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Claudio Abbado, e la politica della bacchetta

Di: Franz Andreani | 31/03/2010
L'Italia è là, una parte festeggia e si frega le mani e l'altra è avvilita, annichilita da troppe divisioni, da troppo pensiero critico e poco pensiero costruttivo. Alla vigilia di questo sfacelo annunciato, venerdì 26 al Parco della Musica in Roma, assisto ad un concerto storico e meraviglioso allo stesso tempo.
La sala Santa Cecilia è gremita in ogni ordine di posto, in platea il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, qualche personaggio di palazzo Chigi, ma io non ci vedo bene, si sa, e non ci faccio caso. Cravatte rosse in giro, io porto impunemente dei calzini rossi. Prima dell’evento parte Benigni, scavalca le poltroncine rosse e si precipita a salutare il Presidente. Poi si abbassano le luci ed entra Claudio Abbado, il Divo Claudio. Ma no, lui non è un divo, non vuole farsi neppure chiamare Maestro, come apprendo dalla bella nota sul programma di sala scritta da Roberto Saviano.
Era entrata poco prima una delle "sue" creature, l'orchestra Mozart, un ensemble ristretto, leggero, da sinfonia sette-ottocentesca, da concerto, un'orchestra tascabile e altrettanto impeccabile. Chissà, il suono doveva essere un po' così quando Mozart scriveva ed eseguiva le sue sinfonie.
Si inizia con la quarta di Mendelssohn - taràra taràra tarà taratà tarata taratarattarattata taratà, chiaro no? - eseguita con una leggerezza meravigliosa, gli strumentisti si agitano dietro i loro strumenti, colorano l'esecuzione veloce, lieve, perfetta, meravigliosa. Sopra di loro svetta Claudio, volteggia con il suo gesto semplice ed intuitivo eppure pieno di creatività, perché Abbado ricrea quando dirige.
Poi arriva il concerto per violino e orchestra K216 con il solista Giuliano Carmignola, anche qui una lettura con quel po' di virtuosismo che lascia il pubblico in sospeso, in silenzio. Meraviglioso ascoltare uno Stradivari da solo a Santa Cecilia.
Arriva la seconda parte con la Sinfonia n. 41 in do maggiore K551 "Jupiter", bella e leggera anche lei, veloce e lieve, serena. Ma a questo punto il grande direttore-creatore ha un asso nella manica, alla novità mozartiana, soprattutto del quarto movimento, replica con l'ouverture dall'Egmont di Beethoven, che infiamma un pubblico entusiasta e lo ripaga dei lunghissimi applausi tributati a tutti.
Ma è sulla figura di Abbado che mi voglio soffermare, la sua direzione d'orchestra sprizza simpatia genuina, nelle foto da direttore egli è sempre sorridente con quel gesto netto, è un personaggio che parla poco ma che fa tanto, ha un'arma chiamata cultura e la porta in giro per il mondo, la spiana contro la miseria e l'emarginazione; è un incredibile promotore di iniziative, così tanto quanto è poco incline alle chiacchiere. La sua esperienza a Caracas è la più alta testimonianza di questo: ragazzini tolti da un destino di strada e messi a suonare nelle scuole di musica e dalle scuole l'accesso all'orchestra giovanile più vivace, colorata e leggera del mondo, quella fondata dal mitico ministro dell'economia e della cultura Jose Abreu. Cercatevi qualche foto in giro se volete vederli e un video su YouTube per stupirvi, anche lì il "leitmotiv" sembra essere sempre lo stesso: la leggerezza.
Grazie Claudio, "in un Italia scassata e feroce/senza più forma e senza voce" si levano alte esperienze come questa, che dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto la musica porti lontano. Non vi sembri che voglia sfuggire al disagio che provo in questi giorni, ne parlo nel modo in cui sono capace: con la musica.

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