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Fruttero e Lucentini, Il significato dell’esistenza

Di: Bookworm | 11/05/2012
“Del resto lo zio di Agamennone, Tieste, non sapeva anche lui che ingannando suo fratello Atreo con la propria cognata Erope avrebbe dovuto aspettarsi il peggio?”… “tutti sapevano fin dal principio come sarebbe andata a finire, ma in quella programmata marcia alla catastrofe, tra piani demenziali e connubii contro natura, perfide lusinghe e presentazione di mostruosi “pacchetti”, tutto continuò come se nessuno sapesse o volesse farci niente. Che altro dedurne se non che Eschilo, ispirato da Cassandra (il cui grido agghiacciante si spiega così anche meglio) modellò la sua Orestiade sulle vicende del nostro centrosinistra?”
Queste considerazioni non sono così recenti come si potrebbe pensare, sono state date alle stampe quasi quarant’anni fa, nel 1974, in un feuilleton uscito a puntate sul Giornale (fondato in quell’anno da Montanelli), e pubblicato l’anno seguente in forma di libro per Mondadori. Il libro ha per protagonisti gli stessi F&L, giornalisti incaricati da Montanelli di scoprire, appunto, il significato dell’esistenza. I due si accorgono con sorpresa che la ricerca è pericolosa, perché in molti sembrano essere sulle tracce del mistero, a partire dai loschi Eugenio Cefis ed Amintore Fanfani (il cui ritratto, prima che ne vengano fatti i nomi, si adatterebbe benissimo ad altri più recenti nani e giocolieri), o potenze straniere, i russi della cortina di ferro e gli inglesi, che hanno incaricato della missione l’abilissimo e avarissimo corrispondente filosofico del Times. E questo perché in tutto il mondo stanno scoppiando disordini causati proprio dal panico per la perdita di questo significato. E’ un libro nello stile della coppia di scrittori, ferocemente ironico, ma letto adesso la ferocia è molto amara.
Nel 1974 siamo in piena guerra fredda, la sinistra chiede che l’Italia esca dalla NATO, gli USA temono la forza della sinistra italiana ma hanno bisogno della posizione militarmente strategica dell’Italia fra i due blocchi, occidentale e comunista, e in quest’anno le BR compiono i loro primi omicidi. La demarcazione fra “buoni” e “cattivi” per entrambi i fronti sembrerebbe netta, ma cominciano a evidenziarsi le slabbrature, i dubbi, a scoprirsi le prime infiltrazioni. Questo è quello che vivevano la generazione che era uscita dalla dittatura fascista e dalla guerra, e quella nata dopo, cresciuta con la rinascita economica e politica del paese, nutrita di ideali, pregiudizi e paure, ma senza aver dovuto pagare nulla sulla propria pelle, senza guerra, senza fame, e con poco senso di responsabilità verso le sorti del paese, ma solo verso ideali molto fumosamente filosofici e quindi poco costruttivi, oppure solo verso la propria situazione personale. Ed a queste generazioni si rivolgono gli autori, con quella preveggenza pessimistica dei nostri migliori intellettuali, che sembra purtroppo centrare sempre il segno:
“dovrebbe bastarvi per cominciare a capire dove avete sbagliato: vi siete messi in testa di controllare tutto, di bandire l’incertezza dall’esistenza. E ora che l’incertezza ritorna dalla finestra, vi fa molta più paura di prima, vi sembra un mostro insopportabile.”

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