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Che possiamo fare?

Di: Gianni Ciaccio | 09/01/2009
Spesso ci domandiamo: "Allora? Cosa posso fare?" E la domanda, che sottende una forza di carattere fuori del comune, può trovare due canali di risposta. Il primo è fare direttamente, il secondo, indirettamente.
Dal momento che l'abitudine alla delega, gli impegni lavorativi o familiari sono molteplici, ecco che la seconda prevale sulla prima.
Ci hanno scritto gli amici della associazione Coopi. Promuovono progetti in tanti posti del mondo dove manca l'essenziale. E' vero. L'informazione italiana dimentica presto, addirittura sorvola sulla maggioranza delle popolazioni e delle crisi umanitarie. Non lo fa per cattiveria. Qui si pensa che oltre cosiddetto Occidente ci siano le Colonne D'Ercole.
Questa è la situazione dei cooperanti a Gaza, ma per chi vuole sul sito c'è tant'altro.

La popolazione di Gaza è ormai allo stremo. Dopo 13 giorni di bombardamenti mancano quasi tutti i generi di prima necessità, dal cibo all'acqua potabile, e gli ospedali sono al limite. Coopi - Cooperazione Internazionale, che prima dello scoppio del conflitto era presente nella Striscia con due progetti, ha dovuto sospendere le proprie attività. Per continuare ad assistere la popolazione civile, Coopi ha quindi deciso di lanciare l'appello "Emergenza Gaza", per raccogliere fondi per acquistare cibo e altri beni di prima necessità da distribuire alla popolazione non appena la situazione lo consentirà.
"Non c'è cibo, nè gas, nè petrolio - spiega Jerome Socie, coordinatore dei progetti Coopi in Palestina, in questo momento a Gerusalemme - la popolazione non ha modo nè di scaldarsi nè di cucinare o riscaldare i pasti. E' inverno, fa freddo, e le bombe hanno fatto esplodere le finestre di molte case. Mancano anche i teli di plastica per ripararle o le coperte per proteggersi. Anche la rete di distribuzione dell'acqua è stata danneggiata". Jerome e gli altri tre operatori espatriati di Coopi dall'inizio di novembre non possono entrare nella striscia di Gaza, dove invece sono rimasti gli operatori locali. Ma ricevere informazioni è difficile. "Finora - racconta Jerome - sono riuscito a sentire solo metà del nostro staff. Contattarli è difficile perchè non c'è elettricità e quindi non possono ricaricare i cellulari. Quelli che ho sentito sono spaventati perchè la guerra si sta spostando nelle case e ieri un cooperante dell'ong americana Care è stato ucciso nel corso degli attacchi".
Prima dell'inizio della guerra Coopi stava portando avanti il progetto, finanziato da Echo, "Cash for work" (in cambio della manodopera per la costruzione di piccole infrastrutture collettive o di servizi alle comunità, i beneficiari del progetto ricevevano un assegno che gli permetteva di sostentare le proprie famiglie) in alcune municipalità di Gaza City e nel villaggio di Un El-Naser, pesantemente colpito dai bombardamenti. Anche un altro progetto, finanziato da Ocha, per la raccolta dei rifiuti urbani attraverso l'utilizzo di animali da soma (essendoci scarsità di petrolio i veicoli non circolano) è stato sospeso.
Coopi sta ora predisponendo un piano per intervenire nella Striscia di Gaza non appena la situazione lo consentirà, sfruttando la rete operativa che già possiede sul territorio.

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