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TONY LEVIN E SOCI LIVE!

Di: Franz Andreani | 08/04/2011
Se mi fossi aspettato di vedere tre vecchi leoni alle prese con un repertorio composto da classici dei King Crimson sarei rimasto profondamente deluso, ma visto che le cover non mi hanno mai attirato, se non inserite come tributo all'autore, mi attendo sempre quel guizzo di novità che mi faccia scattare qualcosa nel profondo delle emozioni.
Malgrado quindi Tony Levin e Pat Mastellotto abbiano militato assieme in una delle formazioni del citato gruppo del Re Cremisi, partorito da quel filosofo che è Robert Fripp, e malgrado ancora Michael Bernier sia a tutti gli effetti un allievo di pregio dello stesso Maestro, il loro approccio è stato così innovativo, fresco, aggressivo che il concerto si è rivelato in una fulminante sequenza di quasi due ore, nella quale i nostri hanno affiancato a qualche pezzo di crimsoniana memoria il loro repertorio ancora non troppo esteso ma sufficiente per un live teso ed emozionante.
L'approccio muscoloso di Pat alla batteria conferisce al trio quel carattere che si esprime meravigliosamente dal vivo. In effetti esiste una differenza tra la perfezione dello studio e i graziosi e precisissimi, pur sempre muscoli, della performance live, con la stick guitar, mi permetto di chiamarla così, autocostruita di Michael a tessere il più delle volte la linea armonica, ed un basso dalle tonalità molto estese, sempre presente, a volte ritmico a volte solista-cantante.
Il disco è vario ed interessante, rende l'idea sul grado di affiatamento del trio, sulla loro abilità nello scrivere ed arrangiare i pezzi, ma non racconta dell'esperienza dal vivo che è piena e travolgente.
Della scaletta faceva parte anche la suite dall'"Uccello di Fuoco" di Stravinsky, un set pregevole interpretato in manera molto personale, un brano lungo contenuto anche nel loro album, una interpretazione dolce ed energica, non di maniera, molto bella.
Il concerto si è tenuto al Cross Roads, un locale nella periferia nord di Roma che merita sicuramente una menzione d'onore. Sinceramente credo che in Italia di luoghi così ne esistano pochi: è un vero club dove si suona. C'è un ottimo ristorante,  ma si può scegliere anche di stare seduti e consumare una birra sotto al palco. L'impianto suono e luci è ottimo, il palco grande, la zona isolata, lontana dalle case quindi senza problemi di orario e con un parcheggio adeguato, tutte cose che ti mettono in un'ottima predisposizione per un concerto. Peccato che sia un po' sotto sfruttato, a parer mio, perché purtroppo da Roma e dalle zone vicine è considerato un posto lontano; i romani non hanno la cultura del muoversi, insomma non ce l'hanno così radicata e forte come in altre parti del nord Italia e dell'Europa, tanto da fargli percorrere quei 20 chilometri dal centro della città. C'è da dire che, forse per questo motivo, il locale è abbastanza caro, con un biglietto d'ingresso salato ed un menu ottimo ma un po' dispendioso, visto il periodo. Se poi aggiungiamo che purtroppo i concerti, colpa una certa superficialità, non sono sempre visti come il miglior modo per usufruire della musica, la frittata è fatta. Spero che il locale, che tra l'altro sfoggia delle ottime birre, cresca musicalmente e si radichi un po' di più in un tessuto non dico urbano ma sub-urbano, quello dei comuni a nord della capitale come Anguillara, Bracciano e Trevignano, ormai dei veri e propri satelliti di Roma.
In questa stagione ho visto due pezzi di storia della musica rock che a me è sempre piaciuta, quella scritta dai King Crimson: qualche mese fa il concerto di Robert Fripp e ora questi Stick Men, due avvenimenti che, pur nella loro diversità, mi hanno mostrato degli artisti in grado di reinventare il loro suono ed il loro modo di essere dal vivo, radicati nel loro passato eppure così innovativi con molte cose da raccontare. Nella foto Tony Levin ed il nostro Manfredi dopo il concerto, la foto è di Roberto Scorta.

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