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Il libro segreto di Dante

Di: Bookworm | 20/01/2012
Ho acquistato in e-book, in un momento di sfogo, come quando si mangia di corsa una scatola di cioccolatini o un barattolo di nutella sapendo che ce ne pentiremo, quattro romanzi: Il labirinto dei libri segreti, Il libro segreto di Dante, Il mercante di libri maledetti, e L’ultima risposta di Einstein. Ho letto da qualche parte che gli editori studiano i titoli a seconda dei periodi: un periodo “tiravano” le spezie, quindi La maga delle Spezie, La cucina color zafferano, Gabriella garofano e cannella, Il profumo della cannella; poi sono andati i profumi, ora a quanto pare i misteri legati ai libri; e io mi ci sono lasciata trascinare. Ho letto finora i primi due; Il labirinto dei libri segreti, di Paolo Di Reda e Flavia Ermetes (Newton Compton 2010, € 9,90) è un fricandò che tenta di amalgamare Jim Morrison, la Callas, Chopin, Wilde, Nostradamus, l’imperatore Giuliano, l’amante di Napoleone Maria Walewska, druidi, pittori e maghi, e ammassa fatti e fattarelli, aneddoti e deduzioni, senza riuscire a dare un ritmo alla narrazione o un soffio di vitalità ai personaggi; ci sono gli ingredienti per cinque romanzi, la lingua è corretta, mancano purtroppo l’ispirazione e la tecnica del cantastorie che danno vita ad una narrazione. Dispiace che una coppia di autori italiani non riesca ad affrancarsi da un copione quasi da manga giapponese, tanti personaggi storicamente popolari legati da una trama debole, con una soluzione finale tremendamente forzata, questa di ispirazione fantasy, alla Dan Brown. Non posso dire che alla fine muoiono tutti, perché la maggior parte sono già morti e sepolti nel cimitero di Parigi fin dall’inizio del libro.
Il libro segreto di Dante – il codice nascosto della Divina Commedia, di Francesco Fioretti (Newton Compton 2011, € 9,90, e-book € 4,90) è’ stato definito il caso letterario dell’estate, arrivato alla 13^ edizione (13 edizioni in pochi mesi? L’editore evidentemente non voleva rischiare, ha stampato poche copie per volta, finché non è riuscito a portare l’autore in TV. Poi perché oggi chiamano edizioni quelle che sono ristampe è ancora da capire). A suo favore il fatto che si concentra su un solo periodo storico, un solo libro noto a tutti, e la ricerca storica, sociale, politica e letteraria è visibilmente più solida. La trama è quindi costruita meglio, e i personaggi hanno uno spessore molto più credibile. Due gli elementi principali che tendono a rovinarlo; il primo è l’eccesso di elementi, il tentativo di seguire Eco e il suo pendolo inserendo tutta una parte di trama sui Templari, varie cabale, numerologie, filosofie mistiche orientali, che entrano davvero a forza nella Commedia dantesca, già tanto ricca di per se. L’autore non ha poi saputo resistere a tracciare parallelismi molto evidenti fra la situazione politica dell’Italia trecentesca dei comuni, con le sue corruttele, campanilismi, gli interessi meschini di Chiesa e mercanti, e la situazione della politica italiana al momento in cui è stato scritto. C’è perfino una descrizione della consegna a un nobile di un “carico” di prostitute che sembra preso da una descrizione di La Repubblica dei festini di Arcore. I parallelismi ovviamente ci sono, ma non c’era bisogno di evidenziarli così smaccatamente. Il risultato è che a pochi mesi dalla sua pubblicazione il libro è già datato, vecchio, è bastato che cambiasse un governo e queste parti non sono più valide, mentre a lasciarle non dette si potrebbero vedere altri parallelismi con la situazione attuale, perché gli interessi di fondo poi sono sempre quelli, sono cambiati solo lo stile e qualcuno dei personaggi. Inoltre alla fine troviamo una postfazione che spiega tutto di nuovo, due pagine che rispiegano che i numeri e i collegamenti ai versi di Dante si potevano interpretare in altri modi, rimette in evidenza i parallelismi con la situazione economica in Italia e in Europa. Un’insegnante di letteratura di grande cultura mi ha detto una volta che un buon romanzo fa capire le cose senza doverle spiegare apertamente, perché vorrebbe dire che l’autore considera i suoi lettori stupidi, oppure è consapevole di non averle sapute comunicare. Ecco, questo libro, pur con tanti aspetti validi e una buona idea di fondo, spiega continuamente tutto, nel testo e dopo il testo, senza lasciare possibilità di interpretazione o dubbio nel lettore. Entrambi i libri peccano di ingenuità, dimostrano un lavoro quasi scolastico, riuscito o meno, ma anche una generazione di scrittori che sembra non sapere a chi rifarsi, che cerca di vendersi strizzando l’occhio alle mode americane o giapponesi, ed ha perso di vista i grandi maestri della generazione italiana di un secolo fa, che riuscivano con naturalezza a dipingere una cultura con tutto il suo bagaglio storico semplicemente descrivendo un filo di panni stesi. Credo che gli editori abbiano molta colpa in questo, con necessità di vendere subito a tutti i costi, e la mancanza di riviste letterarie, o anche colonne letterarie nei giornali, in cui i giovani scrittori si possano fare le ossa affinando e ripulendo mano a mano l’arte di comunicare, che anche nelle notizie dei quotidiani ha perso ogni stile se non quello, ormai perfino sgrammaticato, del richiamo immediato, del botto senza seguito. Chi si muove come noi nei “nuovi” sistemi di comunicazione dovrebbe considerare seriamente i modi di rispondere a questo problema, che non è per niente banale.

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