Cerca tra i 5478 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

IL GIOIELLINO

Di: Marcello Berlich | 09/03/2011
"Se i soldi non ci sono, ce li inventiamo".
La vicenda ripercorsa, è noto, è quella della Parmalat, dalle 'stelle' della ribalta internazionale alle 'stalle' del crack finanziario. I nomi sono cambiati, l'azienda diventa la Leda, Tanzi - Rastelli (Remo Girone), Tonna - Botta (Toni Servillo); cambia anche l'ambientazione, spostata in Piemonte.
Gli avvenimenti sono seguiti fedelmente, trai pregi del film c'è senz'altro quello di ricostruire le atmosfere e il 'mondo' di guella 'megaditta': vengono riprodotte non solo le catene di produzione, ma anche il 'packaging' dei prodotti fino ai finti spot, ma l'elemento forse più gustoso è anche la ripresa dell'aspetto calcistico, con tanto di cameo 'vocale' di Bruno Pizzul come commentatore di una telecronaca fittizia.
I personaggi li 'scopriamo' in parallelo al precipitare degli eventi: Tanzi - Rastelli da 'patriarca' ed esponente di quel 'capitalismo familiare' che ha fatto l'economia italiana degli anni '80 si trasforma in un personaggio succube del proprio 'gioellino' e che pur di tenerselo stretto tra le mani cede ad ogni soluzione, anche quella più oscura e a sconfinare nell'illegalità.
Da parte sua invece Tonna - Botta è il prototipo dell'uomo che ha sacrificato la vita sull'altare del 'lavoro' e che quindi si ritrova a dover scegliere la medesima strada pur di non perderlo e di non dover quindi cedere davanti ai propri fallimenti, anche e soprattutto sentimentali: Botta è un uomo che vive solo, che trova come unico piacere della giornata il gusto di un buon bicchiere di vino e che nonostante si scopra anche in grado di cedere ai sentimenti, rappresentati dalla nipote dell'industriale (anch'essa a rappresentare un 'prototipo': quello della 'nuova generazione', fatta di rampolli che 'hanno studiato', vivendo sempre nel benessere e che per conservarlo sono forse disposti a fare anche di peggio rispetto ai loro padri), non pensa due volte a preferire al 'cuore' le ragioni del 'lavoro'.
In questa galleria di personaggi che, ognuno mosso dalle proprie motivazioni, ben consapevoli delle conseguenze dei loro atti, finiscono per non curarsene, si salva solo la figura di un dirigente che alla fine cederà al rimorso suicidandosi (anch'esso ritagliato su un personaggio realmente esistito dall'identico destino: Alessandro Bassi).
E'un film che lascia naturalmente l'amaro in bocca, ma non quel 'rodimento' che si potrebbe immaginare: i protagonisti più che biechi personaggi disposti a truffare gli ignari risparmiatori per riempirsi le tasche, sembrano mossi da ragioni più complesse, certo sicuramente non 'alte' (e non si pensi comunque che il film sia assolutorio nei loro confronti), ma in fondo l'amarezza sta proprio nel fatto che in fondo le loro motivazioni possano apparire (pur se solo in parte) comprensibili: insomma, lo spettatore finisce per non poter affermare con sicurezza che al loro posto si sarebbe comportato diversamente...
Gli interpreti dei due personaggi principali rispettano le aspettative: Toni Servillo ormai ci abituato fin troppo bene, e anche in questo caso dà vita, nei suoi soliti modi basati più sulla mimica che non sulle parole, a un personaggio a suo modo travagliato; Remo Girone, pur con qualche 'legnosità' di troppo, è efficace nel ruolo dell'industriale di 'vecchia scuola' che non riesce ad arrendersi alla realtà dei tempi che cambiano. Tuttavia nel cast, oltre a Fausto Maria Sciarappa nel ruolo del giovane dirigente 'pentito', si fa apprezzare soprattutto l'interpretazione di Sarah Felberbaum in quello della giovane 'erede' sospesa tra sentimenti e arrivismo: la Felberbaum, che ricordiamo come conduttrice televisiva e per un pugno di interpretazioni (a dire il vero, ben poco memorabili...) cinematografiche e in fiction televisive, mostra che mettendocisi di impegno ha anche qualche discreta carta da giocare.
Andrea Molaioli (qui al secondo lungometraggio, dopo l'altrettanto riuscito "La ragazza del lago") riesce a maneggiare egregiamente una materia difficile come può esserlo una storia incentrata sull'alta finanza, accompagnando lo spettatore e spiegandogli con efficace sintesi l'essenziale per comprendere certe dinamiche, concedendosi anche qualche 'citazione' (nel personaggio di un banchiere è difficile non vedere Geronzi) e anche lo sfizio di citare, pur se non esplicitamente, Silvio Berlusconi, allorché Rastelli - Tanzi e figlio fanno un'anticamera interminabile prima di incontrarlo nello studio della sua villa, in una biblioteca di libri finti, mentre il padre ricorda al figlio di ridere alle barzellette del Presidente del Consiglio... Un 'giochino' forse evitabile, ma comunque ispirato da un fatto realmente accaduto, che nulla toglie alla validità di un film godibilissimo.

Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST