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Italia Egitto: così vicini, così lontani

Di: Franz Andreani | 04/02/2011
Mai come in questi giorni mi capita di leggere ed ascoltare parallelismi fatti tra l’Egitto e l’Italia, tutto per via di questa sommossa di popolo, questa vera e propria rivolta che si è accesa, anche qui come in Algeria, con motivazioni legate alla mancanza di lavoro e ora sta coinvolgendo tutti, famiglie, studenti, lavoratori.
Sono colpito dal fatto che se ne parli, che spesso anzi la notizia contenda la prima pagina di giornali e radio alle vicende di Ruby-rubacuori, vicende che del resto ci portano per uno speciale scherzo del destino proprio in Egitto. Ancora mi chiedo infatti come abbia fatto il nostro presidente del consiglio a coinvolgere un altro presidente, straniero, egiziano per giunta, inventando la figlia di un despota del quale qualche settimana dopo avremmo sentito parlare perché osteggiato dal suo popolo. Ma guarda che combinazione, qui troviamo la prima similitudine tra Italia ed Egitto, senza contare che una parte del nostro popolo osteggia l’attuale capo di governo e padrone del Paese.
Ce ne sono altre ovviamente più significative di vicinanze: in Egitto le antichità sono numerose e imponenti, impressionanti nelle dimensioni e nel fascino, il museo egizio del Cairo è così vasto che non basta una giornata per visitarlo, e mi facevano male i piedi. Anche noi abbiamo un’imponente mole di arte nel nostro suolo, alla quale del resto non prestiamo particolare attenzione, anche noi riceviamo turisti in gran quantità e da tutto il mondo.
Siamo tento vicini all’Egitto per l’economia, moltissimi sono gli interessi italiani in quel paese e tanti gli egiziani che cucinano delle ottime pizze o gestiscono ristoranti, che vivono da noi dopo aver superato una durissima scuola alberghiera, simili alle nostre anche alcune abitudini alimentari, soprattutto del nostro sud Italia, le stesse verdure, lo stesso approccio mediterraneo alla cucina, la dominazione araba ma anche gli scambi culturali e commerciali, hanno lasciato il segno
Ma quel che più conta è che, in questi giorni, ci sentiamo così vicini al popolo egiziano, lo abbiamo visto soffrire e scontrarsi con la polizia, resistere all’esercito e agli criminali di regime, abbiamo saputo che sta combattendo fino alla morte alla conquista della libertà di scelta e dei diritti fondamentali. Molto toccanti le parole di una studentessa alla CNN stamattina, “non so perché siamo qui” diceva “non so come tutto sia cominciato e perché, so che è in ballo la libertà ed i nostri diritti, so che non possiamo tirarci indietro ora.” e noi ci sentiamo così vicini alla gente semplice che scende in piazza, anzi vi si accampa con le tende e resiste.
Domenica scorsa sono stato ad un evento molto interessante, la presentazione del nuovo cd di Daniele Sepe Fessbuk ?????, e come ho scritto qui sul sito ne sono rimasto colpito. Eravamo in una stanza della biblioteca comunale di Manziana in provincia di Roma, l’associazione organizzatrice, che si ispira nel nome al comandante Che Guevara, ha avuto il merito di richiamare un buon gruppo di ascoltatori. Si è parlato di molto nelle oltre due ore e mezza dell’incontro con un solo brano musicale improvvisato dal vivo. Oltre che di note, si è parlato di politica di sinistra, Saviano, i giudici, il PD, il lavoro, Marchionne, la rivolta. Daniele ha avuto modo di sottolineare più volte quanto in una situazione italiana così bloccata, se si vuole che le cose cambino occorre rassegnarsi all’idea della violenza come dato di fatto. Non è stata una istigazione alla insurrezione armata, per carità, ma una analisi con dei dati di fatto, discutibile senz’altro, una di quelle che ti fa meditare e che ti lascia comunque con l’amaro in bocca; analisi certamente plausibile dopo tutto. Si è sgomberato subito il campo da eventuali confronti con il 68 ed il 77, gli anni di piombo ed il terrorismo, ma si è parlato di Egitto. È stato quasi imbarazzante pensare che si potesse fare il paragone tra la situazione politica italiana ed egiziana, tra il desiderio di rivalsa egiziano e la capacità di uso delle carte di debito in Italia, nel senso che lì c’è molta corruzione come qui, altrettanta inettitudine come qui, una forte insofferenza popolare, una opposizione non proprio organizzata senza tante prospettive che si fa addirittura trovare impreparata come qui, problemi legati al lavoro ed al vivere delle persone comuni di tutti i giorni, come da noi. Queste similitudini portavano quasi naturalmente ad un idea di ribellione che si potesse attuare anche qui in Italia, ed invece l’imbarazzo che ho sentito sta nel fatto che mai siamo stati più lontani dal popolo egiziano. Il numeroso pubblico era in parte composto da gente impegnata a raccontare se stessa musicista, o casalinga o lavoratrice, persone che si alzano nel momento in cui Sepe dice cose scomode e contro un pensiero imperante, quella bella borghesia di sinistra appagata di se e della propria rappresentanza in Parlamento. Questa persone sono il reale ostacolo al cambiamento nel nostro paese, quelle che, quando non ci sarà più il nemico comune da battere, visto che madre natura inequivocabilmente - malgrado satanismi e messe nere – compirà il proprio destino, si troveranno spiazzate perché non troveranno un leader da presentare a loro stessi, una figura che li guidi fuori dalla transizione che inevitabilmente, in un verso o nell’altro, avverrà. Queste persone si integrano perfettamente con quella gran massa addomesticata dalla tv, quella stessa gente che loro sono convinti di contrastare
Mi ripeto dicendo che ho paura che questo nostro disinteresse ci porterà all’inevitabile fatto che qualcun altro si occuperà sempre di noi e dei nostri bisogni, mascherando la finta libertà di cui godiamo, camuffandola con gli acquisti sfrenati ed un benessere di plastica. La nostra rivolta non sarà tale, sarà peggio ho paura, una situazione manovrata da altri della quale noi saremo spettatori, magari in prima fila e con l’alta definizione.

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