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COPENHAGEN: UN PASSO IN AVANTI... VERSO L'APOCALISSE?

Di: Marcello Berlich | 21/12/2009

 I 'coccodrilli' sulla avvilente conclusione del vertice di Copenhagen credo fossero da tempo pronti nelle redazioni dei giornali: espressioni come 'fallimento', 'delusione', 'compromesso al ribasso', 'rinvio delle decisioni', etc... erano lì pronte per essere usate, per l'ennesima volta: in fondo credo sia bastato prendere la cronaca di qualcuno dei vertici passati, sostituire quattro parole, ed ecco pronto l'articolo sull'ennesimo vertice - farsa.
A commento di ciò che è successo - o meglio: che non è successo - in quel della Danimarca,
basta forse soffermarsi su alcuni punti.

Primo: la sostanziale inutilità di vertici del  genere, che si riducono a delle stantie parate di volti noti, che si esibiscono in onorevoli affermazioni di principi e dichiarazioni di impegno diventa palese allorché si pensi che nessun accordo è possibile senza la partecipazione di U.S.A. e Cina: l'Europa potrà pure esibire le sue virtù, ma se anche tutto il vecchio continente diventasse 'verde', si troverebbe comunque a subire gli effetti di quanto avviene altrove.
Ne consegue che invece di organizzare vertici che assomigliano ad Assemblee Generali dell'ONU, sarebbe forse meglio passare ad eventi bilaterali... Tra l'altro l'Europa continua a portare in determinati contesti tutti i propri leader in ordine sparso, senza mai parlare con una voce sola, finendo così per contare anche meno di Paesi emergenti come il Brasile o la Russia.
Il secondo punto è che purtroppo qualsiasi buona intenzione si scontra con la 'Storia': dal secondo dopoguerra in poi, l'occidente ha adottato un modello di sviluppo basato sul principio: + consumo = + ricchezza. All'inizio erano gli elettrodomestici e l'automobile, poi le auto sono diventate due, poi è stata la volta delle seconde case per le vacanze e in seguito è arrivata l'era dei gadget elettronici. Il modello applicato è stato questo, e per decenni i Paesi in via di sviluppo l'hanno visto come un obbiettivo da raggiungere. Giunti a questo punto, non è possibile né giusto dire: "voi no".
Questa è la questione centrale, più volte ribadita, alla quale al momento non sembra esservi soluzione.
Il terzo problema, se vogliamo più 'politico', è il reale peso del problema 'ambientale' nelle agende dei Governi.
A ben vedere, l'ambientalismo si traduce spesso e volentieri nelle classiche buone intenzioni: certo qualcuno, come la Germania, sembra essercisi messo di impegno. Obama ha fatto della 'rivoluzione verde' uno dei punti principali del suo programma, persino il nuovo Governo della disastrata Grecia si è esposto in dichiarazioni impegnative.
Il problema però è che la questione ambientale mi pare ancora poco 'sentita' dalle varie
opinioni pubbliche, e di conseguenza i  governanti gli impegni assunti dai governanti valgono quel che valgono: tutti amano sentirsi ambientalisti spegnendo il led di un televisore, pochi sembrano però essere disposti a rinunciare a un clima polare d'estate e tropicale di inverno, a lasciare a casa l'auto, etc...

E allora? E allora l'unica speranza risiede probabilmente nel fatto che l'energia possa raggiungere costi esorbitanti, nel 'barile a 250 dollari' che induca il 'risparmio energetico forzato'. Altrimenti, l'alternativa è andare allegramente verso la catastrofe, e trovarsi tra qualche decennio con flussi migratori resi incontrollabili dal peggioramento delle condizioni climatiche e dall'innalzamento degli oceani, in quello che per l'Occidente sarà un brusco risveglio e  contatto con la realtà...


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