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Audiolibri o no?

Di: Bookworm | 03/02/2012
Un altro cedimento al vizio segreto e non ammesso dello shopping: l’acquisto di audiolibri.
Avevo iniziato a frequentarli qualche anno fa, cercandoli per mio padre che stava perdendo la vista. All’epoca non erano facili da trovare, c’era qualche lettura di poesie, Joyce che leggeva un brano del Finnegans’ Wake facendo capire che poteva anche avere senso, qualche registrazione teatrale, e avevo imparato a copiare su cd le puntate di “Ad alta voce” di RadioTre. Poi ha cominciato un editore, Full Color Sound, con lavori di Stefano Benni, con sperimentazioni di lettura e musica jazz di notevole qualità. Poi sono arrivati gli audiolibri di Repubblica (alcuni riedizioni di quelli della Full Color), e ora sono esplosi, tanto che ho sentito di una casa editrice che vende libri cartacei abbinati a cd di altri libri.
Ammetto che pochi anni fa non avevo ancora letto nulla di Verga; una mattina, ascoltando la radio in macchina, sono capitata su RadioTre che leggeva una puntata de I Malavoglia. Mi ha affascinato, mi sono procurata il libro, ed è nato un nuovo amore. E una voce bene impostata che ci racconta una storia è un’ottima compagnia sia in viaggio che mentre si esegue qualche compito meccanico, stirare, lavorare a maglia, scartavetrare un mobile. Ma non so quanto possa essere utile per avvicinare le giovani generazioni, che noi “maturi” visualizziamo sempre con le cuffie nelle orecchie ed incapaci di leggere qualsiasi cosa che superi i 250 caratteri, alla letteratura. I giovani che conosco io leggono, anzi leggono saghe di tre, quattro, cinque volumi che arrivano anche a 600 pagine l’uno; non direi che è l’atto meccanico del leggere che li spaventa. L’ultimo Harry Potter mi pare superasse le 800 pagine, e ho conosciuto ragazzi dai 14 ai 30 anni che hanno passato un paio di notti in bianco pur di finirlo. Casomai si dovrebbe avere più cura della qualità non solo del contenuto, che è comunque opinabile e soggettiva, ma soprattutto della lingua di quello che viene proposto da leggere, nelle traduzioni commerciali come nel linguaggio di scrittori esordienti. .
L’audiolibro non è un sostituto per il libro, innanzitutto perché non è, e non può essere, quasi mai integrale. Ho sentito molte belle versioni, e sono recitate, è difficile che l’attore legga “uscì sbattendo la porta”; normalmente, avendone la possibilità, si fa sentire la porta che sbatte. Una lettura a voce alta è sempre una trasposizione teatrale di un libro, anche se è una mamma che legge la storia al bambino. L’esperienza di ascoltare è altro rispetto a quella di leggere, perché chi legge dà al testo il suo ritmo, le sue voci, lo colora con il suo modo di recepirlo e immaginarlo. Perfino la lettura fatta dall’autore stesso limita la possibilità di ricezione del lettore. Mi è capitato di leggere un testo, ed esserne toccata, commossa, averlo fatto in qualche modo mio, e di essermi sentita quasi tradita quando l’autore, leggendolo a voce alta, gli ha dato un suono, un colore, completamente diversi dai miei. Immagino come debbano sentirsi gli autori a sentire i loro testi interpretati da altri! .
Eppure amo gli audiolibri, gli adattamenti teatrali radiofonici dei testi. Ma preferisco ascoltare libri che già conosco, intanto perché cedo volentieri al meccanismo psicologico dei bambini che si fanno raccontare la stessa storia infinite volte, poi perché posso riempire nella mia testa quelle pause, le musichette, il cambio disco, con le parti che ho letto ma che non sono rientrate nell’adattamento audio del testo, ed ancora perché a volte l’enfasi che viene messa su alcune scene a cui non avevo fatto caso me le fa riscoprire come nuove. .
Ultimamente ho acquistato (tornando allo shopping compulsivo) dal sito della BBC inglese i testi adattati per la radio e recitati “full casting”, con un attore per ciascun personaggio, di alcuni romanzi di Agatha Christie. Ecco, per chi conosce l’inglese, e soprattutto per chi lo ha studiato, quelle voci chiare, perfettamente impostate, che leggono quelle storie che ormai già conosciamo, per averle lette o viste al cinema, sono un’ottima compagnia, un buon esercizio di ascolto della lingua, un qualcosa che tiene svegli alla guida senza sommergere l’attenzione al traffico, un buon amico che ti siede accanto e ti parla senza impegno. Temo che chi viaggia con me dovrà farci l’abitudine.

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