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THE ARTIST

Di: il Bisbigliatore | 09/01/2012
Nel 1980 convinsi un compagno di scuola a vedere "TORO SCATENATO", il capolavoro di Martin Scorsese allora appena uscito nelle sale cinematografiche. Durante la meravigliosa e struggente sequenza che accompagna i titoli di testa il mio amico mi disse: "ma che, m'hai portato a vedè un film in Bianco e Nero?". Spettatore meravigliato ed entusiasta di "GUERRE STELLARI" uscito tre anni prima, era evidentemente scioccato dal fatto che qualcuno potesse realizzare ancora un film in Bianco e Nero in un'epoca nella quale perfino lo schermo televisivo s'era ormai andato colorando pressoché ovunque, nelle case degli italiani. Non aveva colto l'intenzione artistica del regista (o, più probabilmente, se ne fregava) di rendere con drammatica profondità la dimensione umana e tragica del racconto come avrebbero fatto, successivamente, Francis Ford Coppola con il meraviglioso e visionario "RUSTY IL SELVAGGO", Woody Allen con "OMBRE E NEBBIA" e, in precedenza Mel Brooks con "FRANKENSTEIN JUNIOR", questi ultimi con intenti figurativi debitori dell'espressionismo, sia pure virato in chiave di commedia, ma con esiti ugualmente straordinari. Chissà cosa direbbe quel vecchio compagno di banco oggi, a trentadue anni di distanza (ah, l'impietoso scorrere del tempo), di fronte alla visione di un nuovo film girato in Bianco e Nero e, per di più, muto. Bisogna subito precisare che "THE ARTIST" non ha niente a che spartire con le suddette celebri pellicole, nelle quali la scelta di rinunciare al colore era dettata sopratutto dall'esigenza di esaltare con forza la dimensione poetica delle storie narrate. In questo caso si tratta, invece, di una soluzione stilistica obbligata che, con l’aggiunta della rinuncia al sonoro, conferisce il necessario fascino al racconto in misura addirittura maggiore di quanto non faccia il suo contenuto, contribuendo in maniera decisiva al funzionamento dell’intero progetto. Operazione molto abile anche se meno coraggiosa di quanto potrebbe apparire a prima vista; non è difficile, infatti, immaginare il potenziale commerciale di chi può sfruttare a suo vantaggio l’inevitabile e preziosa promozione di un progetto del genere come caso cinematografico dell’anno. A patto che il prodotto sia confezionato a dovere, ovviamente. E, in tal senso, il film non delude. Sia dal punto di vista tecnico che artistico si tratta di un lavoro di grande pregio, ben scritto, ben diretto e, soprattutto, splendidamente interpretato; con particolare accuratezza riguardo il tentativo, riuscito, di rendere la recitazione compatibile con quella tutta gesti e smorfie tipica del cinema muto, tecnica che viene ironicamente criticata all’interno dello stesso film da uno dei personaggi che, nello sviluppo narrativo, trae vantaggio dall’avvento del sonoro. Ancora una volta, tuttavia, è il racconto della fine di un’epoca e del tramonto di miti ed eroi resi vecchi in un attimo dall’incedere del progresso e delle innovazioni tecnologiche, dell’impotenza e della fragilità dell’essere umano di fronte allo scorrere feroce e inesorabile del tempo a garantire all’intera operazione un livello qualitativo decisamente superiore alla media dei film commerciali e a salvaguardarlo dalla banalità imperante. E se l’inevitabile happy end è in agguato e la storia non proprio originale può risultare un tantino melensa a quelli che hanno il cuore irrimediabilmente macchiato dal Rock ‘n Roll, gran parte del pubblico si diverte e apprezza, scoprendo che anche nel 2012 si può continuare a sognare dentro una sala cinematografica, perfino in B&N e senza parole.

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