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Mega Closed

Di: Franz Andreani | 24/02/2012
La chiusura dei siti di file-sharing come Megaupload, Megavideo e di tutti quelli che in generale mettevano a disposizione musica, film e software in modo gratuito, ha suscitato rumore, sconcerto e sicuramente dovrebbe farci riflettere ancora sulla liceità o meno dell’utilizzo di software e contenuti coperti da copyright.
Sgombro subito il campo dicendo che non ne sono rimasto scandalizzato, mi colpisce il fatto che vincono sempre i più forti. Questo tipo di vittorie presenta un gran numero di ombre più che di luci, nel senso che se davvero si è affermato un concetto di giustizia che si esprime nel contrasto al download di materiale protetto da diritti d’autore, dall’altra parte chi ci guadagnerà sopra non saranno gli autori, ma il sistema che sicuramente – e una volta di più e tanto più in Italia – mostra la sua inadeguatezza, la sua incapacità nel dare risposte adeguate a fenomeni economici e sociali importanti.
Il problema secondo me è sempre quello, il megaprofitto. Non esiste una misura nelle cose, se le cose si fanno, sembra che debbano per forza conquistare il mondo, devono guadagnare in maniera planetaria: credo che scatti qualche cosa che io non conosco, per la quale non ci sono scrupoli ne limiti.
Parliamo della musica. Ho amici che scaricano tonnellate di discografie intere di gruppi rock, perché a loro piace la musica rock. Le tonnellate di discografie, comprese di bootleg, singoli, edizioni rare, rermastered, occupano spazio su hard disk, ma avranno l’onore di finire sotto le orecchie dei suddetti amici, forse una mezza volta, magari ascoltate attraverso un telefonino poco adatto al suono dei Marshall di Jimi Hendrix. Poi ci sono i siti che offrono il servizio di download; loro si propongono come paladini della diffusione della conoscenza e della cultura, ma un proliferarne così numeroso vi deve far venire in mente che dietro al volto buono ci siano grossi investimenti ed altrettanti grossi guadagni. Questi guadagni non vanno agli artisti.
Io poi non sono un esperto di serie televisive, non credo di averne mai seguita una dai tempi di Happy Days – mea culpa – ma anche lì vi è un pubblico di affezionati che guarda la tv solamente attraverso i siti di download.
È come se facessimo finta di non pensare a chi queste cose le crea, le scrive, le gira, le suona, le produce, le esegue, le mostra, le pubblicizza, ne parla, c’è un mucchio di gente, di passione - talvolta anche calcolo, soldi e strategie a tavolino, per carità - ma tanto tanto lavoro creativo, quell’inventiva che il massiccio download non pagherà mai. La chiusura dei siti non si tradurrà in una giusta ricompensa per gli artisti perché le disposizioni in materia di diritti d’autore sono antiquate, ottocentesche. Purtroppo l’Italia sul tema edizioni è arretrata; i contratti profumano ancora di squilibrio laddove l’artista è legato al suo editore per 70 anni, dalla consapevolezza di non poter far nulla con la propria creazione e dalla certezza che l’editore viceversa possa tutto, in cambio di un po’ di soldi in più sui dividenti per le rappresentazioni pubbliche o le vendite.
C’è una cosa che il mercato ci sta insegnando in questi ultimi tempi, che l’abbassamento dei prezzi, ottenibile anche con la riduzione e la razionalizzazione dei costi, e la maggiore accessibilità ai prodotti, induce sempre più persone a riconoscere come giusto l’acquisto di materiale coperto da diritti. In qualche caso si sta affermando anche una cultura dl diritto d’autore garantito dagli stessi autori come il Copylft, ma molto deve ancora esser fatto sulla strada della riduzione dei guadagni e della loro redistribuzione a favore di tutta la catena creativa che c’è dietro ad un opera, ed i segnali non è che siano particolarmente incoraggianti. Forse qualche cosa cambierà ma solo con tempo, con l’informazione e l’intelligenza, con le idee nuove, certo non grazie alla chiusura dei siti di download che andrebbero combattuti con altre armi.

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