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SCARLETT THOMAS - IL NOSTRO TRAGICO UNIVERSO

Di: Marcello Berlich | 14/12/2011
Pubblicato nel 2010, l'ottavo romanzo di Scarlet Thomas, risulterà in un certo senso spiazzante, rispetto a ciò a cui la scrittrice di Hammersmith aveva abituato i propri lettori.Stavolta, nessuna cospirazione sotterranea come in "PopCo", nè viaggi in altre dimensioni - come avveniva in "Che fine ha fatto Mr.Y" - né vicende misteriose e paradossali, come ne "L'isola dei segreti".
Piuttosto, chiuso il libro, sembra che le vicende della protagonista Meg Carpenter siano quasi un pretesto che la Thomas usa per quello che è una sorta di atto d'amore nei confronti della letteratura e, soprattutto, della lettura.
Meg Carpenter si barcamena tra lo scrivere recensioni di improbabili libri di 'aut-aiuto' o di scienza 'alternativa' (in Giacobbo - style, per intenderci), tirando avanti la solita relazione stantia con il 'bamboccio mai cresciuto' da un lato, sognando di coronare la propria storia d'amore per un uomo molto più 'maturo' di lei, mentre attorno le si muove una serie di personaggi tutti più o meno legati tra di loro, da rapporti ora esili, ora più profondi.
A turbare questo stato di 'quotidiana banale insoddisfazione' interverrà la lettura di un libro (finitole misteriosamente in mano) che con la sua visione particolare del cosmo e del significato della vita darà alla protagonista la spinta necessaria per uscire dal torpore e dare una svolta alla sua vita, fino a un finale più che mai sospeso ed enigmatico.
Un libro spiazzante che, forse, potrà riuscire anche un pò irritante, specie a coloro che con la Thomas non hanno alcuna consuetudine: in realtà, a voler essere duri, "Il nostro tragico universo" narra una vicenda a prima vista banale, con personaggi che ormai ai giorni nostri appaiono un tantino stereotipati (la protagonista insoddisfatta, il compagno indifferente, il potenziale amante maturo), una storia che peraltro si trascina avanti sembrando promettere chissà cosa, che vede snodarsi vicende sullo sfondo che sembrano essere destinate a collidere in un finale fragoroso, ma che in realtà restano lì, finite come cominciate, prive di qualsiasi spiegazione. Il tutto infarcito con una serie di dialoghi senza fine che toccano i più vari aspetti dello scibile umano, dalla filosofia, alla teoria narrativa, passando per... la cura con le erbe.
In effetti, a pensarci, il libro della Thomas sembra avere un intento quasi esclusivamente metaletterario: spesso e volentieri la protagonista del libro si inoltra assieme ai suoi amici in lunghe conversazioni attorno alle 'storie', alla loro riconducibilità a un ristretto numero di schemi, e alla possibilità di riuscire a evaderne: e forse il senso di questa storia rappresenta proprio il tentativo esperito dalla stessa Thomas di evadere da questo schematismo, scrivendo un libro che appare una sorta di esercizio di stile: scrivere di una vicenda che in fondo finisce per non andare da nessuna parte.
Un esercizio che sicuramente potrà risultare interessate a chi ama la teoria delle strutture narrative, agli addetti ai lavori e magari anche ai semplici appassionati, ma che non potrà non deludere coloro che aprendo un libro si aspettano una 'storia-storia' e forse anche gli appassionati della stessa Thoams, abituati ai colpi di scena, alle svolte improvvise e ai finali spiazzanti... e in fondo alla fine, il 'colpo di teatro' qui c'è: la Thomas gioca coi suoi lettori affezionati tirandogli il collo suscitando tante ipotesi, facendo sorgere dubbi su dove si vada a finire, e poi... poi, sostanzialmente, non succede nulla. Più spiazzante di così.

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