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BEATI LAVORATORI

Di: Franz Andreani | 29/04/2011
Mercoledì notte ho attraversato una buona parte della città di Roma con un taxi. Seduto al mio posto nel sedile posteriore, provo sempre ad attaccare bottone col conducente, per fare due chiacchiere e perché in fondo mi interessa molto l’opinione che hanno loro della città, persone che con il loro voto decidono, di fatto, chi ne governa il municipio. Ci provo: se riesco magari ci scappano due risate, ma se il tassista è musone sto buono al mio posto e do solo qualche indicazione stradale se richiesto.
Il guidatore di mercoledì aveva voglia di parlare, non era un chiacchierona si intende ma quando gli ho chiesto se avesse appena iniziato il turno o se doveva andare a dormire, mi ha risposto che era all’inizio. “Sarà una serata triste, non c’è nessuno in giro, come ieri sera, lunghe ore ad aspettare in macchina, non si muove nessuno” dice. Gli domando come mai, visto che siamo alla vigilia della beatificazione di un Papa molto amato e ben nutrito dai media, e che per questo si prevedono due milioni di moderni pellegrini da tutto il mondo. Lui non lo sa ma è abbastanza preoccupato. Dice che Roma è coperta di cartelloni con il volto di sua santità, che sono stati allestiti un bel po’ di maxi schermi perché piazza San Pietro tutti tutti non li può far entrare questi pellegrini, che la gente si accamperà al Circo Massimo per la veglia di preghiera, dove aggiungo io, qualche maligno ha pronosticato che si tenterà di liquefare il sangue contenuto in un ampolla, stile San Gennaro; eppure la città sembra morta. “Almeno ce ne fosse per tutti, - continua il tassista – qui pare che i soldi girino sempre tra le stese mani”. Silenzio. Poi dopo un po’ prosegue ricordando che il primo maggio è il giorno del concerto, che a Roma chiamano tutti il concertine vista l’affluenza di pubblico sempre in costante crescita. “Se io fossi il prefetto – precisa – lo avrei spostato in un posto più lontano dal centro il concertone, lo avrei messo proprio in periferia perché secondo me la gente si intruppa”. A questo punto intervengo.
“Scusi – dico – ma il primo maggio è la festa dei lavoratori e il concerto c’è da un mucchio di anni, da sempre è organizzato dai sindacati, è la beatificazione che è un po’ fuori luogo, non le pare?” Il tassista mi da ragione, timidamente è vero, ma dice che lui un po’ di malizia ce la vede in questa coincidenza.
Questo appropriarsi del primo maggio e confonderne il significato da parte delle gerarchie cattoliche è quanto meno seccante. Un insulto alla laicità che deve poter coesistere in uno Stato democratico fianco a fianco con la religioni. Ma si sa, da noi in Italia i cattolici fanno asso piglia tutto e nessuno sui media tradizionali pone minimamente la questione, e tutto questo è grave.
Altro che malizia.
All’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II la parte della chiesa più vicina alla gente, ai poveri, quella dei missionari del terzo mondo e del sud America, insieme a quella che fa della comunicazione materia di confronto con le altre realtà sociali, non era rimasta favorevolmente colpita dall’elezione di un vescovo polacco. All’epoca ricordo bene che più di un sacerdote lamentava il vigoroso passo indietro che la chiesa stava percorrendo: dopo le istanze del Concilio Vaticano II, dopo le aperture alla società, ad un atteggiamento meno dogmatico e più vicino alla realtà, portato avanti soprattutto da Papa Giovanni XXIII, proseguito con toni meno accesi da Paolo VI e rinvigorito nuovamente, nelle intenzioni almeno, dal brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I, arrivava una battuta d’arresto, col risultato che la chiesa ultra dogmatica di oggi in realtà lascia passare una serie di atti e comportamenti degradati, perpetrati proprio da quei ministri che dovrebbero essere i custodi della fede e della buona novella. Nessuna meraviglia, il “Papa venuto da lontano”, come lo chiamavano all’epoca per evocare una sorta di immigrazione, proveniva da una chiesa molto retrograda, quella polacca, che, con la fine del comunismo, aveva imbevuto la società civile di cavillosi atteggiamenti pseudo religiosi e dogmatici. La Chiesa si adeguò ai tempi e si creò un nuovo look, ricorderete l’incredibile sfarzo e la grande ricchezza ostentata dal futuro beato in occasione delle cerimonie pubbliche, la ricchezza è simbolo di forza, e non è mancata una possente azione sui media per conquistarne il favore.
In un paese che ha bisogno di consumare tutto in fretta per combattere contro la memoria corta dei propri cittadini, occorre far presto, accelerare i tempi, è una battuta ma la frase “santo subito” riferita al Papa e pronunciata durante l’ evento in mondo visione dei suoi funerali, non l’ho coniata certo io, è una conseguenza del possente marketing operato negli anni. L’abbreviarsi delle procedure per la beatificazione risponde quindi ad esigenze d’immagine non a regole scritte nei polverosi libri ecclesiastici. Il colpo di mano finale è stato quello di rendere una data come il primo maggio l’ ennesima festa religiosa, tra l’altro una festa che può avere una presa formidabile sul popolo della televisione, un evento che unisce, ognuno con le proprie contraddizioni, un miscuglio formidabile di folle per far passare la voglia di ricordare come i diritti del lavoratore mai come in questi ultimi anni, sono finiti in fondo alle priorità. Conquiste ottenute con le lotte sociali, con i sacrifici, si stanno dissolvendo come i ghiacciai al polo, che le pur numerose manifestazioni dei lavoratori che percorrono la nostra penisola in questi ultimi tempi, è abbastanza facile far passare come atti di disubbidienza ad un padre padrone buono e festaiolo: l’importante è allora che nessuno ci pensi, se ne accorga, parola d’ ordine è farci l’abitudine, per fare ciò basta sovrapporre una cerimonia dalle tinte emozionali forti, ben pubblicizzata e sostenuta.
Mi dispiace ma io non ci sto, continuerò a dire che è con la musica del primo maggio, molta della quale bellissima e proveniente dalle migliori sonorità del paese, che si fa la festa dei lavoratori. Ci sarà pure un po’ di retorica così come cantanti dei quali faremmo volentieri a meno, ma continuerò a pensare che beatificazione e festa del lavoro siano due cose che poco si conciliano, e continuerò a mettere in guardia chiunque dal sottovalutare lo stradone in discesa che abbiamo imboccato.
La precipitosa beatificazione di un uomo, senza neppure che vi sia stato il vaglio dei libroni e della storia, resta un evento povero di significato, gonfiato a dismisura dai media ufficiali.
Un suggerimento vorrei darvelo, se potete andate la sera del 30 a piazza San Giovanni a Roma, si svolgono le prove delle riprese televisive e la piazza è molto suggestiva e svela dei particolari che normalmente non si notano. Se qualcuno ci va, ce lo faccia sapere.

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