I RAGAZZI STANNO BENE
Per quello che ricordo, solo uno tra i tanti compagni incontrati fra i banchi delle scuole elementari, delle medie o delle superiori aveva i genitori separati. Tutti gli altri vivevano all’interno di un nucleo familiare classico e, almeno apparentemente, solido. Succedeva negli anni ’70 del secolo scorso (forse farei meglio a dire un secolo fa). Negli anni ’90, viceversa, molti dei bambini ai quali insegnavo nuoto erano figli di genitori quantomeno separati e per loro il concetto di famiglia classica probabilmente significava poco o nulla. Esempi di "normalità " familiare a vent’anni di distanza.
Tra i film interessanti usciti negli ultimi mesi,
I RAGAZZI STANNO BENE racconta le vicende di una tranquilla ed equilibrata famiglia della provincia americana dei nostri tempi, alle prese con problemi grandi e piccoli, delusioni, gioie, amarezze, quel genere di cose con le quali tutti noi abbiamo quotidianamente a che fare. La particolarità , in questo caso, sta nel fatto che i genitori del nucleo familiare in questione sono due donne. Raggiunta la maggiore età , la più grande dei due figli della coppia, spronata dal fratello minore, decide di informarsi sull’identità del loro padre biologico e di soddisfare l’insaziabile curiosità di conoscerne l’aspetto fisico, di sapere chi è e cosa fa nella vita. Succede che il tizio si rivela irresistibilmente affascinante, stimolando l’interesse dei due ragazzi i quali, dopo averlo frequentato, decidono di presentarlo in famiglia costringendo le due mamme ad aprire le porte del loro mondo esclusivo al nuovo venuto. Con effetti a dir poco destabilizzanti.
Traendo ispirazione da reali vicende personali (l’omosessualità , la convivenza con la musicista Wendy Melvoin e un figlio concepito mediante inseminazione artificiale) e usando gli strumenti della commedia la cineasta californiana Lisa Cholodenko inverte la prospettiva, rappresentando la "normalità " nella vita e nelle relazioni all’interno di un gruppo familiare tutt’altro che classico ma che, comunque, appare solido nei ruoli e negli affetti. Forte di un cast azzeccato, con Annette Bening nella parte della mamma "virile", sicura e determinata, Julianne Moore in quella della mamma dolce, fragile, bisognosa dell’altrui fiducia e in cerca della propria identità e Mark Ruffalo ignaro padre biologico, simpatico donnaiolo, spirito libero e un po’ filosofo che scopre, suo malgrado, il piacere di sentirsi finalmente parte di una famiglia e il dolore per esserne rifiutato, il film esalta la "normalità " dell’amore che emerge su tutto il resto e, non senza incertezze e difficoltà , domina l’intera vicenda. Un piccolo inno all’anarchia dei sentimenti, all’impossibilità di incasellarli, di sottometterli a regole, convenzioni, ipocrisie e strumentalizzazioni con le quali istituzioni e politica cercano di domarli, sfruttandoli per cavalcare battaglie civili socialmente nobili ma, spesso, lontane dalle emozioni delle persone. Un suggerimento, sottovoce, a vivere assecondando la propria "normalità ".
IL BISBIGLIATORE