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CONTARE E CONSUMARE. L'unico esercizio di democrazia reale.

Di: Gianluca Cicinelli | 28/03/2011
Il disagio che provo come essere umano in questi giorni è che non conto niente. Sul petrolio, sull'acqua, sulla terra, sull'aria e sul fuoco la mia opinione viene registrata in un simulacro di democrazia senza conseguenze per gli assetti del mondo. Mi ricordo sempre nei ragionamenti di essere un seimiliardesimo di essere umano, ma contesto un'organizzazione sociale dove quel dato rimane statistico e senza veder rispettato il diritto di formare le decisioni per quel seimiliardesimo che mi compete. La democrazia non è la semplice possibilità di veder rispettato un diritto ma la sua piena applicazione nella routine quotidiana.
Eppure, esattamente come cinquanta anni fa i neri americani, dobbiamo marciare ancora oggi per veder rispettati i principi minimi della democrazia. Il movimento capeggiato da Martin Luther King negli Stati Uniti uniti di John Kennedy pretendeva che il diritto di voto per tutti oltre a essere scritto nella costituzione fosse applicato nei seggi elettorali, che fosse impegno di tutti rendere illegale il divieto di accesso, nei bar come nelle stanze dei bottoni, per qualsiasi categoria sociale o etnica. Noi oggi in Italia e nel mondo ci ritroviamo in una situazione analoga ma all'orizzonte non ci sono nè Luther King nè Kennedy.
Noi siamo i neri d'america del terzo millennio, per vedere applicate le norme democratiche, una giustizia uguale per tutti, il diritto al lavoro, che l'acqua sia pubblica, scelte per l'energia che non comportino massacri tramite guerre nè pericoli nucleari, per vedere rispettata la nostra volontà di cittadini maturata tramite strumenti di civiltà dobbiamo elemosinare come mendicanti l'applicazione delle più elementari norme del diritto. Norme che puniscono i lavoratori dell'Eutelia, condannati a tre anni di carcere per aver occupata, peraltro senza danneggiarla, la fabbrica da cui non ricevevano stipendio da quasi un anno, ma non si applicano all'aministratore delegato di Eutelia che sverna beato nel Dubai con i soldi che si è tenuto, inseguito da un mandato di cattura che non verrà mai eseguito.
Ciò che divise a un certo punto i neri d'america fu la prospettiva dei tempi per realizzare il programma di libertà. Un'ala radicale che voleva immediato riconoscimento si radunò intorno al movimento per cui transitò MalcoM X e la parte pacifista si concentrò su Luther King. Finiti comunque ammazzati entrambi, quasi una beffa ulteriore per il movimento, la risposta reazionaria più profonda che o con le armi o con la nonviolenza il sistema ti schiaccia come una pulce fastidiosa.
Questa spinta al radicalismo che contraddistingue la politica culturale del centrodestra, l'attacco alle più elementari regole democratiche e sociali, costringe sempre più persone verso uno stato d'insoddisfazione permanente a cui non danno risposta i partiti che si richiamano ancora alla sinistra, almeno nei nomi.Perchè nemmeno nei luoghi della sinistra si ritrovano collanti che permettano di tener conto della gravità della situazione.
La bella manifestazione di sabato, l'ennesima marcia di noi neri americani per il diritto essenziale a un elemento naturale, l'acqua, a cui si è aggiunta la rivendicazione del più elementare dei princìpi, la vita, contro la guerra e il nucleare, portatrici di morte in ogni loro apparizione. Abbiamo sfilato per ribadire che siamo vivi, non stiamo tanto bene e vorremmo continuare perlomeno a lamentarci. Niente di più, ma con tanta più stanchezza, cinismo, ricerca di soluzioni sempre più individuali per far fronte alle necessità, coscienti che forse tutto questo non basta più da solo a far mutare l'opinione pubblica.
La mia paura è che qualcuno soffierà, alla fine dei giochi, sull'estremismo a cui stanno portando ampie fette di ceti sociali le condizioni di vita sempre più al di sotto della soglia di sussistenza. Se aspettiamo, come ci aveva abituato il novecento, che saranno i partiti della sinistra a farsi carico di questa crisi sociale senza precedenti possiamo anche rassegnarci, sono anni che sotto i nostri occhi pietosi si svolgono fraticidi e autolesionismi dettati da esigenze di conservazione del ceto politico altrettanto staccate dalle esigenze reali del paese di quelle del centrodestra.
L'unica soluzione che intravedo, ma è solo ai nastri di partenza dell'età che viviamo e troppo cammino dovrà ancora fare, è una radicale modifica dei nostri comportamenti, a cominciare dall'uso della macchina, rinunciandoci. Se vogliamo incidere sul mercato, vedendoci riconosciuti un peso da soggetto politico e quindi contare nella società dove conta solo il mercato, dobbiamo unirci in qualità di consumatori, ma non come quelle associazioni, alcune sgangherate, che monopolizzano per piccole lobbies il mercato dei risarcimenti in tribunali avviato privatamente con lo stato. Quelle associazioni, una si è presentata addirittura alle elezioni politiche, sono piccoli centri di potere che non rappresentano certo i consumatori italiani. Quello che io invece intendo è un deliberato comportamento dei consumatori sui prodotti. Può accadere, in questo mondo globalizzato, che il produttore delle mele che mangio sia lo stesso padrone della fabbrica di mobili dove lavoro e non mi paga gli straordinari. In quei casi si può, garantiti dall'anonimato, fare pressione politica non acquistando più dei prodotti.
Gruppi che alimentino questo tipo di comportamenti di consumo libero e responsabile in Italia non sono ancora molto conosciuti ma in capo a una decina d'anni troveranno territorio. Proposte come quelle di ritirare di colpo tutti i soldi da una determinata banca trovano più reazionari i consumatori, incoscienti della loro forza, che i banchieri, consapevoli delle conseguenze devastanti che avrebbe un'azione di questo tipo. La più devastante delle quali sarebbe proprio quella di essere costretti tutti, banche, produttori, petrolieri, ad ascoltarci, a darci retta, a tenere conto del fatto che non possiamo più essere confinati nei ghetti come i neri americani degli anni sessanta, li metterebbe di fronte all'unico interlocutore che è in grado di fermare guerre e distruzioni: l'incubo di non trarre più ricchi profitti. Perchè quella del profitto è l'unica lingua che parlano.

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