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LO STRAVAGANTE MONDO DI GREENBERG

Di: Marcello Berlich | 13/04/2011
Reduce da un ospedale psichiatrico, Roger Greenberg cerca di tornare faticosamente alla realtà quotidiana, recuperando rapporti di amicizia e cercando di avviare una nuova relazione sentimentale. "Greenberg" (come al solito il titolo italiano è del tutto inadatto e in buona misura fuorviante) si inserisce nel classico filone americano dei film su quei (mi si perdoni il termine) 'matti' che, avendo una visione del mondo più o meno laterale rispetto alla 'gente comune' riescono magari a vivere il mondo con un rapporto diverso e - anche se solo in apparenza - più 'sereno' rispetto alla 'gente normale'. La storia ce la racconata stavolta tale Noah Baumback, spalleggiato da Jennifer Jason Leigh che ha collaborato al film in sede di scrittura e produzione oltre che prestandosi in uno dei ruoli di contorno, peraltro lontani dalla cupezza che spesso ne ha caratterizzato le interpretazioni. Il ruolo del protagonista se lo assume invece Ben Stiller, che ormai superata da tempo la quarantina, non può più essere etichettato come un 'giovane' (marchio che invece continua ad essergli appiccicato) e che probabilmente ha visto in questo film l'occasione di dare un saggio delle proprie capacità, di compiere il 'salto' verso una maggiore 'considerazione': insomma per dirla in poche parole, probabilmente per Stiller il ruolo di Greenberg avrebbe dovuto avere un pò lo stesso valore avuto per il 'Rain Man' di Hoffmann o il Forrest Gump di Hanks. Siamo, tuttavia, molto lontani da quegli esempi: innanzitutto perché Baumback non è né Zemeckis né Spielberg, e si vede: il film procede sconnesso, senza una direzione precisa, seguendo le vicende del protagonista e la sua difficoltà nel gestire le relazioni in modo spesso inefficace, con scene che non riescono a trovar una vera conclusione, né una funzione definita ai fini della storia. Baumback appare voler voluto evitare sia di scadere nella farsa, che all'opposto di sfociare nel dramma, tuttavia tutto ciò si è tradotto in un film incerto, nel quale nemmeno il protagonista ha finito per essere compiutamente definito. Troppi silenzi, troppi primi piani, dialoghi 'definitivi' che alla fine risultano poco incisivi, affidati a uno Stiller che non riesce a convincere fino in fondo nè per espressività, né per verve interpretativa. I caratteri di contorno sono disegnati in maniera fin troppo banale, a partire da quello di Florence, partner sentimentale del film, interpretata da Greta Gerwig, la classica ragazza dalle vicende amorose travagliate, che nella più trita riproposizione del complesso della samaritana / madre che si invaghisce dello 'stramboide' di turno. Allora? Tutto da buttare? Probabilmente no, ma era una questione di aspettative: il trailer in effetti faceva immaginare un film con tutt'altro brio: certo c'è qualche gag di fronte alla quale si ride di gusto, ma il fatto che il pedale della comicità non sia stato premuto fino in fondo al fine di ottenere un risultato agrodolce alla fine forse ha nuociuto a quella che poteva essere una ben più divertente commediola, e non è detto che all'opposto un film più buttato sul dramma non sarebbe stato più efficace, Nota di merito invece per la colonna sonora in gran parte opera di Jems Murphy degli LCD Soundsystem.

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