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VA BENE LE CAMPAGNE DI SOLIDARIETA'... MA LO STATO?

Di: Marcello Berlich | 16/11/2009
A mia memoria, la prima volta in cui venne lanciata una massiccia campagna di SMS 'di solidarietà', fu in occasione dello Tsunami nel sud-est asiatico; da allora, nel corso del tempo, tali iniziative si sono via via moltiplicate, varcando i confini degli eventi catastrofici e andando a coinvolgere uno spettro ampissimo di iniziative.
L'avvento della 'solidarietà via SMS' ha sancito (quasi) definitivamente le tradizionali raccolte di fondi attraverso bollettini di pagamento o bonifici... non conosco i dati, ma la deduzione è abbastanza immediata: insomma, un tempo non tutti erano disposti ad andare alla posta, compilare un bollettino, fare la fila per pagare: con sei o sette colpi di pollice sulla tastiera di un cellulare si fa prima, e suppongo che la raccolta globale di fondi abbia subito un cospicuo incremento, prova ne sia proprio il fatto che ormai non passa settimana nel corso della quale non vi sia una (ma anche più) iniziative del genere.
Un successo tale che ultimamente si è rincarata la dose: in molti casi ora il costo dell'SMS 'solidale' è passato da 1 a 2 euro, e agli invii tramite cellulare si sono aggiunti quelli tramite telefono fisso: nel caso dell'ultima raccota AIRC, l'offerta tramite fisso poteva essere di 5 o 10 euro.
Potenzialmente, la mole di risorse raccolte con questo metodo è enorme, anche perché come in tutte le forme di 'pagamento virtuale', chi paga non ha una coscienza precisa di quel che sta spendendo: il costo di un SMS in Italia ammonta ad un massimo di 12 centesimi circa, quindi l'SMS solidale vale un minimo di poco più di 8 SMS comuni, ma tale proporzione va irrimediabilmente persa in un mondo in cui l'invio di 'messaggini' è diventata una delle forme di comunicazione più usate.
Per quanto riguarda le offerte da fisso, il discorso è analogo, anche se un pò diverso: in effetti visto che le bollette ti arrivanoa casa con circa due mesi di scarto rispetto al periodo di riferimento, uno di certe spese prende reale coscienza non nell'immediato, ma in modo differito.
Manda un SMS oggi, fai una telefonata domani... alla fine dell'anno un 'cittadino coscienzioso' si trova ad aver dato in beneficenza 100 - 200 euro, o anche più.
Questa lunga introduzione per mettere l'accento su una questione a monte: la solidarietà e l'interesse nei confronti dell'altro sono principi sacrosanti e va bene. Però a ragionarci su, nasce un interrogativo: ma a tutte queste 'cause' per le quali si raccolgono fondi, non dovrebbe provvedere lo Stato, tramite le tasse (laute...) che paghiamo puntualmente ogni anno (almeno, io le pago...)? E'un concetto che è cominciato realmente a circolare in occasione del terremoto dell'Aquila: specie su Internet (e sul tanto osteggiato Facebook) la domanda è stata: perché io, privato cittadino, dovrei versare altri soldi, oltre a quelli già dati al fisco, per riparare danni che, a detta di chiunque, sono stati frutto non dellapura catastrofe naturale, ma piuttosto dell'incuria e del pressapochismo della pubblica amministrazione?
Lo stesso discorso è applicabile a tanti altri campi, in primis quello della ricerca: le tasse che versiamo servono anche per quello, c'è persino l'opzione della destinazione dell'8 per mille: perchè dare altri soldi? Senza parlare del 'come' certi soldi vengono utilizzati: in un'inchiesta di qualche mese fa, "Il Giornale", o "Libero", non ricordo, concludeva che una bella fetta di quanto in buona fede si versa per contribuire alle giuste cause, va poi a finanziare il funzionamento di certe istituzioni: come a dire: verso i soldi impietosito dal bambino che ha perso tutti i capelli, ma poi quello che verso va magari nelle tasche di un tizio che sta seduto dietro a un computer (e mi scuso per la crudezza del concetto). La questione è che insomma si stia esagerando: certo il 'finanziamento diretto' è teoricamente provvedimento efficiente (a patto che le organizzazioni finanziate dicano pubblicamente come certi fondi vengono utilizzate, il che mi pare non sempre succede, o se viene fatto lo si fa in modo non troppo pubblicizzato), ma se è così, allora lanciamo una provocazione: smettiamo di pagare le tasse, a turno ogni Ministero lancia una raccolta fondi per il proprio sostentamento, e si lascia che sia ogni singolo cittadino a decidere se e quanto versare per ogni settore dello Stato.

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