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MATTI SI SCEMI NO. Neuropsichiatria infantile dopo Bollea

Di: Gianluca Cicinelli | 14/02/2011
Avete fatto caso che molti strizzacervelli muoiono intorno ai cento anni? Forse sarà il caso di scoprire un giorno se una mente esercitata a scandagliare altre menti trovi alla fine una formula per alleviare almeno la propria di esistenza, ma nel caso di Giovanni Bollea, considerato il padre della neuropsichiatria infantile in Italia e precursore oltre che innovatore di tale branca medica, possiamo dire che di vite ne ha alleviate parecchie. La sua scomparsa avviene mentre anche la sua creatura più importante, l'Istituto di Neurospichiatria Infantile di Via dei Sabelli, fondamentale punto di riferimento per tutti quei bimbi maltrattati o semplicemente in difficoltà, oltre che per le loro famiglie, rischia di morire. Non per cause naturali come Bollea, ma per mano dell'ignoranza sociale e politica di chi valuta i bilanci sanitari in chiave di euro e non di salute pubblica, come sta facendo il governo di Renata Polverini nel Lazio.
Ma andiamo per gradi e raccontiamo prima dell'importanza di Bollea, anzi, occorre il giusto rispetto, del professor Bollea, per la psichiatria italiana e non solo, nei suoi 98 anni di vita. Una sensibilità particolare lo caratterizzava, nell’approccio all‘infanzia, che chi lo ha conosciuto ricorda nella dolcezza del tono della sua voce, mentre gli altri possono riconoscere nei numerosi libri che Bollea ha pubblicato. Uno fra tutti, "Le madri non sbagliano mai", un vademecum importante per chi si trova a fare il genitore. Con pacatezza e semplicità, in questo testo il neuropsichiatra si rivolge a loro, madri e padri, spiegando a volte anche con ironia quali sono le regole fondamentali del "mestiere" della genitorialità: l’amore, l’ascolto, il dialogo e soprattutto l’esempio quotidiano.
Prima di Bollea la parola neuropsichiatria infantile si può dire che non esistesse, in pochi cominciarono a mettere al centro della ricerca il mondo dei bambini. Così Bollea in un'intervista del 2005: "Ero già un uomo maturo. Un giorno andai a visitare un istituto, a Milano. Entrai nel reparto dove erano ricoverati i ritardati mentali più gravi. Sentii subito quell'odore particolare, strano. Odore di sudore, di farmaci e di orina. Come un lampo mi venne im mente che lo stesso odore lo avevo sentito tanto, tanto tempo prima. Un episodio che non era uscito nemmeno nella mia analisi personale. Avevo otto anni, a Torino. La scuola aveva organizzato una visita al Cottolengo. Giravamo per i padiglioni accompagnati dalle suore. Arrivammo dove erano ricoverati quelli che venivano considerati irrecuperabili, poveri esseri che guardavano i visitatori con la bava alla bocca e gli occhi stanchi. La suora disse: questi sono coloro che Gesù farà entrare per primi in paradiso. Io sentii qualcosa che scattava dentro di me, un fulmine. Alzai la testa e chiesi: perché non li guarite? Ecco, quel piccolo alunno delle elementari si ribellava, rifiutava la rassegnazione. Lo faccio ancora. Lì, credo, nacque il neuropsichiatra infantile che ha dedicato il 70 per cento del lavoro della sua vita ai minori disabili". Bollea fondò e diresse poi all'Università di Roma il primo istituto di neuropsichiatria infantile, quello di via dei Sabelli, ed era, nel suo ultimo periodo di vita, molto preoccupato che venisse addirittura soppresso l'istituto, in nome, oltre che del «risparmio di risorse», di una generica pediatria, che contrastava con la sua profonda convinzione che ogni sofferenza psichica--specie nei bambini e negli adolescenti--non fosse mai riducibile a puri fattori organici.
Con la morte di Bollea rischia di andare perduta l'eredità più preziosa che ci ha lasciato. Non vi annoieremo con i dati che dimostrano l'utilità del complesso di neuropsichiatria infantile di Roma. Dovremmo darvi gli indirizzi delle centinaia di famiglie che dopo essersi viste chiuse tutte le porte dell'assistenza in faccia hanno trovato respiro grazie alla struttura di via dei Sabelli a Roma. A parole la Regione si è impegnata a rivedere, anzi a cancellare i tagli previsti, ma alle dichiarazioni non sono fino a questo momento seguiti i fatti. In mezzo a questa trappola oltre agli utenti e alle loro famiglie ci sono gli operatori, che al contrario chiedono un potenziamento delle risorse a fronte del crescente ricorso al contatto con l'Istituto da parte di minori e nuclei familiari, dimostrato da liste di attesa che arrivano fino a 4 mesi. Speriamo che per una volta prevalga il buonsenso comune, quello per cui Giovanni Bollea ha lavorato un'intera vita senza grossa pubblicità e per il quale dobbiamo essergli riconoscenti.

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