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Torino anni '50

Di: Bookworm | 24/05/2012
Il libro è “I ragazzi di Via Po, 1950-1961, Quando e perché Torino ritornò capitale”, di Aldo Cazzullo, Mondadori 1997. E’ pieno di notizie interessanti, e di spunti di riflessione, dallo sviluppo delle edizioni Einaudi agli inizi di Edgardo Sogno. E anche tanta storia della Fiat, sotto la direzione del presidente Valletta. Vi riporto quasi integralmente un capitolo, per renderci conto dell perché tante persone si impuntino oggi sulla difesa dell’articolo 18.
“A metà degli anni Cinquanta, la condizione degli operai Fiat () è la migliore d’Italia. () Un operaio di terza categoria guadagna () l’80 per cento in più del minimo contrattuale. La Mutua aziendale lavoratori Fiat assiste 182mila persone tra iscritti e familiari (). I dipendenti si curano gratis, e l’azienda è informata direttamente delle loro condizioni fisiche e delle capacità lavorative. Nel ’54 Valletta annuncia di aver stanziato 8 miliardi per costruire 2700 alloggi per i dipendenti: Sorgono quartieri modello, autonomi (). L’articolo 5 del regolamento per l’assegnazione di alloggi in affitto prevede che “al concorso vengano ammessi coloro che non siano incorsi in provvedimenti disciplinari superiori alla multa negli ultimi tre anni”. L’articolo 16 impone che i contratti abbiano durata triennale, e possano essere rinnovati solo “quando l’assegnatario dell’alloggio continui ad essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 5”. I riottosi saranno sfrattati.
()La Fiat tende a svincolare da ogni forma di contrattazione le sue iniziative sociali, che non sono frutto della lotta dei lavoratori o dei negoziati sindacali (): non conquiste, ma concessioni. Valletta punta a influenzare anche la vita, i consumi, la cultura materiale dei suoi dipendenti. () La Fiat supplisce alle carenze dello stato sociale anche nella previdenza (con) il “premio fedeltà”: un’integrazione della pensione INPS (): Il beneficio è di origine contrattuale, ma non viene assegnato se la risoluzione del lavoro si basa su motivi disciplinari. () I militanti del PCI, gli attivisti della FIOM, gli scrutatori e i candidati comunisti alle elezioni per le commissioni interne, e in genere gli antagonisti del “socialcapitalismo” sono esclusi dal welfare del Professore: niente promozioni, né aumenti di merito, né case, né premi fedeltà. Scrive Valletta nel () 1954 “Nulla di recondito, o comunque di illegittimo nel fatto che, quando si è costretti a licenziamenti o a sospensioni per diminuzione del lavoro, la direzione Fiat comprenda nelle liste dei licenziati o dei sospesi i non volenterosi”. Nel dicembre di quell’anno, 630 operai sono licenziati alla Fiat Aeritalia, lo stabilimento dove è più forte l’organizzazione del PCI: la botta è tale che l’anno successivo gli iscritti al partito passano da 539 a 21, e i voti alla FIOM da 1340 a 77. () Alla Fiat di marina di Pisa vengono licenziati 230 “non volenterosi”: di loro, 193 sono iscritti alla FIOM, 174 al PCI. In tre anni 1930 “distruttori” vengono estromessi per mezzo di licenziamenti collettivi: negli stessi anni la Fiat assume 17 mila lavoratori per far fronte al boom produttivo. ()Nel ’52 Valletta caccia Battista Santhià (): il suo ruolo di direttore dei servizi sociali è “incompatibile con la sua posizione politica”. Santhià è comunista. Poi tocca a Vito d’Amico (), colpevole di aver tentato di fondare una sezione CGIL in fabbrica. () Walter Franchini, estromesso “per aver introdotto nell’officina dieci copie di un giornale non gradito”: Giovanni Gugliotta, “per aver affisso un manifesto nel gabinetto”. Felice Danni, “per aver consegnato una tessera sindacale durante l’orario di lavoro”. Giuseppe Quintavallle, “per essersi rifiutato di sottostare alla perquisizione all’ingresso dello stabilimento”. Armando Aires “Per aver distribuito in fabbrica il giornale La Lotta e blocchetti per una sottoscrizione del L’Unità. Giannet Ceresa, “per aver accusato un compagno di essere ‘crumiro, meschino e morto di fame’”. Giuseppe Bersano, per aver scritto su un muro “vota PCI”. Giacomo Nicola, per aver diffuso volantini di una gita organizzata dai partigiani della Pace. Il 19 gennaio 1953 a Mirafiori si sciopera contro la legge truffa (). Tutti gli scioperanti ricevono un’ammonizione scritta, 25 sono sospesi dal lavoro, 12 licenziati. Due mesi dopo il PCI manda di nuovo all’assalto le sue truppe, che ricevono un altro colpo durissimo: tutti gli scioperanti sono puniti con tre ore di multa, 100 vengono sospesi, 10 licenziati. Gli altri ricevono il premio antisciopero.”

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