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Vero come la finzione

Di: Marcello Berlich | 14/06/2010
Harold Crick è un agente del fisco, che vive una vita grigia e anonima, scandita dai numeri per i quali col tempo ha sviluppato una vera monomania (arrivando a contare il numero di colpi di spazzolino mentre si lava i denti, o i passi compiuti per arrivare alla fermata dell'autobus, accertandosi che siano sempre gli stessi). A presentarcelo, è una voce fuori campo; voce che, improvvisamente, comincia a sentire anche lo stesso Harold che quindi comincia ad avere a che fare con una sorta di 'radiocronaca mentale' della propria esistenza, venendone messo di fronte alla vuotezza, e cominciando, quasi senza volerlo, a modificarla (a partire, naturalmente dai sentimenti) fino a quando la voce stessa gli preannuncia la propria morte. Per vie traverse, e consultando un esperto di letteratura, Crick si renderà conto di essere diventato il personaggio di un libro, finendo per affrortarne a viso aperto l'autrice, una scrittrice appunto, per di più in crisi creativa, nella speranza di evitare il 'tragico epilogo' (immaginabile, visto che il film va sotto la categoria 'commedie'). Letta così forse sembra un pò confusa, vista sullo schermo invece la storia costruita dal tedesco Marc Foster (dei quali si ricorda almeno "Monster's Ball") e uscita nel 2006, viene sviluppata in modo fluido e lineare, seguendo da prima le vicende del protagonista e affiancandogli in seguito quelle della scrittrice, riuscendo a sciogliere quasi tutti i nodi quando vengono al pettine. Certo alcune cose restano poco chiare, ad esempio non si capisce se il personaggio è una vera e propria creazione letteraria che ha preso forma umana, o se solo per un corto circuito del caso la scrittrice ne ha cominciato a narrarne le vicende, guidandone il destino, ma tutto sommato si tratta di dettagli gente fissata con la 'coerenza narrativa'. Un soggetto visto decine di altre volte al cinema, quello del bigio impiegatuccio che per uno scherzo del destino comprende la necessità di cambiare vita, viene trattato in maniera originale, sovrapponendogli una riflessione, anch'essa non banale, sulla creazione artistica e sul rapporto tra gli scrittori e i propri personaggi. Un film dunque riuscito, che deve la sua efficacia non solo alla solida sceneggiatura e alla regia sicura, ma in larga parte agli interpreti: il protagonista è Will Ferrel, uno dei 'volti nuovi' della commedia americana (suoi 'sodali' sono Steve Carrell, Owen Wilson e Bel Stiller), forse troppo sottovalutato fino alla sua interpretazione di Bush in "W." di Oliver Stone; la nevrotica scrittrice è l'ottima Emma Thompson, il consulente editoriale un divertito Dustin Hoffmann, mentre a interpretare la leggiadra figura femminile è la sempre convincente Maggie Gyllenhaal.

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