Cerca tra i 5477 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

GEORGIA O'KEEFFE

Di: Marcello Berlich | 21/12/2011
MUSEO FONDAZIONE ROMA, FINO AL 22 GENNAIO 2012 A pensarci è quasi un paradosso. Come minimo, uno dei controsensi della nostra società. Insomma l'arte si pregia di essere 'altro', rispetto alle 'bassezze' del quotidiano: qualcosa che si 'eleva' dalle nequizie quotidiane, una sorta di 'isola felice' per gli amanti delle belle cose... poi vai a vedere e... e alla fine concludi che quello dell'arte è uno dei settori più maschilisti dell'intera società.
Non è solo un discorso 'storico', ma anche contemporaneo: chiedete al primo che passa per strada di citarvi il nome di un'artista donna: con una buona approssimazione, 9 persone su dieci faranno scena muta e la rimanente vi citerà la 'solita' Artemisia Gentileschi, che beninteso è vissuta tre secoli fa e passa.
Certo, se allarghiamo il concerto di 'arte' alla musica e al cinema gli esempi abbondano... sebbene per dirne una, di registe veramente affermate ce ne siano poche (non a caso si è dovuto aspettare il 2010 per vedere un 0scar assegnato a una regista; lo stesso dicasi per quanto concerne le direttrici d'orchestra, ma sto divagando.
Rientriamo nelle 'arti visive' e ci accorgiamo della disarmante 'penuria di genere' che impera ancora oggi: evidentemente il 'mondo delle gallerie d'arte' è ancora molto 'maschile', e le cose non vanno meglio quando si tratta di (ri)scoprire artiste magari poco note in passato...
Tutto questo preambolo per dire che andare a vedere la Mostra di Georgia O'Keefe, longevissima (morta nel 1986 alle soglie dei cent'anni) pittrice del Wisconsin, appare quasi un 'dovere', una sorta di risarcimento per tutte coloro che negli anni non hanno avuto le stesse possibilità (l'unico altro esempio che mi viene in mente è quello della quasi coeva Tamara de Lempicka, peraltro anche lei protagonista quest'anno di un'esposizione personale al Vittoriano).
La mostra in corso al Museo Fondazione Roma si articola lungo il classico percorso biografico: dagli inizi, interamente dediti all'astrattismo, poi abbandonato in segno di reazione contro una 'critica benpensante' che tendeva a cercare ovunque significati nascosti e 'freudiani' (ovvero: sessuali), il ritorno a temi naturali, spesso e volentieri floreali (le celebri calle, gli iris, le petrunie), trasfigurati oltre il loro senso 'materiale' attraverso l'uso di colori sgargianti, incredibilmente vividi e di lievi deformazioni, fase questa cosa corrispondente al soggiorno newyorkese della O'Keefe e al periodo del suo matrimonio col pittore e gallerista Alfred Stieglits, suo 'pigmalione'.
Ultima e corposa sezione, quella dedicata alle opere create nel corso della lunga e conclusiva fase di vita, trascorsa nel New Mexico, terra della quale la O'Keeffe subì la fascinazione: ed ecco allora i paesaggi assolati, le 'mese', i teschi di cavalli (da lei considerati non come testimonianze di morte ma al contrario segni della vitalità della terra), i quadri che ritraggono la casa dove la O'Keefe abitava... fino alle ultime, grandi opere, ispirate alle visioni sui cieli aperti dal finestrino degli aerei sui cui l'artista viaggiò soprattutto nell'ultima parte della sua vita.
Un percorso e un viaggio affascinante nel mondo della O'Keefe, che colpisce soprattutto per la vividezza e lo splendore dei colori che appaiono una delle cifre caratteristiche delle sue opere, sia che si parli di fiori ritratti in interno, che delle opere dedicati ai grandi spazi, alle pianure, alle colline e alle montagne del New Mexico.
Completano l'esposizione tre sculture (le uniche create dall'artista) dal sapore astratto e due brevi filmati che ripercorrono la carriera della pittrice, oltre che una vasta gamma di foto, ad accompagnare le varie sezioni della mostra.

Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST