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Philip Roth: Il complotto contro l'America

Di: Marcello Berlich | 23/09/2010
Leggendo questo libro mi dicevo che ciò che rende la 'fantascienza' un genere con pari dignità rispetto agli altri, è il fatto che a forza di esplorarla,oltre che nei narratori appunto 'di genere' si finisce puntualmente per imbattersi anche in autori riconosciuti a livello globale. A pensarci, è così per "Cecità" di Saramago, e lo stesso discorso vale per "Il complotto contro l'America" di Roth.
I letterati 'alti' avranno certo qualcosa da ridire: parleranno probabilmente della 'irrealtà' di quanto narrato come di un semplice pretesto da parte di Roth per raccontare la nascita di una dittatura, si impegneranno con tutte le loro forze per mettere in luce la 'qualità letteraria' dell'opera, cercando di mettere in secondo piano la sua appartenenza alla 'narrativa di genere'.
I letterati 'alti', lo sappiamo, guardano con sospetto tutto quanto non attenga alla realtà reale, per cui si può comprendere il loro imbarazzo di fronte ad opere come questa.
Si può infatti vederla come si vuole, ma la realtà pura e semplice resta: "Il complotto contro l'America" è un riuscito excursus di Philip Roth nell'ucronia, ossia nella 'storia del cosa sarebbe successo se'. Oltretutto, il pedale dell'ucronia è premuto a fondo, perché la premessa è addirittura quella secondo cui, dopo una fulminea ascesa nel Partito Repubblicano, Charles Lindberg, un autentico eroe nazionale, arrivi alla Presidenza degli Stati Uniti, sbarrando la strada al terzo mandato di Roosvelt.
Siamo alle soglie della Seconda Guerra Mondiale e Lindberg, che fa campagna elettorale percorrendo in lungo e in largo gli Stati Uniti a bordo del suo aereo, basa tutto il suo programma sulla neutralità statunitense.
Lindberg, sulle cui simpatie filonaziste anche la storiografia ufficiale ha a lungo discusso, firma un patto di non aggressione, anzi di alleanza con la Germania hitleriana, che ha così buon gioco nella sua guerra di espansione.
Nel frattempo, negli USA il clima si fa pesante per gli ebrei: l'avvento di Lindberg alla presidenza ha portato alla luce il razzismo strisciante, mentre alcune iniziative, apparentemente motivate da fini sociali, appaiono in realtà come volte alla disgregazione della comunità e della cultura ebraica.
In questo scenario si muove il racconto di Roth, il quale finisce per raccontare una 'storia alternativa' della propria famiglia in quel contesto: gli scontri in famiglia con un fratello fan assoluto di Lindberg, il rapporto con le élite della comunità ebraica che sembrano voler avallare una politica di non belligeranza nei confronti del Presidente, una società che sembra non accorgersi, o voler girare la testa dall'altra parte rispetto a quanto sta accadendo, il ruolo di 'campanello d'allarme' affidato in particolare a un giornalista radiofonico che scenderà poi lui stesso in politica, dando il via al precipitare degli eventi, fino a un finale dove il pedale della 'fantasia' o della 'poca plausibilità' è spinto quasi a fondo per trovare una via di 'salvezza' anche per lo stesso Lindberg.
La lettura del "Complotto contro l'America" conferma, se ce ne fosse bisogno, le potenzialità del genere 'fantascientifico - ucronico', permettendo a Roth di riflettere sull'America, sulla società ebraica, sui rapporti tra comunità di diversa origine, sui media, sul ruolo dei 'leader' e sui 'miti' costruiti attorno ad essi.
Certo, è anche un libro 'narrativo' in senso stretto, in cui si dipingono rapporti familiari e di comunità, pieno di aneddoti e di impressioni filtrate attraverso gli occhi di un bambino, ma alla fine l'impressione resta: se non ci fosse stato l'elemento 'ucronico', peraltro sviluppato in quella maniera che per essere davvero 'rigorosa' non può fare a meno di fantasia e invettiva, questo libro non sarebbe stato lo stesso. Per questo, checchè ne dicano gli alti letterati, "Il complotto contro l'America' va catalogato direttamente alla voce 'fantascienza'.

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