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Il Borgo del Blues

Di: Franz Andreani | 28/06/2010
Un paese intero nel cuore delle colline toscane, in provincia di Siena, si mobilita per il blues con una passione che muove i protagonisti della scena mondiale fino a questi tranquilli luoghi: questo è, in sintesi, il "Torrita Blues Festival" giunto alla sua ventiduesima edizione e tenutosi il 25 ed il 26 giugno a Torrita di Siena.
È un appuntamento ormai tradizionale per appassionati e semplici curiosi, un festival che non ha una grande e complessa macchina organizzativa, ma che si muove con la forza di volontà ed il cuore degli abitanti del luogo che si ingegnano in maniera mirabile per fare in modo che tutto funzioni alla perfezione. Il festival infatti si è ritagliato un suo spazio ben preciso nel calendario internazionale degli eventi musicali. Il risultato? Io sono stato alla seconda ed ultima serata, quella che sulla carta vedeva come grande protagonista il re del blues bianco, il leggendario Peter Green, e che si è tradotta in un concerto di 4 ore e 40 minuti dalle 21,30 puntualissimi alle 2 e 10 di notte. Ecco perché mi permetto di dire che il festival coinvolge tutto il piccolo borgo, la passione che gli organizzatori mettono nella realizzazione dell'evento è tanta, che tutto il paese fa da splendida e placida cornice alle serate.
Avete potuto ascoltare un'intervista con l'anima del festival Luca Romani, qualche giorno fa nel podcast quotidiano, e le promesse fatte sono tutte state mantenute, un appuntamento indimenticabile, una cornice magica a tre concerti diversissimi tra loro eppure ugualmente entusiasmati. L'apertura è affidata a Randy "19th Street Red" Cohen, o più brevemente Red vista la sua rossa capigliatura sotto il cappellone, bluesman di strada che non ama locali e festival in modo particolare ma che per vivere predilige esibirsi per strada. Dopo l'uragano Katrina, mi ha raccontato, i concerti di strada non bastavano al sostentamento quotidiano e la musica per lui si è trasferita nei locali e nei festival. Nell'ultimo anno è venuto in Europa per ben tre volte, lui che confessa che in 51 anni di vita non era mai uscito dagli States. In 30 anni di carriera ha realizzato solo tre dischi e questo testimonia la sua vocazione di strada. Arriva in quartetto, chitarra ritmica ottimo basso e batteria, e la folla che rapidamente riempie all'inverosimile la piazza, e che probabilmente è accorsa per toccare la leggenda vivente, si scalda, si scatena. Red scende dal palco per ben due volte e i bambini gli si fanno intorno e lo guardano ammirati sfiorare con maestria e precisione le sei corde. Un blues essenziale, scarno e diretto, gradevole, mai gridato molto intimo.
Sono passate le 23, un rapidissimo cambio palco e va su il quartetto che accompagna Mr. Green, lui è più anziano della sua età anagrafica, a volte si perde e sembra quasi bloccarsi, si riprende solo quando tocca la sua chitarra, incoraggiato da un personaggio chiave della serata, il suo filtro e stimolo, il chitarrista ritmico Mike Dodd - andate a vedere il suo MySpace per favore -: Mike fa qualsiasi cosa, presenta i pezzi, lo incoraggia ed alla fine l'imbronciato Mr Green fa anche un sorriso e torna sul palco per il bis. La gente è fuori di se dalla gioia perché il tocco sulla chitarra è - malgrado tutto - ancora perfetto, lieve, morbido, non una sbavatura, solo la voce è incerta ma "Pretty Woman" e "Black Magic Woman" oltre a tutte le altre, fanno sognare. Mezzanotte e mezzo e la piazza è sempre piena, dopo la scossa elettrica, provate a conquistare un pubblico ancora in estasi, gente che cerca, invano, un autografo di Mr Green. Ma non è ancora finita. Gli organizzatori saggiamente chiamano una band di sette elementi proveniente dalla terra di Albione con un repertorio '40 '50 e '60 tutt’altro che banale. I Fabulous Boogie Boys si danno da fare e dopo il quarto, quinto pezzo, un bluesaccio lento e grezzo, convincono il pubblico ad alzarsi e a ballare fino alle due e dieci di notte, con un gran finale, una velocissima versione di "Johnny Be Good" che sancisce il successo definitivo anche di questa edizione.
Insomma, un festival piccolo e agile, organizzato magnificamente da un gruppo di appassionati sostenuti dal loro borgo medioevale, un gran cuore ed ecco che il Torrita Blues Festival resta un appuntamento autorevole, pieno di grandi nomi che offre il suo palco anche alle tante facce del blues vecchio e nuovo. Come al solito può la musica più di mille parole e di mille proclami. Grazie Torrita.

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