non voglio fare il classico discorso del 'si viveva bene pure senza'... del resto per millenni l'uomo è vissuto nelle grotte e non se l'è cavata affatto male... diciamo allora che è semplicemente il 'progresso' ... che, come cantavano i Litfiba, talvolta diviene "un'orgia di idiozia": con buona pace di Jobs, che infatti ne era perfettamente cosciente, e che proprio su questo da un certo punto in poi ha costruito le proprie fortune: non riesco a definire altrimenti che come idiozia quella di coloro che si sentono in dovere di correre ad acquistare ogni anno la nuova versione dell'iPad o dell'iPhone o dell'i-Quel-Cavolo-Che-Volete, anche se la precedente, comprata qualche mese prima, funziona benissimo. Jobs è stato certo agli inizi un 'genio dell'informatica', ma si è presto trasformato in un mago del marketing, producendo aggeggi dal costo esiguo, poi venduti sul mercato a prezzi esorbitanti solo per quella 'mela smozzicata' stampigliata sopra, o il design accattivante... puntando su torme di zombie affetti da disturbi ossessivi - compulsivi quando si tratta di gadget tecnologici. Le invenzioni di Jobs col tempo si sono dunque trasformate da strumenti utili per 'l'uomo della strada', a meri status symbol, di certo non destinati alla 'massa', visti i prezzi esorbitanti a cui vengono venduti, trasformandosi sostanzialmente nell'imperatore mondiale degli imbonitori. Un uomo bivalente, un genio con uno spiccato senso degli affari, come Gates, Zuckerberg e quella manciata di altri' genialoidi' che controllano il mercato dell'informatica. Onore al merito, ma la beatificazione qui stiamo assistendo appare un tantino eccessiva...
*Marcello Berlich

Sono passati 30 anni da quando l’IBM creò il suo primo personal computer con la complicità di Bill Gates e Paul Allen, l’idea era quella di imporre un calcolatore quanto meno alle aziende, ma soprattutto alle famiglie. Il successo fu enorme. Ma già nel gennaio del 1984 quella che sembrava essere una supremazia totale da parte di IBM Microsoft e Intel, veniva scossa da un attrezzo tutto d’un pezzo, monitor, lettore di floppy, con uno strano topo di fianco alla tastiera ed un ambiente grafico per usarlo. Erano spariti i cassettoni e i cavi ed il televisore di casa era tornato a fare il televisore. È innegabile che da qui in avanti la storia dell’informatica, senza voler togliere nulla a tantissimi bravissimi, abbia sempre ricevuto incredibili scossoni dalle idee di Jobs, perché secondo me, una mente geniale si vede proprio dalla capacità che ha di incidere sulla nostra società, e sicuramente Steve aveva questa capacità.
Si dirà che non c’è bisogno di munirsi dell’ultimo iPhone se il tuo telefono già sta facendo ciò per cui lo hai comprato, ma questa affermazione porta con se un po’ di ingiustizia nei confronti di persone che sono in grado di creare una necessità a partire da una passione. La genialità sta nell’imporre una visione che semplicemente non esisteva prima, ed imporla a tutti.
Stavo preparando un BLOG per raccontarvi di come anche le applicazioni siano diventati beni di consumo comuni. Una volta si “piratava” qualsiasi software, adesso siamo disposti anche a pagare quelle piccole applicazioni che si scaricano da un unico punto centrale, da un mercato unico e uguale per tutti, siamo disposti addirittura a pagare la musica per sentirla gracchiare sul telefonino. Questo modello di consumo, e quindi di vendita, è l’ultima di una serie di idee geniali che Steve ci ha lasciato: rifletteteci su come le cose che ora fanno parte del nostro quotidiano, sembra che ci siano sempre state. E questa non è frutto di un genio?
*Franz Andreani


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