Cerca tra i 5477 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

Le mappe dei miei sogni

Di: Bookworm | 05/12/2011
Quando si è notoriamente dediti a un vizio, gli amici spesso tendono a peggiorare la situazione; i miei mi prestano libri.
L’ultimo libro dato in pasto alla mia insaziabile fame è stato Le mappe dei miei sogni, di Reif Larsen, edito da Mondadori appropriatamente nella collana Strade Blu, 2010, € 21,00, titolo originale The Selected Works of TS Spivet del 2009.
La traduzione è stata fatta con grande cura da Martino Gozzi per i testi, e per le illustrazioni da un team (S.Metta, E. Mantoani e C. Oriani) che ha fatto un lavoro molto difficile: le illustrazioni sono sparse in margine a tutto il libro (che è infatti in un formato quasi quadrato, per lasciare lo spazio necessario), spiegano e commentano tutto il testo, ed essendo per la maggior parte mappe e schemi la traduzione doveva spesso avvenire su testi contenuti all’interno delle illustrazioni.
Il libro quindi funziona con una lettura in parallelo, del testo principale e di tutti i commenti e spiegazioni in margine, collegati al punto rilevante del testo da righe tratteggiate che passeggiano per tutte le pagine e fra una pagina e l’altra.
Potrebbe dirsi un romanzo di formazione, ma il dodicenne cartografo, bambino prodigio quasi autistico nel suo maniacale mappare tutto, dalla conformazione geologica del territorio che abita e attraversa, alla posizione degli strumenti cartografici nella sua stanza, al modo in cui il padre sorseggia il whisky (contando quanti sorsi brevi e quanti lunghi, a che intervalli temporali impieghi per finirlo), è più un riflesso dell’insicurezza degli adulti che dello sviluppo di un adolescente. In realtà siamo noi (o forse sono io) che ci riconosciamo nel bisogno di classificare tutto in schemi comprensibili, riproducibili, e soprattutto prevedibili. L’idea brillante che rende unico questo libro è che questa insicurezza così adulta viene attribuita ad un bambino di dodici anni, che quindi è un insicuro inesperto, non sa filtrare il mondo, non ha ancora creato una scala di valori che ignori tutto ciò che non rientra nei suoi schemi; quindi crea una bellissima mappa delle traiettorie di volo dei pipistrelli nel campo dietro la sua fattoria, o la mappa della sincronia dei Cheerios al miele (“la posizione degli otto dodicenni nordamericani che nello stesso istante afferravano un Cheerios al miele”). E queste cose, non misurabili ed insignificanti per il nostro mondo utilitaristico, diventano importanti, centrali, ci permettono di capire per un istante che non è sempre così importante cosa guardiamo, ma il modo in cui guardiamo, che prenderci il tempo di vedere le cose ci restituisce il piacere di vederle, di viverle, e forse di capirle.
Armato solo della sua capacità di misurare qualsiasi cosa, di una conoscenza dei viaggi dei pionieri presa dai libri di storia e dai film western, e di una scorta di Cheerios al miele, TS Spivet parte da uno sperduto ranch nel Montana e attraversa da solo gli Stati Uniti, per ritirare un premio assegnatogli da una storica e monumentale istituzione scientifica di Washington i cui membri non hanno idea della sua età, portandosi dietro l’angoscia repressa per la morte accidentale del fratellino avvenuta pochi mesi prima, e noi ci lasciamo guidare dal suo racconto in cui i flashback, le leggende dell’infanzia, e gli incontri e avvenimenti presenti, si sovrappongono in un’unica mappa, in uno stesso schema, senza oscurarsi a vicenda, ma acquistando profondità gli uni dagli altri. E’ uno di quei libri che dispiace finire, ma anche in questo è generoso, e ci lascia una seconda possibilità di lettura: TS ammette che dopo la morte del fratello ha inserito il suo nome in tutti i disegni che ha fatto, quindi arrivati all’ultima pagina si può tornare all’inizio e cercarlo nelle centinaia di illustrazioni a margine, gustando così la cura delle rifiniture che nell’ansia di leggere si erano viste solo di sfuggita.

Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST