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CORMAC MC CARTHY: LA STRADA

Di: Marcello Berlich | 21/09/2011
Un uomo e un bambino, sullo sfondo dell'Apocalisse. Di loro non ci viene detto nulla, o quasi: sappiamo che sono padre e figlio, sappiamo che quest'ultimo è nato quando la catastrofe (non specificata) è in corso, e che la madre non ha retto all'idea della fine di qualsiasi cività e prospettiva, finendo per suicidarsi.
I due attraversano l'America, in direzione sud, nella speranza di trovarvi un mondo migliore: percorrono un paesaggio sfigurato, in cui forma vivente, esseri umani a parte, sembra essere morta; in cui anche la stessa vegetazione sembra aver ceduto: un paesaggio dominato dal grigio della cenere che copre tutto, retaggio di immensi incendi che hanno percorso e ancora percorrono una terra ogni tanto squassata da un terremoto.
Un viaggio 'on the road' da incubo, in cui quasi ogni mera parvenza di umanità è scomparsa, cancellando ogni traccia di solidarietà e compassione e riducendo gli uomini alla loro essenza bestiale abbattendo ogni umano tabù, a partire dal cannibalismo... seguiamo i due nel loro viaggio e nei loro incontri, talvota a rischio della pelle, talvolta incrociando semplici relitti umani, in uno scenario in cui i protagonisti sembrano gli ultimi due depositari del retaggio della civiltà: loro che, portano il 'fuoco' (riuscire ad accendere un falò per scaldarsi o cuocere il poco che le rovine del mondo riescono a offrire appare la sola e unica necessità), loro che vivono la loro esistenza dell'unico e solo comandamento del 'non mangiare le persone'.
Il padre è drammaticamente tutto focalizzato nell'unico compito di preservare la vita del figlio, alle prese con le inquietudini e le incertezze che ogni ruolo paterno solleva, amplificate dalla situazione estrema; il figlio anch'esso pieno di domande su un mondo che non è quello in cui forse doveva crescere, anch'esso disorientato.
"La strada" ultimo libro di McCarthy, è dominato da un'essenzialità quasi lirica: lo scrittore lascia sostanzialmente al lettore il compito di farsi delle domande e porre delle risposte, non solo sugli elementi narrativamente assenti (a cominciare dal: cosa è successo al mondo), ma anche sull'ragione d'essere stessa del libro: non è un libro di fantascienza, non è un apologo morale, non è tante altre cose, e si fatica veramente a definirlo: forse, solo e soltanto la storia di un padre e di un figlio sullo sfondo dell'Apocalisse, che ha trovato, qualche anno fa, un'efficace trasposizione cinematografica per la regia di John Hillcoat, dominata da un'intensissima interpretazione di Viggo Mortensen.

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