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WIKILEAKS: VERITA', AMBIGUITA' E DUBBI. L'ODORE DEI SERVIZI

Di: Gianluca Cicinelli | 29/11/2010
WikiLeaks è un simbolo di libertà, WikiLeaks è la fine della libertà. Per una volta ho solo domande da condividere con voi e poche risposte, ma fate voi, alla fine sono questi i due veri termini del dibattito che ruota intorno al sito ormai più famoso del mondo, che poche ore fa ha pubblicato la più ingente rassegna di documenti riservati delle diplomazie occidentali mai resi noti al grande pubblico, con focus sull'operato del Governo Usa.
Nei dossier sono incluse valutazioni sul comportamento pubblico e privato di capi di Stato europei, sui rapporti tra Usa ed Estremo Oriente, sulle posizioni degli alleati più importanti, inclusa l'Arabia Saudita, principale alleato degli Stati Uniti nell'area mediorietale e, nel contempo, sempre secondo i documenti pubblicati, segretamente la principale finanziatrice della rete terroristica di Al Quaeda.
I più importanti quotidiani del mondo hanno aperto le prime pagine con titoli come "L'11 settembre della diplomazia internazionale". Delle allegre cubiste di Silvio Berlusconi, definito dai documenti "portavoce di Putin", permettetemi di tacere, che ne abbiamo tutti fin sopra le scatole di questa immondizzia, lasciamola al vero ideologo del regime in cui viviamo, Alfonso Signorini, e occupiamoci di problemi seri.
Chi scrive in realtà ha molti dubbi sulle buone intenzioni di Julian Assange, di fatto il più importante esponente dello staff del sito, un'opinione derivata da anni di giornalismo d'inchiesta condotto ispirandosi al rifiuto di ricostruzione della verità su fonti esclusivamente istituzionali. Perché va chiarito che i documenti che pubblica il sito, anche se segreti, provengono esclusivamente da fonti istituzionali, da talpe interne ai governi mondiali. Proviamo a chiarire l'intricata vicenda.
L'organizzazione si occupa di verificare l'autenticità del materiale, così almeno sostiene, poi lo pubblica tramite i propri server dislocati in Belgio e Svezia, che hanno leggi a protezione di questa attività, preservando l'anonimato degli informatori e di tutti coloro che sono implicati nella "fuga di notizie". Il sistema è in realtà assai più complesso e meno affidabile di quel che vanta il sito, ci ritorniamo tra breve
Per fare ciò utilizza una "drop box" protetta da un potente sistema di criptaggio che riceve in modo anonimo documenti secretati di carattere governativo. L'irrintracciabilità è la garanzia che il sito offre ai suoi "informatori". Questa caratteristica è fondamentale quando si tratta d'informatori che operano dall'interno di regimi autoritari quali quello cinese o iraniano, diventa discutibile all'interno di paesi che operano in democrazia.
WikiLeaks sostiene di garantire una verifica rigorosa dei documenti pubblicati, grazie anche al contributo dei suoi lettori e di molte persone dello staff. Vi propongo così il primo dubbio su cui vorrei ragionare con voi. Anni fa un documento dei servizi segreti che ricostruiva per intero la vicenda del rapimento dell'assessore napoletano Ciro Cirillo e dimostrava che lo Stato aveva trattato con le Brigate Rosse. La cosa curiosa è che l'inchiesta della magistratura, anni dopo, accertò che tutta la dinamica reale del rapimento era esattamente quella descritta, ma il documento era falso. Allora si usava la carta e quella della pubblicazione era precedente di alcuni anni a quella in dotazione in quel momento a uno dei servizi coinvolti. Cioè qualcuno, dall'interno dello Stato, aveva voluto far sapere a qualcun altro, sempre interno allo Stato, che sapeva la verità e poteva usarla per destrutturare qualche istituzione. Il rischio a cui si presta in epoca digitale WikiLeaks è inevitabilmente il medesimo, di prestarsi quindi a essere utilizzato non da "dissidenti" ma da provocatori.
Un altro dubbio riguarda la mole di documenti ricevuti e pubblicati. Gli stessi gestori del sito per classificarli e pubblicarli hanno impiegato tantissimo tempo, ma la domanda vera riguarda quante possono essere davvero le fonti in grado di inviare al sito, limitiamoci solo all'interno dell'amministrazione Usa, così tanto materiale. Pensate al Watergate e alle difficoltà che hanno avuto i due giornalisti simbolo del Washington Post che a partire da giugno 1972 si occuparono della vicenda, Bob Woodward e Carl Bernstein, per trovare fonti interne al dipartimento di Stato, nonostante si fossero dimostrati in grado di garantire l'anonimato a tutti i loro interlocutori. Si obietterà che l'era digitale permette il rovesciamento in poco tempo da un sito all'altro di una quantità di documenti centomila volte superiore a quella degli anni '70, ma questo non risponde alla domanda su quante persone abbiano in realtà libero accesso a quei documenti, quante poche siano cioè le potenziali talpe di WikiLeaks.
Un servizio segreto occidentale spende miliardi di dollari per ottenere risultati decisamente inferiori a quelli che ottiene WikiLeaks. In questa vicenda, è la mia opinione, c'è puzza di servizi segreti dalla testa ai piedi passando per il midollo. Negli Usa un'inchiesta, questa sì costata sangue, fatica e galera al premio Pulitzer Judith Miller del New York Times, ha permesso di appurare che le agenzie segrete proliferate sotto l'amministrazione di George W Bush sono così tante che qualcuna ignora perfino l'esistenza dell'altra. Un particolare su cui bisogna riflettere nella vicenda WikiLeaks.
C'è anche un appunto che mi sento di fare proprio all'impostazione etica del sito di Assange. La pubblicazione dei nomi di militari impegnati in azioni che chi scrive ritiene senza esitazione criminali, come l'operazione "Piombo fuso a Gaza" è altrettanto criminale dell'operazione militare stessa, perchè con lo stesso criterio terroristico arma la mano alla rappresaglia terroristica senza far compiere balzi in avanti alla ricerca della verità e alla creazione di una coscienza democratica vera e propria. Se io ritengo l'assassinio un crimine non potrò mai essere io ad armare la mano di un assassino.
Infine un problema di stati e rapporti internazionali. Ma davvero pensiamo che sia un balzo in avanti dei sistemi democratici quello di rendere pubblico il lavoro delle diplomazie? Perchè finchè si tratta di Berlusconi ci fa pure comodo sapere che l'amministrazione Obama pensa cose simili a quelle che pensa un qualsiasi cittadino italiano con un quoziente intellettivo medio. Ma se ci fosse in corso una trattativa per evitare un conflitto tra stati e questa fosse mandata in fumo dalla pubblicazione delle pessime opinioni che un governo ha dell'altro, sarei portato a chiedermi chi è il vero delinquente.
Confesso che all'inizio ho guardato con entusiasmo all'esperienza di WikiLeaks e oggi ho cambiato idea. Non vi chiedo di essere d'accordo con quanto scrivo ma di provare a rispondere razionalmente alle domande che ho posto in queste riflessioni. Quando le questioni sono complesse credo che sia importante rispondere a una sola antica e fondamentale domanda: a chi torna utile tutto ciò?

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