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Dentro la galassia di nome Epsilon

Di: Franz Andreani | 29/06/2012
Qualche giorno fa, nel rispondere ad una giornalista de “Il Mattino” che mi chiedeva notizie sugli Epsilon Indi, mi è scappato di scrivere che li seguo con passione da molti anni. Con passione.
Tutto infatti cominciò normalmente quando andai a vedere un loro spettacolo al Teatro dell’Orologio a Roma nel ‘92, invitato da un amico. Ale, grafico dalla grande e ironica fantasia, allora suonava dei “pad” e dava un’impronta ritmica aiutando Tonino Leoni storico bassista. La cosa che mi colpì, lì seduto solo soletto in quel teatro, fu la mole di lavoro messa in campo dai dei perfetti signor nessuno. Non c’era stampa che li supportasse, non avevano una produzione alle spalle, eppure si esibivano al’interno di una scenografia molto originale, e miscelavano, assieme ad una musica che a me pareva di non aver mai udito, la danza e le immagini. Uscii frastornato. L’anno seguente, al termine di un altro concerto, la mente coreografica del gruppo, Annarita Corsi, mi presentò a Sergio de Vito. Era uscito da poco il loro “A Distant Return” ed io non esitai a propormi per dar loro una mano.
È un inizio come tanti, ma per un non artista come me, potermi rendere utile in qualche modo a persone che hanno sempre cercato di guardare avanti, artisticamente s’intende, è sempre esperienza estremamente significativa. A tutt’oggi, dopo anni di assidua frequentazione, mi sento un po’ come quello che spazza la cucina al grande cuoco, ma per l’appunto raccolgo e catalogo le briciole e cerco di coglierne le sapienti misture.
Gli Epsilon Indi hanno un nome che è tutto un programma: si sono scelti il nome di una galassia. Sarà che era già nella testa dei membri storici di non fare del gruppo un ensemble stabile, certo sarà stato il passare degli anni che sono almeno 25 dalla nascita ufficiale, ma la loro peculiarità è sempre stata l’apertura alle collaborazioni di chiunque, musicisti, attori, cineasti, elettricisti, grafici, montatori, una galassia che ruota attorno a Sergio de Vito, Alex Romagnoli, Alessandro Bruno, Antonio Leoni e Anna Rita Corsi. Un progetto – visto nella prospettiva degli Epsilon – è un lavoro che si sviluppa dalle singole esperienze di ciascuno, tutti ad un certo punto si sentono Epsilon in un determinato momento, perfino colui che spazza la cucina. È una strada a doppio senso che alla fine porta allo sviluppo di materiale sempre nuovo e sorprendente, perfino per me che vi sono coinvolto.
Non sto qui a fare la storia del gruppo, trovate sulla Rete qualche informazione e presto anche una biografia più dettagliata su Wikipedia, alla quale credo abbia lavorato inizialmente Stefano Fasti. Vorrei trasmettervi quanto mi piacciono gli Epsilon al di là delle etichette musicali che a ragione o per forza bisogna pur avere. Già il fatto che non sappiano cosa rispondere alla fatidica domanda che a tutti i gruppi viene rivolta, come definireste la vostra musica, è un punto a favore – i gruppi indefinibili, che hanno la voglia di cambiare, sono quelli che mi sono sempre piaciuti, è una questione di gusto non un vangelo.
Ne discutevamo su questo blog qualche mese orsono, che comunque, per quanto il mercato discografico sia in sofferenza, per quanto abbiano ormai decretato la morte dello stesso CD, tutti i musicisti desiderano registrare e fare un album, con un ordine ben preciso nel quale collocare le singole canzoni, un ordine che ha un significato, una storia, che racconta e unisce. E anche qui, dopo un’attesa di quasi 13 anni ci sarà un nuovo disco a settembre. Il concerto di venerdì 29 conterrà qualche assaggio del nuovo lavoro, e le sorprese non mancheranno.
Il disco è stato coprodotto da BitBazar, una minuscola quanto attiva etichetta indipendente italiana. Con questo lavoro gli Epsilon affrontano l’ostacoli di rendere i testi musicalmente adatti al loro modo di far musica ma fanno anche la conoscenza con una nuova mente che costruisce il suono “registrato” della band. L’incontro con Massimiliano Nevi cambia, appunto, il suono del gruppo, perché Massimiliano, a mio giudizio, ha quell’approccio pulito e preciso, non dico di no, ma anche quella ruvidità e spregiudicatezza che manca a molti ingegneri del suono italiani. Infatti, pur disponendo di un apparato digitale di tutto rispetto, riesce a rendere certi suoni ancora del mondo analogico. Sarà il fatto che ripara la meccanica dei vecchi registratori a bobina – quei bei Revox o gli Akai – tanto che poi è “costretto ad usarli”. Dal disco che ascolterete dal 3 settembre emerge un calore, una rotondità, una pienezza di suono tipica delle registrazioni di un po’ di tempo fa, senza nulla togliere alla dinamica estrema che deve ben suonare anche sui riproduttori infernali che ci circondano; ma questo è un argomento su cui mi sono già sfogato nel recente passato.
Ma torniamo al concerto di venerdì sera. Si svolge in una cornice splendida sia per il luogo che per la manifestazione. La villa bellissima, polmone di Roma con quel suo laghetto fresco, e poi il festival “Roma Incontra il Mondo” anche lui molto in là con gli anni e con il prestigio. La serata offre un doppio concerto, perché suonerà anche “Solar Orchestra” un gruppo che, pur nella sua individualità, ha una storia di vicinato con la galassia Epsilon.
La radio partecipa attivamente a questo concerto e più in generale alle vicende legate agli Epsilon e quindi troverete più d’uno di noi ad accogliervi.

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