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PEANUTS 60

Di: Marcello Berlich | 02/10/2010
È certo difficile dire qualcosa che non sia già stato detto sulle 'noccioline'. Del resto, impegnarsi in disamine 'socio-culturali' è esercizio in fondo sterile, nel quale si sono già esibiti fior di filosofi, e che alla fine ha come unico risultato quello di 'sezionare' l'opera di Schultz, rendendola in fondo anche un po' antipatica.
A poche settimane di distanza si è commemorato il decennale della scomparsa di Charles Schultz e si celebrano i 60 della sua opera: se la matematica non è un'opinione, siamo di fronte a un mezzo secolo tondo lungo il quale il creatore è andato a braccetto con le sue creature: nel mondo del fumetto è un fenomeno che non ha molti eguali, e a undici anni dalla fine delle pubblicazioni le storie dei Peanuts, nelle varie vesti editoriali, continuano a vendere.
A qualcuno darà magari fastidio che Charlie Brown & Co. siano diventati un 'marchio', buono sia per i copriletto dei bambini, che per le magliette dei più grandi, ma alla fine il punto è che in un'epoca di target attentamente definiti, i Peanuts restano un fenomeno 'trasversale', proprio perché restano intergenerazionali: chi ha riso con Charlie Brown e soci a dieci anni, ci ride ancora a 40 e ci riderà a 70, proprio perché si tratta di un fenomeno dai molteplici livelli di lettura, buono per tutti: così per chi è piccolo è facile immedesimarsi in uno Snoopy che vive le sue avventure 'di guerra' dal tetto della propria cuccia, gli adolescenti troveranno conforto nell'inadeguatezza di Charlie Brown e nella sua imbranataggine sentimentale, gli 'arrabbiati' si riconosceranno nella 'scorbuticità per partito preso per Lucy', i più intellettuali si ritroveranno nella 'elevazione culturale' di Linus... sempre pronto però ad affidarsi alla sua coperta. E ancora: musicisti e musicomani non potranno non ritrovare un ampio campionario dei propri tick in Schroeder vittima costante di una Lucy che alla fine ne svela le debolezze (epica la striscia in cui Lucy, ipotizzando le radici 'nere' di Beethoven, gli fa sorgere un inquietante interrogativo: in tutti questi anni ho suonato musica soul?).
E ancora, come non riconoscere la difficoltà di 'capirsi' tra persone che vivono ai capi opposti degli stessi conglomerati urbani nei costanti equivoci che sorgono tra Charlie, esponente di una 'piccola borghesia' e la 'proletaria' e spiccia Piperita Patty?
L'elenco potrebbe continuare, ricordando un esempio per ciascuna 'nocciolina', a sottolineare l'universalità dei temi trattati, che sopravvivono al passare degli anni: in fondo la ragione della grandezza dei Peanuts è questa: come per i buoni dischi, passano gli anni e continuano ad essere attuali, o addirittura, citando un titolo zappiano "Ahead of their times".
In effetti, l'aspetto più sorprendente è proprio questo: i Peanuts sono si, figli del proprio tempo, ma contemporaneamente se ne svincolano; in fondo a ben vedere le citazioni dell'attualità sono rare e ben celate: l'unica veramente fondamentale è il nome di Woodstock dato all'uccellino di specie indefinita che da un certo punto ha accompagnato Snoopy. Uccellino le cui 'traiettorie improbabili' appaiono un'ironia manco tanto nascosta nei confronti del precario equilibrio di coloro che assumevano determinate 'sostanze'...
Per il resto, poco o nulla. Certo c'è sempre l'episodio di Snoopy che, chiamato a parlare in qualità di 'bracchetto dell'anno', si ritrova in mezzo a tafferugli a conoscere una 'bracchetta dalla zampine morbidissime' (citazione della 'contestazione' e di certe manifestazione che spesso diventavano occasione di 'rimorchio') ma per il resto i riferimenti storici non sono così frequenti. Viene da pensare che probabilmente sia stato un bene che i Peanuts e Schultz se ne siano andati prima dell'11 settembre, perché forse quell'evento avrebbe significato un pizzico di perdita dell'innocenza anche per loro (anche se sia chiaro, il dolore Schultz l'ha preso anche di petto nei Peanuts, parlando non solo del disagio 'esistenziale', ma anche della malattia 'fisica').
Mi piace però concludere, tornando ai personaggi, e alla loro 'attualità'. Ecco, se c'è un 'Peanut' che oggi, a dieci dalla scomparsa del suo creatore, continua ad essere rappresentativo della società, questo è Pig Pen, appartenente alle 'seconde linee'.
Pig Pen è un paradigma del vivere la propria diversità. Il suo attirare inevitabilmente lo sporco, fino ad essere costantemente circondato da una nuvola di polvere, viene dapprima vissuto con preoccupazione ("sono entrato in un processo irreversibile"), poi via via in maniera sempre più orgogliosa ("porto su di me la polvere dei secoli"), mentre gli altri, che dapprima lo guardano con ribrezzo, finiscono per invidiarlo (per gli 'strati di argilla' che ricoprendolo, lo tengono al fresco d'estate), fino ad ammirarlo (ipotizzando che su di lui sia rintracciabile qualche granello di sabbia dei tempi di Nabucodonosor) e sempre rivendicando la propria 'integrità morale' ("una coscienza immacolata").
Ecco, in un'epoca in cui qualsiasi diversità, qualsiasi scostamento da una supposta 'normalità', viene guardato con sempre maggiore sospetto, fino all'esplicita ostilità, Pig Pen diventa invece il portabandiera dell'essere speciale di ognuno. Un ulteriore esempio della grandezza dei "Peanuts", che a dieci anni dalla morte del loro creatore, continuano ad essere tremendamente al passo coi tempi.

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