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PAURA DEL FUTURO E TRA GENERAZIONI. IO STO CON GLI STUDENTI

Di: Gianluca Cicinelli | 20/12/2010
No, stavolta non riesco a trovare elementi di costume così come mi accredita Franz Andreani. Le violenze che hanno sconvolto Roma ci mettono di fronte a dei ragionamenti. Impossibile accontentare tutti e infatti nemmeno ci provo. Ho partecipato attivamente alla parte finale degli anni 70, in formazioni che non volevano stare né con lo stato né coi terroristi, e continuato a far politica negli 80, per capirci, il mio giudizio sulla violenza non è quello di un tranquillo piccolo borghese di mezza età. Da allora rifletto su due princìpi contraddittori tra loro: non si può consentire la violenza delle istituzioni, ma la violenza utilizzata dai ribelli allontana qualsiasi futuro.
Il messaggio disperato che hanno mandato i ventenni del 2010 a tutto il Paese è: non vediamo per noi nessun futuro. Anche il passato è una risorsa finita, proprio quello a cui appartengo io e generazionalmente molti di voi, e non merita la paura di una generazione politica, la stessa che anche a sinistra non è capace di comprendere quanta rabbia, senso di frustrazione violenza incamerata per il tempo perso in aule dove ci sarà pure il crocefisso ma spariscono i valori della convivenza tra generazioni, quanto di tutto questo hanno subito i ventenni che martedì scorso hanno incendiato Roma.
Dovremmo chiacchierare con loro, senza disturbi mediatici intorno, per capire perché uno esce oggi di casa col casco per andare a dire al mondo che è incazzato ma senza la proiezione politica che la generazione appena precedente si era data. C’erano agenti provocatori mascherati da studenti, c’erano fascisti, c’erano studenti che in maggioranza manifestavano pacificamente. Poi sono arrivati loro, non possiamo far finta che siano davvero Black Block, erano ragazzi delle scuole sfuggiti anche al controllo dei cosiddetti “centri sociali” con cui viene indicata per convenzione la frangia estremista. Invece, per loro stessa ammissione, i quarantenni sono stati travolti come se agli occhi dei ventenni rappresentassero un altro potere da abbattere. Chi ha organizzato la manifestazione non ha valutato che punto di non ritorno avesse raggiunto la voglia di spaccare tutto dei ragazzi.
Sto dicendo che quasi nessuno conosce i protagonisti dell'esplosione di mercoledì, né i piccolo borghesi che assentono sull'operato delle forze dell'ordine né i piccolo borghesi che vanno in giro con la maglietta del Che Guevara e hanno il posto fisso né chi è impegnato nei vari movimenti antagonisti ma ha più di trent'anni. Mica un fatto da poco, quando questi fenomeni esplodono senza che il prima sia conosciuto eccoci tutti pronti a gridare alla sovversione, senza pensare che troppo a lungo ci siamo voltati dall'altra parte anche per quanto riguarda i nostri bisogni di sicurezza reale, il lavoro, la casa, cure sanitarie, l'ambiente, l'acqua e le risorse energetiche.
Abbiamo vissuto in apnea per trenta lunghi anni. Abbiamo lasciato trasformare la politica in un dibattito senza senso e sostanza sulle primarie. Ci siamo inorgogliti che l'Europa più civile condannasse l'Italia per la sua arretratezza nei diritti sociali e legali. Ci sono stati referendum per cercare d'impedire la pubblicità durante i film. Ben poco, cara la mia generazione di sopravvissuti, anche se eravamo troppo presi a cercare di campare alla meno peggio siamo diventati alla fine l'immagine perfetta di una parte di questa società: sinistroidi da salotto senza radici nel reale. Ha vinto il piddismo del “ma anche”, ha trionfato il bertinottismo della “rivoluzione in cachemire”. Pomigliano? Poveri operai, quanta poca democrazia! Il nucleare? Ma come, c'era stato un referendum! La precarietà? Vabbè, vedrai che se ti metti in mostra durante il tuo stage qualcosa uscirà fuori!
Se negli anni 70 ancora c'erano dei fili che consentivano a diversi ceti di avere interessi comuni, oggi che siamo atomi impazziti e nemmeno molecolarizzati cerchiamo solo di portare a casa la pelle. Per questo non siamo più il riferimento di questi ragazzi, stronzi e introversi quanto volete ma stanchi di sentirsi raccontare degli epici scontri del 12 marzo 77 come se fosse il 25 aprile 45, delle morti di Giorgiana Masi e Francesco Lorusso, stanchi dei tromboni che siamo, pronti a prenderci a pizze in faccia anche a noi che oggi abbiamo figli a cui chiediamo fiducia per il passato e non per il presente.
Io spero che anche negli ambienti sedicenti “antagonisti”, altri rivoluzionari da salotto chiusi nei loro centri asociali (da quanto tempo non vi confrontate con uno che la pensa diversamente da voi e che non sia un fascista, cari tromboni?) questa scossa sia arrivata chiara e forte, perchè stavano anche loro nel mirino della contestazione di mercoledì scorso, “anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”. Mi auguro che qualcuno rifletta sull'accaduto riandando indietro alle radici, quelle sì comuni, di un pensiero ribelle e anticapitalista che come dimostrano i fatti non è venuto meno nelle coscienze, non è sottoponibile alle primarie tra Vendola e Bersani, perchè batte forte e spontaneo nel cuore dei ragazzi senza esserselo raccontato collettivamente come facevamo noi.
Perchè questo è il peggiore dei mondi possibili e finchè così stanno le cose, io sto dalla parte di chi ha manifestato mercoledì scorso. Perchè nella loro paura del futuro c'è la mia paura del futuro.

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