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NELLA MORSA DEL GELO, SOTT'ACQUA

Di: Marcello Berlich | 28/12/2009

 La notizia della settimana, prima che l'esagerata manifestazione di affetto di una fedele dalle spiccate inclinazioni rugbystiche travolgesse il Papa, è stata che 'in Italia è arrivato l'inverno e ha fatto freddo'.
Notizia peraltro rapidamente diventata vecchia, visto che a Natale a Roma c'erano 20 gradi.
Comunque: a inizio settimana in Italia ci sono stati tre giorni di 'vero inverno', con abbondanti nevicate, e tanto è bastato per scatenare una situazione apocalittica, degna del miglior film catastrofico  americano.
Si dirà che è una situazione a cui non siamo più abituati, e in larga parte è anche vero.
Il dato di fondo mi pare però un altro: tra i cittadini comuni è giusto prevalga lo spiazzamento dell'essere disabituati. Tra chi governa però, tale spiazzamento è del tutto ingiustificato, perché devono prevalere preparazione e previsione.
La richiesta di scuse dei giorni scorsi da parte del Ministro Matteoli è passata quasi inosservata, ma in realtà è di grande gravità: affermare che 'la situazione era imprevedibile', si traduce in una sostanziale resa da parte dello Stato. Lo Stato - e le autorità pubbliche in genere - non sono comuni cittadini: non credo che il Ministro dei Trasporti, i sindaci delle grandi città, e mettiamoci pure chi dirige ferrovie  e aeroporti,  si informino sulle condizioni meteo guardando il televideo, o seguendo le previsioni di Guido Caroselli o Mario Giuliacci: hanno ben altri strumenti a loro disposizione.
Bisogna allora chiedersi se li abbiano  effettivamente utilizzati o - ipotesi ancora peggiore - se siano stati in qualche modo avvertiti e abbiano sottovalutato l'allarme.
Quello che è successo nei giorni scorsi in Italia non è stato normale, non tanto per l'eccezionalità dell'evento metereologico (sulla quale c'è peraltro da dubitare), quanto per la nuova, ennesima dimostrazione di impreparazione dello Stato ad affrontare le emergenze.
Le attese estenuanti negli aeroporti, i treni rimasti fermi o arrivati a destinazione a passo d'uomo, le strade bloccate: se qualche forte nevicata riduce quasi al collasso la rete dei collegamenti di una nazione, oltretutto creando il caos nella sua seconda città più importante, significa che qualche problema c'è stato, e va  sotto il nome di disorganizzazione.
Non è un caso del resto, se abbiamo una protezione civile tra le migliori del mondo: essendo un Paese che per un nonnulla va in emergenza, siamo attrezzatissimi per la sua gestione, quanto carenti per la sua prevenzione.
Quello che è successo la settimana scorsa appare insomma collegato con gli altri eventi luttuosi / catastrofici che hanno colpito l'Italia nel 2009: il terremoto de L'Aquila, fatto passare per una calamità straordinaria, quando è stato di tutta evidenza che un sisma dalle dimensioni risibili è intervenuto su strutture costruite in modo carente; la tragedia di Livorno ha posto l'interrogativo sul perché delle autentiche bombe viaggianti vengano trasportate su materiale obsoleto e fatte passare in mezzo alle città, a pochi  metri dalle abitazioni; la frana di Messina ha ancora una volta portato alla ribata lo stupro sistematico che si fa in Italia del territorio.
Qualche nevicata copiosa ha messo alla luce incapacità di previsione, organizzazione e pronta reazione (cosa sarebbe successo se quella situazione si fosse prolungata per una settimana - dieci giorni?).
Dulcis in fundo, le abbondanti piogge di questi giorni hanno portato di nuovo l'attenzione sulla cura del territorio.
Di 'eccezionale' in tutte queste situazioni appare esservi poco, al di là del sensazionalismo di maniera che ne fanno i media, ai quali non pare vero di avere nuove occasioni per rispolverare le classiche espressioni 'd'occasione' quali: "L'Italia nella morsa del gelo", "Il centro- nord sott'acqua", "Un Paese diviso in due".
A essere eccezionali sono le conseguenze, la cui dimensione dipende più dalla preparazione e dall'organizzazione che da altro, il che porta a concludere che qui di 'eccezionale' c'è solo la puntualità con la quale certe situazioni si ripetono, a causa della quasi totale assenza dello Stato, a prescindere dalla appartenenza politica di chi lo governa.


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