Cerca tra i 5478 podcast,
l'archivio delle nostre trasmisioni dal 2006

Neil Gaiman - Dave McKean: Violent Cases

Di: Marcello Berlich | 03/05/2010
E' bene, ogni tanto, ricordarsi 'quando è cominciato tutto'. L'accoppiata Neil Gaiman -Dave McKean è universalmente nota (almeno tra gli amanti di un certo tipo di fumetto) per la grandiosa saga di Sandman: frutto, certo del debordante immaginario di Gaiman e della maestria grafica dei vari disegnatori che si sono alternati nel corso della serie, ma a cui un contributo determinate è stato dato dalle oniriche copertine costruite da Dave McKean. Ebbene, tutto cominciò qualche anno prima, e qui - tanto per cambiare - ci si ritrova a parlare di quella 'british invasion' che squadernò il concetto di 'fumetto mainstream' come non avveniva da decenni: i nomi sono i 'soliti': Alan Moore, Frank Miller, etc... Più o meno nello stesso periodo, anche Neil Gaiman e Dave McKean cercavano, tra varie difficoltà, di proporre la loro personale visione del 'fumetto', non tanto volendo ribaltare degli 'archetipi' ormai consolidati, quanto cercando, di mostrare potenzialità narrative che il 'mezzo' aveva fino ad allora lasciato inespresse. Il risultato, dopo la classica serie di traversie, è questo "Violent Cases", meritoriamente ristampato in Italia in tempi recenti dalle edizioni BD. Dopo questo lungo preambolo, forse qualcuno si aspetterà una breve 'sinossi' di quanto succede nelle 44 pagine di questa 'storica' graphic novel; chi conosce un minimo Nei Gaiman - e Dave Mckean - sa che questo è esercizio tanto complicato, quanto in fondo poco utile: già era difficile affermare con esattezza di cosa parlasse Sandman, al di là della 'superficie' (eppure si trattava di un lavoro tutto sommato 'mainstream'), figuriamoci un lavoro come "Violent Cases". In maniera un pò banale, bisognerebbe usare nuovamente il termine 'onirico': ricordi di infanzia che si concatenano, senza che si comprenda fino in fondo dove finisca il reale e dove comincino quei sogni / incubi che da bambini hanno la stessa potenza della realtà: i ricordi di certe feste di compleanno di ragazzini si sovrappongono così alle visite da un osteopata a seguito di un 'incidente' (su cui aleggiano ombra di maltrattamenti infantil); osteopata il quale si unisce alla narrazione coi suoi ricordi (veri? falsi? Anche qui tutto resta nella luce soffusa di un sogno) di un breve periodo al servizio di Al Capone... certe scene di crudeltà tipicamente infantile si sovrappongono così a sequenze di violenza nell'epoca dei gangster... Non ci si capisce molto, vero? E in effetti il bello di "Violent Cases" è proprio questo: non basta certo un riassuntino, e nemmeno una lettura superficiale, per capirlo: bisogna addentrarvisi, farcisi avvogere, cogliere tutto il gusto del particolare perché, certo, molto sta nelle parole, o meglio, nei silenzi ellittici e allusivi della prosa di Gaiman, che trovano però il complemento nella narrazione grafica di McKean, a mescolare tratto classico, e stile meno convenzionale, inserendo nel tutto fotografie e collage, nel suo vertiginoso montaggio delle pagine. Un capolavoro? Forse. Senz'altro, un lavoro fondamentale, per comprendere il punto di inizio delle carriere dei due autori, ma anche tutto il 'filone' che ne è derivato in seguito.

Condividi

     

Commenta

ULTIMI POST