Alcune considerazioni a margine...
... dei giorni che ho passato in vacanza.
Non vi esalterò raccontandovi le mie splendidamente tranquille giornate tra tenda, mare e bambini. Voglio invece annoiarvi versando qualche idea e riflessione notturna.
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Sul tipo di società che si prospetta a fine 2008.
L'altra notte intorno alle due vengo svegliato da un motorino rumoroso e fastidioso, almeno quanto i (od il?) suoi occupanti, che urlano a squarciagola: "viva il duce!!". Pochi giorni prima accompagno il piccolo all'ospedale romano Bambino Gesù per un'improvvisa e dolorosa carie. Al semaforo rosso di Via dei Quattro Venti attraversano delle persone. Un uomo sui sessanta saluta un conoscente, all'altro lato della strada, col saluto fascista, ricambiato. Nella sala d'aspetto dell’ospedale seduto accanto a me un altro papà . Maglietta maniche corte, abbronzato, gel, tatuaggi tra i quali una grande croce celtica sul polso. Ostentata e visibile. E' di poche ore fa l'aggressione ai danni di ragazzi di centri sociali di sinistra. Non voglio generalizzare, conosco tante persone di destra che mai si sognerebbero di alzare le mani, mi passerete però, visto da sinistra, un pizzico di preoccupazione, alla luce soprattutto dei recenti intendimenti governativi, nazionale e locale, di uguale stampo.
Tra croci celtiche e svastiche sui muri, ho una prima sensazione: quale può essere un simbolo grafico in cui si riconosce la sinistra? OK, chi scrive sui muri è uno zozzone! Però mi immedesimo in un giovane di sinistra a cui non piace più la falce e martello per tutti i motivi che conosciamo. I destroidi hanno (ancora!) la svastica o la croce celtica, ai sinistroidi che rimane? Meglio: quale nuovo simbolo può rimpiazzare falce e martello? Temo che manchi. Tanto quanto manca ancora coscienza e chiarezza della e sulla "nuova" sinistra. Democratica e (Nord) Europea. E queste assenze, in una società deviata verso consumismi ed egoismi, vengono subito riempite dai nuovi demagoghi.
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Sul Rock.
In questo sito si discute, oggi come ieri, sul significato politico e sociale del rock. Le discussioni tra noi podcaster e voi ascoltatori-lettori-scrittori sono leggibili tutte sul guestbook (tra poco il forum). Sono ricche e piene di passione, fatte tra persone di tutte le età . Gente pensante! In sintesi, nel Rock vediamo un modo di pensare ed agire "diverso". Il bello è che questa diversità è soggettiva. Quindi io come "tipo rock" non esisto e sono criticabile e non condiviso da tanti altri "tipi rock". Ad esempio se dicessi che non condivido (anzi mi fa un po’ pena) l'atteggiamento, tanto europeo, di chi passa le serate in libera uscita ad ubriacarsi o drogarsi pesantemente, salterebbe su qualcuno a dire: "Ehi, io sono rockettaro, quindi faccio quello che…mi pare". Sbagliato! Per me è solo uno che spreca le sue energie e, se cambia qualcosa, lo fa in peggio. Ed io credo che tutti noi abbiamo il diritto-dovere di crescere. Ecco, io sono diventato rockettaro con i Dylan e le Baez, negli anni settanta, dove il rock era figlio e, talvolta, padre di una utopia. Un mondo migliore! Utopia, forse, ma che indica, con la sua luce lontana, la direzione da prendere. Sapendo che la luce è irraggiungibile e che la vittoria consiste in quel metro che possiamo fare verso di lei.
Tutto quel che ho scritto finora sul rock però non c'entra nulla con ciò che voglio dirvi. Ho visto infatti che, come per la falce e martello, anche il "mio" vecchio e caro rock si sta estinguendo. E l'ho capito pochi giorni fa. Come? Ascoltando la musica che esce dalle macchine e dalle finestre delle case. Questa estate, per la prima volta, non ho sentito un suono noto girare per l’aria! Solo Bum Bum metallici e sintetici, da peggiore discoteca. Roba che senti arrivare da lontano uguale ed uguale allontanarsi, se eccettuiamo distorsioni di onde sonore. Bum Bum ed ancora Bum Bum. Niente strumenti, niente armonia o melodia. Allora credo che anche questa ripetitività acreativa, questo modo di stordirsi con l'alcol o le droghe, questo ottundersi dietro a mode e manie artificiali, siano un segno forte di quanto ci siamo ( o si sono?) lasciati merdificare.