RAI BENE COMUNE
Qualche giorno orsono, in un podcast, mi è scappata una frase sibillina che mi è stata fatta notare da un ascoltatore attento: dicevo che non mi interessa la crisi finanziaria, perché siamo alle prese con una ben più grave crisi dell’economia che sembra profondamente radicata nel sistema sociale che ci circonda. La nostra crisi economica, ben più profonda di quella che stanno attraversando molti altri paesi, nasce da un maledetto sistema fatto di tornaconti personali, di scelte miopi e alla giornata, di incapacità di reagire con una risposta culturale forte al pensiero unico. Ci stiamo accorgendo ora di quanto questo paese, malgrado gli sforzi all’insegna del buon senso di alcuni e i sacrifici della maggioranza, continui, di fatto, ad essere ostaggio di una classe dirigente attaccata ai propri interessi.
La RAI per molti anni ha rappresentato, seppure in maniera discontinua e contraddittoria, un importante motore culturale. Questa cosa la sa bene la classe politica che l’ha occupata e svilita, svuotandone sistematicamente i contenuti e trasmettendo il nulla. Le eccezioni confermano una regola che vige da anni. Oggi la Rai è sull’orlo del fallimento. L'ha detto Sergio Cusani consulente finanziario a cui la FLC CGIL ha commissionato una “lettura” del bilancio dell’azienda. Gli introiti del canone superano quelli pubblicitari, cresce l'indebitamento verso le banche e l'esternalizzazione è esasperata.
La più grande azienda italiana di cultura e di informazione (13.000 dipendenti) spende più di quanto incassa. Aumentano a dismisura le produzioni esterne, di gran lunga più costose di quelle interne, a scapito della professionalità e della creatività acquisita, ma sulle quali è più semplice esercitare un controllo politico. "Di questo passo farete la fine dell' Alitalia". Questa la buia previsione di Emilio Miceli, segretario generale FLC CGIL, espressa l'anno scorso in una bollente assemblea dei lavoratori riuniti nella mensa di Viale Mazzini. Affermazione talmente grave da generare uno spontaneo corteo interno che, al grido di "noi la crisi non la paghiamo!", si è diretto verso l'ufficio dell'allora direttore generale Masi. Mentre scrivo è in corso uno sciopero, di quelli che non si vedevano da tempo.
E i vertici attuali della tv pubblica come l'affrontano questa crisi? Con i tagli. La nuova direttrice generale Lorenza Lei ed il consiglio d'amministrazione hanno appena varato un piano di risanamento che prevede: la vendita di Rayway - le torri di trasmissione dei segnali radiotelevisivi - rendiamoci conto di cosa voglia dire venderle ad un privato qualora ci fosse un minimo problema di natura politica, lascio a voi la portata della “svista” - la chiusura immediata di Rai Internazionale, la dismissione delle troupe delle riprese esterne, la soppressione di otto sedi di corrispondenza estera. I 1500 precari in attesa della stabilizzazione concordata lo scorso luglio tra azienda e sindacati saranno congelati, o forse cancellati, chi può dirlo? Rinviato pure il rinnovo del contratto scaduto da 2 anni.
