Ancora una volta Marco Pannella riesce a porre all’attenzione di un paese festaiolo e pigro il problema della pena di morte nel mondo. E lo fa con la forza di quello che molti – anche tra di noi seppure in mezzo alle righe - hanno voluto chiamare ricatto. Imporre con lo sciopero della fame e della sete un problema su cui c’è così poca sensibilità, per me non è ne ricatto ne violenza, la mancanza di ascolto o peggio il fare finta di darsi da fare fa sì che occorre alzare i toni della protesta, e Marco lo fa a rischio della sua vita.
Ci siamo assuefatti all’indifferenza dei politici, è per questo che capisco ancora di più Marco, è un tentativo forte ancora una volta, perché ad uno che rischia non basta una generica assunzione di intenti, così dopo l’epifania – che tutto si porta via – scompare anche la buona volontà
Alle nazioni unite c’è molta sordità sul tema, l’attuale Segretario generale viene da un paese, la Corea del sud, ove la pena di morte è all’ordine del giorno, poi ci sono gli USA e la Russia, schierati con la Cina e con molti paesi islamici. Ma non è una battaglia persa. Marco pannella si spinge ancora più in là, sta cercando un luogo e un modo per processare J Bush, lo ritiene responsabile di aver sottratto Saddam alle sue responsabilità, giustiziarlo così in fretta sarebbe servito per evitare che l’imputato avesse potuto lanciare il suo atto d’accusa verso l’antico protettore, gli Stati Uniti per l’appunto.
Condividi
TweetCommenta