Cerca tra i 5477 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

MELANCHOLIA

Di: Marcello Berlich | 23/11/2011
Ovvero: la fine del mondo secondo Lars Von Trier. Attenzione: non è un film di fantascienza, non è "2012"... alla fine a Von Trier della 'spettacolarita' interessa talmente poco che il finale ce lo fa vedere all'inizio.
Dopo una sequenza a cavallo tra 'balletto' cosmico e 'terreno', con l'alternanza tra la danza dei pianeti e quella, onirica, della protagonista Kirsten Dunst, siamo buttati a capofitto nella prima parte del film, intitolata 'Justine', nome del personaggio interpretato dalla stessa Dunst. Troviamo la suddetta il giorno del matrimonio, attesa al banchetto... Un ritardo dovuto a un incidente di percorso ci fa intuire il rapporto da sempre conflittuale con la sorella Claire, interpretata da Charlotte Gainsbourg: la prima apparentemente incurante di tutto, non solo nel giorno del matrimonio, la seconda organizzatrice, con la testa sulle spalle, accompagnata da un marito insofferente (Kiefer Sutherland)... Nel corso della serata capiremo molto del mondo delle sorelle: un padre assolutamente immaturo, che in età avanzata si accompagna a ragazze che potrebbero essere figlie sue (John Hurt), una madre acida e delusa dal matrimonio, che fa atto di presenza non risparmiandosi dallo spargere livore a destra e manca (Charlotte Ramplig), il capo della Dunst (Stellan Skarsgard), accompagnato dal nipote, lì per capire qualche segreto dalla stessa sposa, che fa la pubblicitaria ed ha improvvisi colpi di genio.
La sposa è infelice e capiamo che si è sposata 'tanto' per: mentre tutti festeggiano ha la bella idea di fare sesso col nipote del capo, per poi mandare a quel paese il capo stesso e l'intero matrimonio.
Si apre la seconda parte (intitolata 'Claire', come l'altr sorella): Justine attraversa una forte depressione (o forse finge) e viene invitata a casa dalla sorella per assistere con la di lei famiglia al passaggio di un enorme pianeta, battezzato Melancholia, vicinissimo alla Terra. Gli scienziati sono convinti che passerà senza fare danni, ma alcuni dissentono... A Sutherland, marito di Claire (la Gainsbroug) fa la parte del 'scientista', assolutamente fedele ai numeri e alla ragione; la Dunst, ripresasi, interpreta l'ineluttabilità, la certezza che tutto finirà male e, a latere, la convinzione che gli uomini sono soli nell'universo e moriranno tutti.
In mezzo Claire, divisa, che non sa più a cosa credere... tra le sorelle c'è il gelo, il personaggio della Dunst algido, quasi alienato dal resto del mondo da una consapevolezza che altri non anno; quello della Gainsbourg incerto tra affetto e aperto odio per la sorella. Troveranno alla fine un punto d'incontro nell'istinto di protezione per il figlio della stessa Claire, in un abbraccio finale prima della distruzione.
Ancora una volta di fronte a Von Trier si resta perplessi, più che in altre occasioni: non siamo di fronte alla assoluta mancanza di volontà di comunicazione di Terrence Malick e del suo "Albero della vita", ma insomma anche qui è difficile districarsi davanti a un'opera il cui autore nulla concede alla 'immediatezza', per dire ciò che vuole nel suo unico modo, noncurante della comprensione o meno dello spettatore... Tutto è lasciato all'empatia, o se volete alla libertà di ognuno di leggere e 'interpretare' in base alla propria sensibilità: il cinema come 'forma d'arte' e non di intrattenimento. Bellissime le immagini, intensa la colonna sonora (il preludio del "Tristano e Isotta" di Wagner), bella la fotografia, attori abbastanza in parte, per quanto, specie le protagoniste Dunst e Gainsbourg per quanto alle prese più del solito con un film il cui senso resta alla fine per buona parte nella testa del regista.
Non un film per tutte le occasioni, ma da vedere solo quando si ha tempo e voglia di 'cinema difficile'.

Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST