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UNA LIBERTA' CHIAMATA PETROLIO. La guerra alla Libia

Di: Gianluca Cicinelli | 21/03/2011
L’inganno più atroce inventato dai governi ai danni dei popoli, la guerra contrabbandata per missione umanitaria o di pace si sta riproponendo in Libia sotto gli occhi del mondo.
Nel nostro paese i raid hanno trovato l’accettazione opportunista di un fronte che va da Vendola, il più ipocrita, a Casini, ovvero l’intero dell’arco di partiti che si oppone al governo Berlusconi in parlamento.
Le righe che seguono esprimono riflessioni personali e non esprimono la posizione di questo blog dove ognuno è libero di pensarla come vuole.
I bombardamenti sono palesemente contro la popolazione civile, perché le bombe saranno intelligenti ma non distinguono un libico buono da un libico cattivo, e sono stati commissionati ai rispettivi governi dalle compagnie petrolifere francesi Elf e Total, dall’ inglese BP e da quelle statunitensi Chevron ed Exxon Mobil per sottrarre al sanguinario dittatore Gheddafi il controllo della National Oil Corporation Lybia.
Della libertà dei libici non importa nulla a nessuno, altrimenti gli occidentali sarebbero intervenuti ben prima della strage di migliaia di persone che il colonnello ha ordinato e i suoi complici hanno già eseguito contro gli oppositori del regime. I governi occidentali sono rimasti a guardare perchè l’eliminazione di una controparte con cui trattare una volta deposto il ducetto libico rende più semplici i loro piani per assumere il controllo dell’estrazione ed erogazione di petrolio e gas nell’ex colonia italiana.
Se ci fossero dubbi sul fatto che i cacciabombardieri in azione abbiano da subito violato la risoluzione Onu che autorizza l'operazione Odissea all'alba con cui la Nato sta attaccando la Libia questi dubbi sono cancellati dallo scontro interno alla coalizione internazionale, dove si sono formati due partiti: da una parte la Lega araba che sostiene un'interpretazione "limited" della risoluzione Onu e vuole circoscrivere l'azione alla no fly zone ma esclude la legittimità di raid, dall'altra la Gran Bretagna che spinge per un'interpretazione estensiva, mentre la Francia pone il problema del comando militare.
I minuti, le ore, i giorni che Gheddafi riesce a far passare rimanendo al comando costituiscono il più grosso bottino su cui il Rais possa sperare, più a lungo sopravvive e più ingestibile diventa la presenza degli eserciti stranieri in una terra che se fin qua non ha dato asilo ai gruppi del terrorismo d’ispirazione integralista adesso potrebbe aprire le sue porte ai gruppi anti occidentali che a loro volta non hanno certo a cuore la libertà del popolo libico ma la possibilità di un’ulteriore campo d’azione, di un proselitismo tra i cittadini delusi da Gheddafi e inferociti contro l’aggressione della Nato.
Brilla in questa situazione di guerra che coinvolge l’Italia militarmente oltre che politicamente, anzi già ci sono prigionieri italiani in mano libica, l’appiattimento di ciò che resta del centrosinistra sulle posizioni di un Berlusconi lasciato solo persino dal suo alleato più fedele, la Lega di Bossi, che ha capito come le guerre si trasformano sempre in boomerang per i governi che le promuovono.
Spicca per ipocrisia la posizione di Vendola, l’ex aspirante candidato a premier di Sel, che dici si all’Onu ma non all’opzione militare dopo che l’onu ha di fatto legittimato la spedizione dei cacciabombardieri della Nato. Nessuno stupore invece per l’assenso dato dal Pd alle operazioni miliutari, in fondo la prima “ingerenza umanitaria” italiana, la guerra contro la Serbia del 1999, si consumò sotto la presidenza del consiglio di D’Alema. Anche in quella occasione per “proteggere” i civili in Kossovo la santa alleanza decise di bombardare i civili di Belgrado, con il risultato che dodici anni dopo le tensioni in Kossovo sono riesplose e il problema si ripropone in tutta la sua drammaticità. Con la differenza che i media internazionali non danno molta visibilità a regioni del mondo dove non sono nascoste risorse preziose come gas o petrolio.
Questa nuova guerra ripropone il fallimento dell’Onu come strumento a garanzia dei popoli immaginato al termine della seconda guerra mondiale. L’unica via di uscita per il futuro è la costituzione una volta per tutte di un’Onu dei popoli che riconosca non solo le singoli nazioni ma tutte le organizzazioni che in quelle singole nazioni si battono per la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Se questa fosse la stata la preoccupazione vera dei delegati al governo mondiale dalle compagnie petrolifere oggi la “liberazione” della Libia non consisterebbe nel semplice conto dei morti che avremo provocato alla fine di questa sciagurata aggressione contro la Libia
Ad aggiungere sospetti alla situazione è la tempistica di questa guerra, che giunge dopo la risoluzione semi pacifica delle “rivoluzioni” avviate in Tunisia ed Egitto. E’ oggi evidente che quelle mobilitazioni sono state orchestrate con abile regia dal sistema mediatico mondiale per far credere che fosse possibile rovesciare gli equilibri in Africa e Medioriente senza fare i conti con l’estremismo integralista islamico. Oggi, con Gheddafi al posto di Saddam e la Libia al posto dell’Iraq, stiamo assistendo, sicuri di essere facili profeti di sciagura, all’acuirsi di un conflitto tra mondo islamico e mondo occidentale non ideologico ma motivato dal controllo delle risorse petrolifere.
L’Italia ne è complice, il centrosinistra ne è coscientemente colpevole. Io personalmente non voterò alle prossime elezioni nessuno dei partiti che hanno avallato la guerra contro la Libia. E vi invito a fare altrettanto per dare un segnale di pace forte, quello che non prevede l’uso di bombe contro la popolazione civile.

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