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Industria musicale: un malato terminale?

Di: Maurizio Nagni | 16/09/2009
E' vero che il file sharing sta uccidendo l'industria discografica? Secondo una ricerca della NPD le cose non stanno proprio così; piuttosto è vero che le grandi corporazioni si stanno strangolando da sole. Ma è anche vero che la nostra RadioRock.to ha ottime speranze. Vediamo.
Da una parte, gli americani tra i 13 e i 17 anni, nel 2008 hanno acquistato musica per il 19% in meno che nel 2007 mentre i CD hano un subito un calo del 26%, dall'altra il download di musica attraverso il peer-to-peer è calato del 6% e cosa interessante ci sono il 28% in meno di album "rippati".
Sembra che la spiegazione di questo sia varia: scarsa qualità complessiva ma anche fonti alternative.
Quando anni fa compravamo una cassetta, un LP (qualche esaltato un Stereo8), e più tardi un CD, insieme con le canzoni che ci piacevano compravamo in blocco anche quelle più scarse, in questo modo le tracce meno significative sostenevano le tracce migliori. Oggi si può semplicemente scaricare la traccia preferita lasciando il resto; da una ricerca fatta in Inghilterra alla fine del 2008, l'80% delle entrate provenivano da 52.000 tracce, ma la cosa significativa è che solo 173.000 del 1,23 milioni di album disponibili sono stati venduti, vale a dire l'85% degli album prodotti non hanno venduto una singola copia. Anche in questo senso credo si spieghi l'enorme produzione di tribute, collection e "best of".
A conti fatti anche se è il modo con cui si ascolta la musica, mi sembra che coloro che la si vendono ancora non abbiano imparato o trovato le idee per poter approfittare di questi nuovi mezzi. E forse anche per questo la Apple sta cercando un accordo con le compagnie musicali in modo da vendere non solo le singole tracce ma da rendere più appetibile la vendita degli album.
Comunque puoi non comprare un album anche perchè non hai interesse a possederlo visto che puoi sentirlo tramite fonti alternative e tra queste sta emergendo la radio via internet. Sempre la prima ricerca citata, riporta che il numero di giovani che ascolatano le radio via interenet è passato dal 34% del 2007 al 52% del 2008; ma anche l'ascolto delle radio via satellite è aumentato dal 19% al 31%. Questo significa che è cambiato il modo di fruire la musica, la fonte non è più la discoteca personale ma e' sempre più delocalizzata, supportata, in internet, anche da una enorme offerta e spesso gratuita vedi DeliCast, Live365 ma anche la nostra beneamata RadioRock.to.
Dal 1999, quando le vendite di CD sono diminuite (qui potete vedere una bellissima illustrazione delle vendite musicali negli ultime 40 anni) l'industria discografica non ha incrementato in egual modo le vendite in rete e per questo cerca i compensare i guadagni tramite il merchandising o l'uso di un marchio; soluzione che, per assurdo, potrebbe benissimo portare ad una musica relativamente gratuita finanziata da un collezione di vestiti (I Kiss sono sempre stati maestri nel merchandising).
Alla fine di tutto questo continuo a pensare che La Radio di Finardi è un'idea che nulla a che fare con Marconi; un'idea, la radio, che oggi su internet, può essere creata con pochi click; ma per creare un progetto che vada ben oltre il semplice l'ascolto della musica, qualcosa che dia anche spunti per la mente (come in questa nostra radio, nel suo piccolo, prova ogni blog e ogni podcaster) e per questo ci vuole ben altro che una manciata di canzonette. E su questo lavoriamo ogni giorno per voi, oh carissimi.

Buon ascolto.

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