Cerca tra i 5479 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

LA VERITA’ INUTILE

Di: il Bisbigliatore | 10/10/2011
Il dolore ai fianchi non mi fa respirare. Sono qui da ore, ormai, costretto a rimanere seduto perché in piedi non credo che riuscirei a resistere per molto. Ripenso a ieri, mi sembra che sia passato un secolo…
Era una di quelle giornate nelle quali è piacevole andarsene in giro approfittando della libertà dal lavoro. Ogni anno la primavera fa brillare questa vecchia città donandole un’apparente rinnovata giovinezza. Per questo, pur dovendo consegnare alcuni documenti al commercialista, perdevo tempo a girovagare quà e là, intrufolandomi in librerie e negozi di dischi senza la necessità di dover comprare; semmai sospinto, al solito, dal desiderio di cercare. Perdo spesso la cognizione del tempo, se non ho obblighi particolari, mi sembra di vivere i momenti e le cose con maggiore intensità e profondità.
Era quasi l’una quando arrivai in piazza Ungheria, dove ha sede l’ufficio di colui che gestisce i miei miseri conti; eh eh eh, un morto di fame con il commercialista ai Parioli. E’ bizzarro, ma è solo il frutto di vecchie casualità. Misi lo scooter sul cavalletto, lo assicurai con la catena, presi la cartellina dei documenti dal bauletto e varcai il grande portone del nobile edificio.
Non vedendo il portiere che, in genere, mi guarda di traverso, procedetti spedito verso l’androne con l’intenzione di prendere l’ascensore situato al centro dell’enorme rampa delle scale. “Sale?”, mi fece una signora con la sua bambina mentre apriva la porta metallica del vecchio ascensore, uno di quelli con la cabina di legno inserita nella gabbia di ferro lavorato a grata, nei quali è ancora possibile trovare la gettoniera che un tempo obbligava chiunque volesse servisene a sborsare 5 o 10 lire. Qualche volta, forse vi sarà capitato, non si ha proprio voglia di rimanere chiusi con estranei in uno spazio di tre metri quadrati, sia pure per pochi secondi. “No”, dissi preso alla sprovvista mentre mi dirigevo verso le scale. “Vado solo al primo piano” precisai mentendo e cominciando a salire.
Fui preso dall’agitazione quando notai che l’ascensore si fermava proprio al primo piano. Ci stavo arrivando anch’io, ma dovevo proseguire fino al quarto. Mentre la signora e la bambina uscivano sul pianerottolo impacciate da borse, buste e pacchetti, improvvisai una sceneggiata sfogliando la cartella che avevo in mano e facendo finta di aver dimenticato qualcosa. Recitai sul serio, perfino imprecando, tornando allo scooter e fingendo di rovistare nel bauletto in cerca di quello che avevo già in mano.
Quando tornai nell’androne c'era silenzio e l’ascensore era libero; salii fino al quarto piano ed entrai nello studio del commercialista. Trovai gli uffici chiusi, provai a suonare più volte ma non ottenni risposta; ormai era l’una passata ed erano tutti in pausa pranzo, potevo solo attendere nella sala d’aspetto finché non fosse tornato qualcuno. Decisi di andarmene; non potendo nel pomeriggio sarei tornato un altro giorno.
Scendendo in ascensore, sentii un vociare concitato; una donna stava raccontando qualcosa ad un uomo: “…sa, uno di questi giovanotti; indossava dei jeans e un giubbotto. Aveva qualcosa in mano e si comportava in modo strano”. La signora del primo piano, evidentemente insospettita, aveva chiamato il portiere per raccontargli lo strano episodio. “Mi scusi se l’ho disturbata mentre era a pranzo” continuò la donna, “Ma si figuri, ha fatto benissimo; di questi tempi è meglio stare attenti a queste cose. Adesso farò un controllo”.
Arrivato al piano terra, incredulo e imbarazzato mi indirizzai verso le scale in preda all’impulso di mostrarmi per svelare l’equivoco, raccontando la verità su quel banale episodio. Ma mi bloccai. Mi venne da ridere e pensai che sarebbe stato divertente mantenere il mistero sulla vicenda. Mentre uscivo in strada immaginavo il portiere che chiedeva a tutti i condomini se avessero visto qualcuno aggirarsi nel palazzo con fare sospetto, l’ansia degli inquilini, le raccomandazioni sul fare attenzione. Ridevo come un matto, sullo scooter, mentre sfrecciavo tra le vie della vecchia metropoli ringiovanita, almeno un po’, dall’aria brillante della primavera.
…Mi hanno fermato oggi pomeriggio per un banale controllo in uno dei soliti posti di blocco sparsi nella città. Era tutto in regola ma mi hanno ugualmente intimato di seguirli. Mi hanno detto che il giorno prima qualcuno aveva rapinato un appartamento ai Parioli malmenando brutalmente la coppia di anziani che ci abita, che hanno l’identikit del presunto indiziato e che è tale e quale alla mia faccia.
Anche le braccia mi fanno male e la schiena, in vari punti; devo essere pieno di lividi.
Gli ho raccontato tutto infinite volte, ho detto per filo e per segno la verità, inutilmente; non mi credono, non ho un alibi e in quel palazzo c’ero davvero. La porta si apre, cazzo, eccoli che tornano. “Sono innocenteeeeeee…”

Il Bisbigliatore


Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST