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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. INGIUSTIZIA PER TUTTI

Di: Gianluca Cicinelli | 07/02/2011
La domanda vera che tutti si pongono è come faccia il culo flaccido più famoso d'Italia a convincere gli italiani di essere un perseguitato dalla magistratura. Su questo punto a sinistra c'è un'ipocrisia che dimostra quanto siano slegati dalla vita reale dei cittadini anche gli esponenti dell'opposizione. Volevo riprendere i consueti commenti brillanti, il vostro blogger scrivente vi chiede scusa, ma sono diverse settimane che proprio non ci riesco a divertirmi, per la prima volta mi sento sopraffatto dal fango che sporca tutto e per respirare ho imparato che bisogna provare a ragionare, altrimenti si soccombe. Le storie che vi racconterò non me le hanno raccontate, le ho vissute di persona in giro per tribunali italiani, sia nella veste di cronista di giudiziaria che in quella molto più fastidiosa d'imputato, purtroppo solo per reati d'opinione, nonostante veda già l'abigeato nel mio futuro (temo però che lo abbiano depenalizzato!).
Il punto fondamentale è che chiunque abbia avuto a che fare con la giustizia italiana si lascia facilmente convincere dalle parole false del premier. Non parlerò di errori giudiziari, ma della semplice routine della giustizia italiana.
La giornata tipo di un tribunale vede tutti convocati alle 9,30, ma quando arrivi scopri che ci sono almeno una quindicina di processi in quella stessa giornata, quindi l'ordine viene sancito da: a) processi con imputati reclusi precedenza assoluta; b) problemi d'incastro degli avvocati difensori con altri processi; c) gravità del reato. Se quindi sei imputato per un reato che non prevede l'arresto e non è contro il patrimonio, il tuo processo sarà l'ultimo, intorno alle 15 se ti va bene. Per questo motivo ti fai un giretto per le varie aule e inizi a comprendere che i tuoi ideali di giustizia fanno a cazzotti con l'applicazione della giustizia.
Due esempi. Per detenuti stranieri è necessario un traduttore che consenta all'imputato l'applicazione del diritto alla difesa. Naturalmente sono rari perchè non ci sono i fondi per pagarli, per questo il presidente rivolge all'imputato una semplice domanda: lei comprende l'italiano? Così l'imputato risponde, come risponderebbe al barista che sì, comprende l'italiano, anche se quel "poghino" che aggiunge fanno tutti finta di non sentirlo perchè significherebbe rimandare l'udienza. Fu così per caso che davanti ai miei occhi un tunisino, accusato di aver spacciato eroina, grazie a un avvocato d'ufficio per fortuna particolarmente sveglio, venne assolto perchè il suo difensore dimostrò, pochi secondi prima che il presidente pronunciasse la condanna dopo cinque minuti cinque di camera di consiglio, che le analisi di laboratorio, non esibite dal pubblico ministero, avevano appurato che la sostanza sequestrata era zucchero e non eroina. Imputato scarcerato e felice ma senza che avesse capito assolutamente nulla di quel che era accaduto. Secondo esempio, processo per ingente quantitativo di droga, due imputati, uno è collaboratore di giustizia e l'altro, aquila tatuata a tutta schiena, siamo in estate, è l'incallito e cattivissimo accusato. Pm e presidente si presentano trafelati in aula alle 11 circa, un'ora e trenta di ritardo che si riverseranno su tutti gli altri processi, perchè entrambi non dovevano essere lì quel giorno, stanno sostituendo colleghi malati. Quindi, ed è questo che è grave, non conoscono bene gli atti dei vari procedimenti e li leggono in fretta mentre questi si svolgono. Ed ecco che il Pm nel richiedere le condanne si sbaglia, inverte i cognomi e richiede una pena pesantissima per il pentito e la quasi libertà per il cattivone che deteneva una quintalata di droga in casa. Per fortuna il presidente è più attento e trova un modo elaborato di correggere il Pm, così almeno il grottesco è evitato. Questo per il penale.
Devo però essere onesto. Io ho subìto una trentina di processi per diffamazione a mezzo stampa e li ho vinti tutti, non dovrei assolutamente lamentarmi, tranne per il fatto che sono iniziati nel '93 per concludersi nel 2004. Però come cittadino provo comunque amarezza se un'altra persona prima di me, che ha fatto causa al mobiliere a cui ha pagato i mobili e questi non glieli ha consegnati, vince la causa ma viene condannato al pagamento delle spese processuali, di gran lunga superiori al valore dei mobili. E qui parliamo del Tribunale civile, che è un mondo a parte dove l'imponderabile la fa da padrone, dove il tuo avvocato ti avvisa che quel presidente sta sotto psicofarmaci e non bisogna stressarlo troppo pena una sfuriata, forse è meglio rimandare la causa, dove vinci una causa di lavoro ma non puoi reclamare i soldi perchè nel frattempo la vecchia società condannata si è ricomposta con un nome nuovo, poco conta che nel consiglio d'amministrazione siedano le stesse identiche persone della vecchia.

Questo è solo un piccolo spaccato, un'esperienza individuale, provate a immaginare che decine di migliaia di esperienze personali di questo tipo si trasformino nell'interezza del sistema giudiziario italiano ed avrete come risultato l'insoddisfazione di milioni di cittadini italiani di fronte alla giustizia, capirete come possa accadere che un delinquente qualsiasi anche se sorpreso a sparare si lamenti di essere un perseguitato e trovi comunque ascolto presso l'opinione pubblica. Tutti quanti sottovalutano questo aspetto della questione che oppone Berlusconi ai giudici, con la stessa superficialità con cui parlano, senza sapere cosa significhi realmente, della fatica di arrivare a fine mese di questi tempi. Aggiungo, perchè anche l'estetica del potere ha una sua importanza nel rapporto con i cittadini, che quando ad ogni inizio di anno giudiziario ti si presenta l'immagine di magistrati conciati come sacerdoti, con toghe ed ermellino, per fortuna i parrucconi non li usano in Italia, non è un'immagine che aiuta ad avvicinare la distanza che esiste tra cittadini e giustizia.
Voglio concludere con un altro episodio che ci permette di comprendere, non di condividere ma di capire meglio, come si crea materialmente il corto circuito tra certezza del diritto ed abuso di potere. Si può pensare ciò che si vuole della giornalista che ha pubblicato su Il Giornale una vecchia indagine, peraltro archiviata perchè priva di fondamento, del Csm contro Ilda Boccassini accusata di essersi seduta sulle ginocchia di un simpatizzante di Lotta Continua ad inizio anni '80. Io non vorrei mai avere a che fare con una persona che accetta di scrivere una non notizia oltretutto così palesemente idiota e strumentale tipo quella dei calzini color turchese del giudice Mesiano. Evito di definire esattamente l'epiteto che meriterebbe la collega solo per evitare problemi a questo blog. Detto questo: alle 9 del mattino del giorno dopo la polizia giudiziaria si presenta a casa della ..., vabbè trovatele voi un nome, per una perquisizione che portasse al rinvenimento del documento riservato uscito dalle stanze del Csm. Lei era ancora a letto, quindi in pigiama, ed è stata portata in bagno e sottoposta a perquisizione corporale che, vale la pena ribadirlo, comprende anche le parti interne del corpo umano. Perchè, si sa, chi di noi non dorme con un bel faldone di documenti del Csm, occhio agli angoli rigidi del contenitore, nelle mutande? Questa si chiama vendetta non giustizia, si vuole far pesare un potere nella persecuzione inutile ai fini dell'indagine ma tale da ribadire agli occhi dell'opinione pubblica che alcuni cittadini, i magistrati, sono più uguali degli altri. Anzi, l'idea che mi sono fatto della vicenda è che Il Giornale sperasse di più in questo comportamento stupido della procura che nella effettiva presa sull'opinione pubblica della notizia del giorno prima.
Fin qua abbiamo parlato di abusi subìti da persone con qualche possibilità in più di difendersi rispetto ai cittadini normali, cioè i giornalisti. E senza scomodare gli errori giudiziari. Provate adesso a spostare questi ragionamenti sulla pelle degli immigrati, dei nomadi, delle persone che fuori non hanno nessuno a reclamarli interi come quando sono entrati, dei tanti piccoli delinquenti e tossicodipendenti che affollano carceri e aule di tribunale. Di quei mariti o mogli che subiscono trenta cause dall'ex partner solo per vendetta e vengono stritolati in un meccanismo che garantisce solo chi può permettersi un avvocato a pagamento, di quelle persone coinvolte in megainchieste come quella sull'unabomber italiano e si vedono restituito l'onore solo dopo dieci anni in cui hanno perso mogli, figli e lavoro. Immaginate che ognuno di questi racconti soltanto a tre persone le proprio vicende e che ogni cento persone una racconti la sua odissea a un giornalista che la pubblica sul suo giornale: diventa facile comprendere come si formi nella popolazione un pregiudizio verso il funzionamento della giustizia italiana. Certo, tutti sanno che molte di queste vicissitudini dipendono dagli scarsi fondi dati all'apparato giudiziario, che esistono decine di magistrati costretti a usare i bagni come archivio, che molte toghe coraggiose rischiano la pelle ogni giorno contro la criminalità organizzata, ma i due discorsi non si escludono: la giustizia in Italia non funziona. Su questa base il pornonano ha edificato un impero che trova facile presa sui cittadini.
Può dare fastidio, ma è proprio così.

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