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Scarlett Thomas, "PopCo"

Di: Marcello Berlich | 08/03/2010
Dopo essere diventata un 'caso' oltremanica e oltreoceano, Scarlett Thomas comincia a essere conosciuta anche qui da noi grazie all'opera meritoria della Newton Compton, ormai non più specializzata sono nella pubblicazione di classici in edizione economica.
"PopCo" è il sesto libro della scrittrice londinese - classe 1972 - ma in Italia è uscito solo in seguito al successo della sua ultima fatica, quel "Che fine ha fatto Mr Y." che per molti, compreso chi scrive, è stata una sorta di rivelazione, con la sua vicenda allucinata - e per certi versi allucinogena - a base di viaggi su altri piani dell'esistenza per mezzo di rimedi omeopatici. Se in quel caso ci si trovava di fronte a una sorta di thriller dai contorni cospiratori mescolato con teorie da 'apertura delle porte della percezione', qui la vicenda, che va snodandosi su due piani temporali paralleli: è più la storia di una presa di coscienza.
L'intreccio è in effetti giocato più sui flashback che non sugli avvenimenti del presente, nel quale in effetti non succede granché.

Alice Butler, la protagonista, è la nipote di due matematici; cresciuta coi nonni dopo la morte della madre e la fuga del padre, è diventata essa stessa un'esperta di crittogrammi e in generale di metodi di linguaggio, il che l'ha portata a lavorare in una multinazionale del giocattolo come esperta di modi di comunicazione.
Coinvolta dalla compagnia in una sorta di workshop il cui scopo è la creazione di un prodotto che 'sfondi' il mercato delle adolescenti, vive una fulminea crisi di identità, prodotto del contrasto tra il meccanismo da multinazionale in cui è entrata e gli ideali in mezzo ai quali è stata cresciuta.
L'incontro con una 'fronda' di dissidenti, rappresentanti di un più ampio movimento volto alla distruzione del sistema  dall'interno costituirà l'occasione per voltare pagina.
Parallelamente a questa scarna vicenda nel presente, si dipana il percorso rievocativo del passato, tra l'infanzia e l'adolescenza di una ragazza inglese cresciuta in modo anticorfomista (e i problemi di socializzazione che questo ha comportato).
Un terzo filone di sviluppo è invece quello più propriamente 'matematico', concentrato sulla soluzione di un enigma che porterà alla scoperta del tesoro di un pirata,  una soluzione cui il nonno di Alice giungerà, lasciandole a sua volta il compito di pervenire alla soluzione e la scelta su come utilizzare quel ritrovamento.

Messa così, sembra un pò confusa, e in effetti lo svolgimento del romanzo della Thomas non è per niente lineare, procedendo nella lettura ci si chiede dove si voglia andare a parare, col risultato di domandarsi, alla fine, "tutto qua?".
In realtà, pensandoci bene, il romanzo della Thomas non sta tanto nelle vicende raccontate, quella al presente, come detto, scarna e quasi priva di senso, né nel messaggio di 'ribellione al sistema', lodevole benchè un po' trito, né forse nei racconti di un'infanzia/adolescenza travagliata in un'Inghilterra nel cui sistema scolastico resistono vecchi 'riti' e vecchi modi di esclusione del 'diverso'; né probabilmente nell'intermezzo piratesco che racconta le vicende del proprietario del tesoro, un esercizio di stile molto fine a se stesso.
Il bello di questo libro è la matematica: non quella scolastica, delle operazioni, delle espressioni e delle equazioni, ma quella dei numeri, delle loro affascinanti qualità e rapporti, a cominciare dal perno centrale, 'l'enigma dei numeri primi'.
Tanto da condurre alla riflessione che se a scuola la matematica venisse presa da questo lato finirebbe di diventare uno spauracchio, per trasformarsi nel più coinvolgente degli studi.
Intendiamoci, forse lo scopo della Thomas non era nemmeno quello di far appassionare i lettori alla matematica, tuttavia questo finisce per essere l'aspetto più singolare  del libro, e forse il motivo più valido per cui ne è consigliatissima la lettura.

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