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SCERIFFO ADDIO. BOCCIATO IL PACCHETTO SICUREZZA

Di: Gianluca Cicinelli | 11/04/2011
Altolà della Corte Costituzionale ai "sindaci-sceriffi", o meglio agli ampli poteri che le norme sul pacchetto sicurezza del 2008 avevano conferito loro consentendo ai primi cittadini di adottare ordinanze anti-lucciole o anti-accattonaggio in diversi comuni d'Italia. La decisione della Consulta fa insorgere il Pdl e Lega, che giudicano inaccettabile l'ennesima picconatura dei giudici dell'Alta Corte al pacchetto sicurezza.
In effetti la sentenza n. 115 firmata dal presidente uscente Ugo De Siervo non è l'unica bocciatura dei giudici delle leggi alle norme volute dal governo Berlusconi sulla sicurezza: lo scorso anno la Consulta ha dichiarato illegittime sia l'aggravante di clandestinità per chi commette reato, sia la sanzione penale per coloro che trovandosi in stato di estrema indigenza non possono obbedire all'ordine di allontanamento dall'Italia. Dell'ultima picconata del giudice delle leggi non si stupisce l'Associazione nazionale comuni (Anci) che, come ha ricordato il presidente Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, aveva messo in guardia sull'ampliamento dei poteri di ordinanza dei sindaci senza che questi fossero disciplinati in un quadro organico sulla sicurezza urbana.
Infatti la Consulta ha bocciato la norma nella parte in cui non limita le ordinanze dei sindaci ai casi contingibili e urgenti ma le estende fino a violare gli articoli 3, 23 e 97 della Costituzione, vale a dire il principio di eguaglianza dei cittadini, la riserva di legge, il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative.
L'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge è stata lesa perchè, si legge nella sentenza scritta dal giudice Gaetano Silvestri, "gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci". In questi casi non si tratta di "adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali", bensì di "vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa".
Ad aggiungere illegalità, secondo la Corte, è un'altra importante violazione: la mancanza di una "matrice legislativa unitaria", in quanto le ordinanze dei "sindaci-sceriffì" vanno ad incidere "sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni". Ma viene anche ricordato che "nessuna prestazione, personale o patrimoniale, può essere imposta, se non in base alla legge", così come previsto dall'art. 23 della Costituzione. Così come, aggiunge la Consulta la cosiddetta "riserva di legge relativa" è stata violata sotto il profilo dell'imparzialità della pubblica amministrazione.
La sentenza è stata accolta con entusiasmo dall'associazione 'Razzismo Stop' che aveva impugnato l'ordinanza anti-accattonaggio del sindaco di Selvazzano dinanzi al Tar del Veneto, a sua volta rivoltosi alla Consulta, il casus belli da cui è scaturita questa importante sentenza.
Stavolta ci siamo tenuti bassi, senza voli pindarici, e dentro l'applicazione della legge e della Costituzione senza nominare mai motivi politici che hanno dato vita a un provvedimento più volte accostato a infauste legislazioni in vigore nel nostro paese prima della seconda guerra mondiale. Per dimostrare che anche nel peggior punto di crisi di questo paese esistono delle leggi in grado di regolare democraticamente la vita di tutti i cittadini. Resta da chiedersi perchè tali provvedimenti, dichiarati illegali, siano stati adottati anche da amministrazioni di centrosinistra.

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