In queste decisioni prese dai vertici RAI spicca ancora una volta nitida la figura del Cavaliere: come detto chiude Rai Internazionale, apre un nuovo canale di Mediaset dedicato agli italiani nel mondo. Avrà gli stessi obiettivi:diffondere la cultura del Belpaese e realizzare programmi per i nostri connazionali all’estero. La Rai, intanto, con un abile gioco di squadra, ha rinunciato ai diritti sul calcio, pezzo forte della testata diretta da Daniele Renzoni, consegnandoli con un inchino a Sua Emittenza e l’affare è fatto. Per merito di questo discutibile provvedimento novanta dipendenti fra programmisti-registi, assistenti ed amministrativi e cinquanta giornalisti verranno ricollocati. Nella frittata finisce anche una bandiera della radiofonia nazionale: il Notturno Italiano. Scrive il 22 dicembre Anna Maria Pasetti sul Fatto Quotidiano “Salvate Notturno Italiano, data di inizio 1 luglio 1952, data di fine 31 dicembre 2011. La vittima non solo è la più longeva trasmissione prodotta dalla Rai ma è uno dei simboli della memoria storica del nostro paese. Concepita come uno zibaldone notturno di musica italiana, ne ha proposto il passato ed il contemporaneo, offrendo la stessa dignità ad artisti noti e talenti sconosciuti”. È un piccolo pezzo di Servizio Pubblico che ci lascia. Nonostante le migliaia di mail di ascoltatori giunte alla redazione e alla Direzione Generale e la solidarietà del mondo della cultura e dello spettacolo il Notturno, che aveva ormai risolto i problemi di emissione con l’avvento del digitale terrestre, è obbligato a chiudere. Nella serata-concerto in sostegno alla trasmissione Francesco Di Giacomo, storica voce del Banco, ha detto:”C’è la precisa volontà di fomentare il pensiero unico, di arredare le orecchie della gente come l’Ikea ne arreda le case”.
Durante i suoi quasi sessant’anni di vita il Notturno ha accompagnato le notti di molte generazioni di italiani in tutto il mondo, anche il Presidente Ciampi si era dichiarato ascoltatore affezionato. Oggi lanciano il loro sdegno Fiorello,Vinicio Capossela, l’associazione nazionale dei non vedenti ed un Quartetto Cetra ricostruito su mail da Lucia Mannucci, l’ultima rimasta del fantastico combo e i figli della stessa Cia e di Virgilio Savona, Tata Giacobetti e Felice Chiusano., che sottolineano il lavoro di ricerca e salvaguardia del patrimonio discografico degli archivi Rai. Nel corso degli anni il programma di Rai Internazionale ha ritrovato gli eroi musicali di un tempo, intervistandoli e suonando, anche dal vivo, i loro gloriosi 78 giri; un operazione che ha fatto della sezione dedicata al passato un vero must per collezionisti ed ascoltatori in cerca di antiche novità. Sparisce così tra la commozione degli abbonati più anziani ed il totale e voluto disinteresse della Direzione, una trasmissione che potrebbe essere inserita facilmente e con successo in uno dei tanti canali di Radio Rai. Procede invece, con la supervisione dei partiti, lo smantellamento dell’azienda in vista della scadenza del mandato di servizio pubblico del 2016. A quando i primi esuberi?
Si è sempre detto che la Rai sia lo specchio della nazione e diretta emanazione del parlamento. Se possibile, oggi va ancora peggio. Monti rinuncia al suo stipendio. Lorenza Lei l'aumenta di ulteriori 250 mila euro l'anno e contemporaneamente porta a termine la chiusura di programmi scomodi ma redditizi e l'allontanamento di dirigenti e giornalisti. Operazione che Masi non era riuscito a concludere.
Dell'urgente rilancio del Servizio pubblico neanche una parola. Dopo una lunga estate priva di qualsiasi racconto sulla crisi, la Rai si predispone alla campagna elettorale. Già si parla di Ferrara al posto di Santoro. E i giochi sono fatti.
Al di là di una giusta e rumorosa contrapposizione anche per la difesa del posto di lavoro e della professionalità, vi è ancora qualcosa. Un progetto decisamente più alto, da condividere con la cittadinanza, con quelli che vedono la RAI come servizio culturale, si chiama "Rai Bene Comune". Dentro c'è anche Ugo Mattei, il giurista che ha formulato il quesito referendario per l'acqua pubblica, sottoscritto da 27 milioni di italiani. Una scommessa che passa per un referendum d'abrogazione della legge "Gasparri" e una legge di iniziativa popolare che riformi il servizio pubblico sganciandolo, una volta per tutte, dalle scelte dei partiti.