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EMERALDS (Circolo degli Artisti 14/09/2011)

Di: il Bisbigliatore | 19/09/2011
"La sala è aperta ma il concerto inizia alle 22:15" mi fa il buttafuori davanti alla porta. "Beh, è solo tra un quarto d'ora" gli dico mentre entro. Il dolore alla schiena mi impedisce di restare fermo oppure di sedermi, così cammino di continuo, fermandomi solo per scattare qualche fotografia.
Non c'è anima viva, a parte il barman, i tecnici e un altro avventore impaziente. Gli stessi membri della band allestiscono, sul lato destro della sala, il tavolo con sopra i CD e gli LP da vendere. Mark McGuire, il giovanissimo chitarrista, scrive su un foglietto a quadretti i prezzi dei vari articoli, sottolineando che alcuni sono in tiratura limitata.
Mi sorprende notare che, quando il gruppo di Cleveland sale sul palco, il pubblico che ha preso posto nel locale sia costituito da un centinaio di persone al massimo. Sicuramente meno di quelli intervenuti all’Auditorium il 20 ottobre dello scorso anno, dove però i nostri dividevano la serata con ONEOHTRIX POINT NEVER. Allora fu un inizio al fulmicotone che obbligò senza mezzi termini i presenti ad entrare immediatamente nel climax iperdinamico caratteristico del loro suono.
Stavolta partono calmi e atmosferici. Sul palco, insieme al suddetto chitarrista, agiscono Steve Hauschildt e John Elliott i quali, attraverso l'interazione di tastiere, sintetizzatori e oscillatori, accumulano strati di materiale sonoro che, con il passare dei minuti, acquista densità e dinamicità.
Contrariamente a quanto accade nelle loro prove in studio nelle quali la musica, pur mantenendo intatte le proprie caratteristiche, dalle lunghe suite dei primi lavori è stata condensata in brani di lunghezza più contenuta nell'ultimo “Does it look like I’m here?” (da molti considerato il loro vertice creativo), dal vivo gli EMERALDS mollano gli ormeggi del Tempo lasciando che la miscela sonora generata dai due manipolatori di suoni sintetici cresca via via d’intensità fino a diventare un fiume in piena, ritmico, ossessivo, travolgente, che riempie l'intero spazio circostante mentre la chitarra emerge pian piano dagli abissi come una luce purissima destinata a guidare l’ascoltatore dentro profondità cosmiche.
I loro detrattori sostengono che il terzetto americano non abbia inventato nulla di nuovo e, di certo, le influenze e le citazioni si sentono eccome. Tuttavia la commistione tra le fughe spaziali dei corrieri cosmici tedeschi a la TANGERINE DREAM e ASH RA TEMPEL (formazioni anch’esse, curiosamente, costituite da un trio) e il minimalismo dei grandi pionieri americani (TERRY RILEY in particolare), genera una sintesi tra ambient e psichedelia che, grazie alle massicce infiltrazioni di melodia e all’azione ipnotica della ripetitività, sfocia in crescendo assolutamente emozionanti. Almeno nella dimensione live della loro arte.
Peccato che l’intera performance (durante la quale mi accorgo di aver dimenticato il dolore fisico iniziale) duri soltanto un’ora. Troppo poco per un viaggio intergalattico completo (e per curare il mal di schiena).

IL BISBIGLIATORE


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