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LA REPUBBLICA DEGLI ARROGANTI

Di: Marcello Berlich | 30/06/2010
C'è tutta una serie di avvenimenti degli ultimi mesi, apparentemente molto diversi e lontani tra loro, a ben vedere però accomunati da un filo conduttore: forse, senza buttarla troppo sul filosofico, siamo di fronte alla definitiva affermazione, nella società italiana, di un carattere ben definito: l'arroganza.
Arroganza che si manifesta in vari modi, ma che pare nascere da un unico fattore: la presunzione di infallibilità, la convinzione ben precisa che le proprie capacità, dimostratesi vincenti sul campo, offrano una sorta di 'patente di perfezione', che in determinate situazioni consenta di far prevalere i propri modi di pensare su qualsiasi altra considerazione e, soprattutto, dato oggettivo.
Il ragionamento sembra un po' contorto, è più semplice fare degli esempi: per chi ha fatto studi classici, o mastica di cultura dell'antica Grecia, è il vecchio concetto della 'ubris', la tracotanza: l'eroe che, superata una serie di prove ardimentose, si sente autorizzato a porsi allo stesso livello degli dei, venendone puntualmente punito.
Gli avvenimenti degli ultimi mesi ce ne hanno portati parecchi di esempi: a cominciare da Guido Bertolaso, certo una persona capace, i cui meriti sono indiscussi, i cui successi l'hanno portato a convincersi che la sua capacità di far fronte alle emergenze sul campo, lo mettesse in grado di operare con analoghi risultati nel 'mondo degli affari': e la fine è nota.
E' poi venuto il turno di Sergio Marchionne: anche lui, capacissimo professionista che ha salvato la FIAT, ma che in questi ultimi giorni sta mostrando un'arroganza senza pari nel voler imporre la propria 'visione' nell'ambito dei rapporti di lavor: passando dal 'pragmatismo' del salvataggio del FIAT al 'mondo delle idee', parlando di 'nuova era dell'economia' alludendo a nuove teorie al solo fine di giustificare le proprie convinzioni, anche lui avviato sulla strada della caduta.
Vogliamo parlare di Marcello Lippi, ct della Nazionale, la cui assunzione di responsabilità per il fallimento della spedizione azzurra, stride e appare anche un filo paradossale di fronte all'ostinazione degli ultimi anni nel voler imporre le sue convinzioni, soprattutto in fatto di uomini, rispetto ai dati oggettivi provenienti dal campionato? "Mi assumo tutte le responsabilità", ha detto... e certo, di chi altri sarebbero? Forse, a ben vedere, per una bella fetta pesano anche sulle spalle del Presidente della FIGC Abete, che scelse Donadoni solo per disfarsene in maniera ignominiosa alla prima occasione, per richiamare 'Marcello Magno'... Abete il quale dalle sue prime dichiarazioni appare voler lavarsi le mani da qualsiasi responsabilità, non prendendo manco in considerazione alla lontana l'idea di dimettersi.
Vogliamo parlare del neo-ministro Brancher, eletto ministro e subito pronto a utilizzare il 'Legittimo Impedimento' per evitare il processo? Anche qui arroganza, tradotta in esplicita e fin troppo sfacciata irrisione delle regole.
Gli esempi potrebbero continuare, citando ad esempio un Santoro che intona il proprio peana in televisione, definendosi 'vittima di violenza e mobbing' (dall'alto del suo faraonico stipendio e della sua 'intoccabilita', in quanto paladino dell'antiberlusconismo militante); un Luttazzi che di fronte alla scoperta dei suoi plagi sistematici, rigira e rivolta ragionamenti pur di trasformare la 'nobile arte' della scopiazzatura in fine opera di ingegno; un ministro Tremonti sempre più preso dalla sua 'missione' di passare alla storia come 'inflessibile risanatore delle casse dello Stato', nonchè come ideologo di una nuova forma di mercato, con poca o nulla considerazione della 'gente comune'; di un ministro Sacconi anch'egli alla ricerca di una (molto ipotetica) consacrazione quale teorico del nuovo mercato del lavoro; di tutti i componenti della 'cricca', anch'essi esponenti di un modo di condurre i propri 'affari' che non rispetta niente e nessuno; di un Briatore che di fronte all'evidenza si dichiara perseguitato.
Casi e situazioni tutti molto diversi tra loro, dunque, ma tutti accomunati dall'avere come protagonisti persone che col tempo hanno trasformato la fiducia nelle proprie capacità, confortata dai risultati, in presunzione di infallibilità, tutti accomunati dall'incapacità di ammettere il minimo errore, di dire 'ho sbagliato', eccetto che in rari casi, in cui certe ammissioni sono state tardive e a mezza bocca.
È la Repubblica degli Arroganti, dove in nome del nutrimento del proprio ego si è più che disposti a passare sopra tutto e a tutti.
Attenzione però: i greci ci avevano visto giusto, e i fatti sono lì a dimostrare che non importa come, e per mano di chi, ma prima o poi l'arroganza viene punita, e quanto velocemente si è ascesi alle stelle, altrettanto rapidamente si può finire nella polvere.

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