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L'Italia come un vuoto a perdere

Di: Maurizio Nagni | 02/10/2009
Personalmente non credo al caso, almeno quando gli eventi si verificano in modo così ravvicinato. Uno di questi casi , è una storia troppo disgustosa per essere vera, ma troppo chiara per essere negata. Tre nomi dicono dire, o almeno dovrebbero, tutto:
  • Enrico Mattei - presidente dell'ENI. Morto nell'Ottobre 1962
  • Felice Ippolito - direttore del Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari, divenuto poi Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare nel 1960; tra le varie cose è tra i fondatori, con Pannella, del Partito Radicale. Arrestato nell'Agosto 1963 per illeciti amministrativi (dopo due anni di prigione riceve la grazia)
  • Domenico Marotta - presidente dell'Istituto Superiore di Sanita'; degno di nota il fatto che porto' due premi Nobel stranieri a lavorare in Italia ma anche la costruzione nel 1946 del primo microscopio elettronico completamente italiano. Indagato (anche perche' ottantenne) nel 1962 per illeciti amministrativi (poi assolto)

Sono stati tutti eroi di una mai nata indipendenza economia italiana; con il primo si è fermata l'industria petrolifera italiana, con il secondo è morta l'indipendenza italiana sulle tecnologie legate al nucleare, con il terzo la ricerca biologica e farmaceutica. Addirittura la FIAT, nel 1966, sotto la guida di Valletta, faceva affari con la Russia impiantando gli stabilimenti della VAZ a Togliattigrad (poi e' arrivato Gianni...).

Già nel 1973 la situazione nel nostro Paese era molto critica: “l’educazione scientifica degli italiani resta fra le ultime al mondo… l’università si avvia a essere un’università solo di insegnamento… Che cosa potrà insegnare un professore che non può compiere ricerche? Esclusivamente la scienza di ieri, è ovvio, e la scienza di ieri non dà noia a nessuno” (Giuliano Toraldo di Francia).

Molti dei colleghi con cui ho lavorato in Italia sono emigrati, chi in Germania, chi in Francia, chi in Svizzera, chi in Nuova Zelanda; sulla "fuga di cervelli" si sono spese molte parole (troppo facile sarebbe poi scherzare sul problema dei "cervelli che rimangono"), sulle eccellenze che fuggono dall'Italia; quanti nobel sono stati presi fuori dall'Italia? Due dovrebbero bastare: Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini.

Perché questo incipt? Vivendo fuori Italia mi capita di pensare al nostro paese da altri punti di vista, con altri occhi.
Spesso prodotti di bassa tecnologia, come mobili, alimenti, vestiti hanno un nome vagamente italiano proveniendo da stabilimenti e aziende NON italiane. Questo crea una pericolosa situazione in cui le aziende italiane hanno una rendita indiretta, non giustificata dagli investimenti; una rendita di tipo parassitario in cui le aziende estere investono in marketing e gli italiani ne sfruttano, inconsapevolmente, i risultati. Sembra il ripetersi dello sviluppo boom dell'industria italiana della fine del XIX secolo seguito poi dall' "ordinaria amministrazione" dell'esistente.

Uno di questi criteri legati a questa mentalita' e' la selezione del lavoro. Personalmente tengo ancora un occhio sulle offerte italiane (riguardanti l'IT) ma non trovo altro che bassi profili, contratti a tempo determinato e una totale omerta' sullo stipendio offerto. Ho trovato una situazione anche peggiore per le richieste riguardanti posti di responsabilita' amministrativa; la ACCA, una delle certificazioni piu' accreditate a livello internazionale nel campo della finanza, non e' richiesta da nessuna delle aziende italiane e, cosa ancora piu' sconvolgente, spesso l'educazione universitaria e' una qualifica gradita piuttosto che necessaria.

Se per una ragione qualsiasi, ti metti a lavorare durante il periodo universitario (per esperienza professionale o per pagare l'affitto) e sempre per un caso ancora piu' fortunato ti pagano i contributi, ecco che, per regolamento INPS, ti sei giocata la possibilita' di riscattare gli anni universitari. Ovviamente questo fa si che cominci a lavorare qualche anno piu' tardi con tutti i deficit che questo comporta.

Ma perché le persone normali, tipo il sottoscritto, scelgono di vivere fuori dell'Italia? Se da una parte la colpa è dell'istruzione, del sistema formativo, dall'altra c'è una sempre più netta chiusura dell'Italia nei confronti del resto del mondo, una costante tele-anestesia mentale, sul constante ritornello sull'orgoglio del "made in italy", che non rende piu' facile anche solo pensare ad espatriare. E allora perche' non fare l'autista della metro a Mosca per 60000 rubli/mese (circa 1500 euro/mese) quando le spese di vitto e alloggio sono circa 40000 rubli/mese? È vero che non e' sempre facile avere un permesso di lavoro ma allora proviamo a vedere che c'è nell'area Schengen dove ogni italiano puo' (potrebbe) muoversi senza limitazioni.

Se l'Italia è destinata a diventare nel caso migliore un'appendice turistica del mondo civile nel caso peggiore a ritornare un'espressione geografica (se qualcuno ricorda Metternich) non vedo il motivo per cui una persona debba gettare al vento i propri sogni di ricerca o anche solo di vita normale e lasciarsi morire lentamente.

Se volete darvi un'idea di cosa c'e fuori, e se avete tra i 25 e i 30 anni, ve lo consiglio caldamente, vi segnalo:

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